(Foto dell’autrice)
Per arrivare al Nuovo Teatro Sanità si deve percorrere una via lunga, Arena della Sanità, attraversata da sciami di motorini e piena di negozietti di alimentari, di vestiti e bar. Non si può fare a meno di non notare la danza di contrasti tra la particolarità dei suoi abitanti, la gentilezza delle forme della Chiesa principale della Sanità, l’orrore della statua al ragazzo rimasto vittima di una sparatoria e la vivacità del mercato ai vicini Vergini. I celebri cortili di Palazzo Sanfelice e Palazzo dello Spagnolo completano il quadro, ricordando l’antico splendore della città che fu. Il murales nella piazza principale, Piazza della Sanità, ricorda che l’arte vive e prospera ovunque, anche e soprattutto nella difficoltà.
(Palazzo Sanfelice)
Non solo il murales, anche una chiesetta del ‘700 in piazzetta San Vincenzo ci ricorda che l’arte e nella fattispecie il teatro, fioriscono ovunque, in certi luoghi anche con più motivazione. La chiesa è la sede del Nuovo Teatro Sanità, fondato da Mario Gelardi, Irene Grasso, Carlo Caracciolo e altri professionisti quattro anni fa. Da sempre impegnato con spettacoli di impegno civile e nel coinvolgere i bambini e ragazzi del quartiere nelle loro attività, si trova ora ad un giro di boa con una stagione, quella del 2016-2017 dal titolo All you can Eat, di respiro internazionale e locale insieme e fresco della presentazione del libro di Saviano La paranza dei bambini. Mario Gelardi, direttore artistico, ci racconta com’è cominciata e come si sviluppa quest’avventura.
Com è nato il progetto? Quando? Da che idea? Quanti eravate?
Quattro anni fa ci chiamò il prete del quartiere Sanità, Don Antonio Loffredo, figura importante sia come uomo che come imprenditore, artefice di molte cooperative e realtà del quartiere. Ci parló di questo luogo dove viveva già un teatro con un’altra associazione, ma non era aperto al pubblico. Prima abbiamo costituito, in sei, un gruppo di professionisti, per gestire il teatro, iniziare a capire cosa si poteva fare, allestire una stagione. Poi pian piano, accanto a noi sono arrivati i ragazzi del quartiere. Dopo quattro anni il collettivo è formato da ragazzi del quartiere e da noi adulti, insieme gestiamo autonomamente il teatro e siamo una compagnia di una ventina di persone.
Come ha reagito il quartiere?
Inizialmente con diffidenza. La Sanità, anche per motivi architettonici, è un paese dentro la città. É un luogo chiuso fisicamente, ma non solo, è un quartiere che è stato abbandonato dallo stato per trent’anni e questo ha fatto sì che si creasse l’anti – stato più forte di Napoli.
Il boss di questo quartiere, Missò, è accusato di strage e nello specifico di aver procurato l’esplosivo per la strage del treno 904, la famosa Strage di Natale.
È anche un quartiere molto giovane, con una bassa età media, in cui si diventa madri e lavoratori presto. Quello che abbiamo portato noi e altre realtà, come la Sanità Tà Tà, l’orchestra del quartiere, in questi sei anni, è molto. Qui chi non ci ama non ci considera, ma non viviamo nessuna difficoltà particolare. Abbiamo laboratori per bambini a cui partecipano all’oggi circa in cinquanta, più una ventina di ragazzi. Molte madri li portano con piacere da noi, sarebbe immotivato avere qualcosa contro questa realtà.
(La facciata della chiesa che ospita il Nuovo Teatro Sanità)
(La vista dal loggiato della chiesa-teatro. Alla parete una tela di Riccardo Dalisi)
Cosa offrite e che teatro prediligete?
Essenzialmente teatro contemporaneo, riscrittura dei classici, drammaturgia, teatro che racconta storie. Ci siamo occupati anche di impegno civile, tanti spettacoli antimafia.
La prima fase di vita del Nts era propria basata su impegno civile e giovani sul territorio, quest’anno siamo alle porte di una seconda fase, più matura, invitiamo compagnie di livello più alto e attori come Servillo.
È anche un modo per far conoscere ai nostri ragazzi questi artisti, i quali amano intrattenersi con loro. Con Saviano, che abbiamo ospitato per la presentazione del suo ultimo libro, siamo amici da molti anni. Quando l’ho portato per la prima volta due anni fa qui si è innamorato di questi ragazzi, ha pagato ad alcuni di loro delle borse di studio e ora arriveremo alla realizzazione dello spettacolo La paranza dei bambini, tratto appunto dal suo ultimo romanzo. Oltre a corsi di teatro e laboratori specifici, organizziamo eventi particolari. Proprio il 12 novembre è andato in scena uno spettacolo allestito in soli tre giorni dai nostri ragazzi e altri attori. Una bella sfida, oltre che divertente.
Il teatro è nella vita dei napoletani. Fare teatro, qui, con dei giovani che significato ha?
Amo dire che noi siamo un teatro di quartiere che guarda all’Europa. Siamo indubbiamente il teatro del rione Sanità. Ci sono esperienze decennali di realtà nate in quartieri a rischio che col tempo sono divenute cattedrali nel deserto, chiuse a ciò che accade fuori dal quartiere, che non entra nel teatro. Quello che cerchiamo di animare di Europa sono la struttura e la concezione del lavoro, sia nella ricerca dei finanziamenti, sia come produciamo gli spettacoli, sia perché i nostri spettacoli ritornano a sorpresa durante l’anno, finiscono riprendono. In mancanza di fondi, puntiamo sullo storytelling, ovvero raccontiamo al pubblico ciò che accade ai nostri ragazzi. Come viviamo, com’è fare teatro qui.