In occasione del 17esimo anniversario della morte di Bettino Craxi, giovedì scorso, nel capoluogo lombardo si è riaperto il dibattito sull’ eventualità di intitolare una via oppure una piazza in onore del personaggio controverso che fu l’ex Presidente del Consiglio e segretario del Partito Socialista Italiano.
Dopo gli sforzi fallimentari di Letizia Moratti e del socialista Roberto Biscardini, avuti luogo rispettivamente nel 2009 e nel 2012, l’idea è stata riproposta da Matteo Forte, consigliere del Comune di Milano e capogruppo di Milano Popolare. Quest’ultimo, riporta Repubblica, afferma che : «Penso che dopo una piazza dedicata a Enrico Berlinguer, i tempi siano maturi per una via o comunque uno spazio dedicato a Bettino Craxi, i tempi previsti dalla legge ci sono, i motivi storici al di là del giudizio sulla sua figura di certo non mancano.»
In effetti, la sua rilevanza storica è innegabile, in quanto ha delimitato un’epoca nella storia della Repubblica italiana e ancor più importante è la figura di Craxi per la città di Milano.
Qui infatti, non solo studiò giurisprudenza e divenne membro del Comitato provinciale del PSI, ma ebbe anche inizio la sua carriera amministrativa, quando nel 1960 fu eletto consigliere comunale. D’altro canto, però, potrebbero essere proprio i suoi profondi legami con la città meneghina ad essere fonte di indignazione e risentimento per gli oppositori alla proposta. Oggetto di uno dei due processi – entrambi terminati con condanna in via definitiva – condotti dal pool di Mani Pulite, fu proprio la linea 3 della metropolitana milanese. Questa infatti, fu al centro quel sistema di mazzette ideato da Antonio Natali che fece in modo di far valere un chilometro di linea, 192 miliardi di lire, più del doppio di quello che costava nelle altre metropoli europee. Alla fine del processo si scoprì che queste tangenti, recapitate direttamente nell’ ufficio di Craxi in piazza Duomo, provenivano da una parte di quei 192 miliardi di soldi pubblici che furono utilizzati per finanziare illecitamente il ‘pentapartito’ di cui, ovviamente, il Partito Socialista Italiano faceva parte. A questo va aggiunto il processo Eni-Sai e le numerose accuse concluse con una sentenza in via non definitiva o cadute in prescrizione, la maggior parte delle quali coinvolgeva reati riguardanti la corruzione.
Alla luce di questo lato della sua carriera politica, il paragone con Berlinguer proposto da Matteo Forte sembra non reggere, sebbene anch’egli possa essere un personaggio per alcuni discutibile, come ogni figura politica. Sulla questione si è espresso anche il sindaco Beppe Sala che con una non-risposta dichiara che «è un argomento che ha suscitato tante polemiche. Io sono favorevole a riaprire il dibattito, senza dare un giudizio che è ancora complesso.» e che «bisogna ascoltare la città. Certamente è giusto interrogarsi per capirlo. Quindi ben venga il dibattito almeno».