Del: 23 Febbraio 2017 Di: Roberta Pasetti Commenti: 0

«volte uno si sente incompleto ed è soltanto giovane», scriveva Calvino ne Il visconte dimezzato nel febbraio del 1952.
Mezzo secolo dopo Jeffrey Arnett, docente di psicologia alla Clark University in Massachusetts, pubblicava un articolo in cui dimostrava l’esistenza di una fase della vita chiamata, con un termine da lui stesso coniato, “Emergin Adulthood” (età adulta emergente o, più comunemente, Pubertà 2.0). Questo periodo è compreso indicativamente tra i 18 e i 25 anni, ma ovviamente varia considerevolmente da persona a persona: più precisamente è il periodo in cui si risponde in certi casi sì, in altri no alla domanda ti senti un adulto?

Nel suo articolo Arnett dimostra come tale fase debba essere distinta sia dall’adolescenza sia dall’età adulta: è infatti, in questi anni che l’individuo indaga sé stesso, le proprie possibilità, il mondo, l’amore e il lavoro. Questo periodo di domande e di risposte, è legato alla maggiore libertà che l’individuo acquisisce con il conseguimento di una maturità anagrafica e socialmente riconosciuta.

Proprio da questa nuova libertà, secondo gli studi di Oliver Robinson, docente di psicologia a Greenwich, deriva la “crisi del quarto di vita”: una sorta di crisi di mezza età ma traslata ai problemi di un ventenne medio.

Questa è caratterizzata da apatia, senso di soffocamento nei confronti dei doveri e delle costrizioni sociali, forte confusione, ansia e, nei casi più gravi, depressione: è la nuova patologia del XXI secolo, legata all’insicurezza derivante dall’oceano di possibilità che i giovani d’oggi hanno la possibilità di sperimentare.

È importante che questa crisi venga riconosciuta, più che come uno stato patologico, come una genuina fase dell’essere umano: invece di essere curata è necessario che venga fornito un qualsiasi supporto che possa aiutare l’individuo ad esprimere le proprie potenzialità evidenziate proprio da questo stato di crisi interiore, in modo che non si sviluppino, successivamente, problemi psicologici seri derivanti dalla sensazione di solitudine tipica della pubertà 2.0.
Quindi, a prescindere dalla vostra età, provate a rispondere alla domanda ti sentì un adulto: se non avete una risposta precisa e vi sentite “affetti” dalla crisi dei vent’anni tirate pure un sospiro di sollievo e disdite le sedute prenotate dallo psicologo, se invece vi sentite adulti ma avete i problemi sopra elencati allora siete matti.

Roberta Pasetti
Studentessa di lettere. Nisi Alexander essem, ego vellem esse Diogenem.
Può bastare così.

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