
“Donne col belino o uomini che parlano tanto”, così Beppe Grillo ha definito i transessuali durante un suo spettacolo comico legato al suo ultimo show, appunto Grillo VS Grillo.
Questa sua affermazione ha di recente scatenato durissime reazione da parte della comunità LGBT e sui social network:“vecchio miliardario rincoglionito che non merita rispetto” è solo un esempio delle decine e decine di insulti apparsi su tutte le piattaforme social, alcuni dei quali, ironicamente, lo hanno descritto come “noto frequentatore di transessuali”, che è come voler insultare un omofobo dandogli del frocio.
Bill Hicks
Beppe Grillo è un comico e personaggio politico italiano. Più precisamente è uno stand-up comedian, ovvero uno di quei comici, molto popolari negli Usa, che non fanno altro che salire sul palco e fare lunghi monologhi cercando di far ridere il pubblico. Chi ha una certa familiarità col genere non può non conoscere mostri sacri come Louis CK, Bill Hicks o Chris Rock e saprà alla perfezione quale sia il loro modo di fare ironia: linguaggio volutamente scurrile, parole al veleno per tutti e una satira acida, brutta e cattiva che non manca mai di bersagliare chiunque, siano essi politici, enti religiosi o gruppi di persone.
Louis CK, nel 2010, fece un intero monologo di quasi dieci minuti basato sulla parola faggot, che sta né più né meno per frocio.
Quel suo intervento attirò sicuramente delle critiche, ma si provi a immaginare quello stesso monologo fatto in Italia: tempo pochi minuti e l’internet sarebbe esploso, massacrando il malcapitato comico con il classico odio decontestualizzante dei social. Un comico, specialmente un comico satirico, fa ironia su delle categorie ma questo non delegittima le stesse (basti pensare che Louis è stato a sua volta uno dei più grandi sostenitori dei matrimoni gay negli Usa). Un altro esempio è quello del comico Bill Maher, che difficilmente potrebbe anche essere solo trasmesso in Italia: difatti, da anti-religioso convinto, Bill ha più e più volte ironizzato contro Cattolicesimo, Ebraismo, Scientology (il suo bersaglio preferito) e l’Islam. La cosa che lui stesso fa notare in alcuni dei suoi spezzoni, non senza un briciolo di amarezza, è che nessuno lo ha mai accusato di essere razzista con i cattolici, gli ebrei o chissà quale altra categoria: è stato accusato solo di essere islamofobo.
Una reazione tipica alla satira corrosiva, quando colpisce nel segno
Questo dettaglio fa notare come ci sia, per determinate categorie che sono effettivamente sotto attacco, una certa paranoia, quasi una ricerca spasmodica del razzismo anche laddove non c’è. Questi atteggiamenti sono spesso sottovalutati, ma non per questo sono poco pericolosi: vedendo come certe classi sociali vengano difese aprioristicamente, si finisce con il far sembrare che esse siano intoccabili, con come unico risultato quello di generare una sorta di rigetto o antipatia. Follie come la lobby gay, il complotto gender o i molti pregiudizi sull’Islam vivono anche sulla propensione delle persone al voler essere alternativi, controcorrente.
La satira vera, non quella versione attenta a non offendere nessuno cui siamo abituati, deve essere libera di attaccare chiunque, siano essi forti o deboli, buoni o cattivi, di sinistra o di destra, gay, neri, ebrei, bianchi, musulmani e atei.
Perché? Perché la satira non è razzista. La satira dileggia tutti, indistintamente.
Quindi sarebbe forse il caso di crescere da questo punto di vista, superare questi limiti e questa terribile paura di offendere che censura la nostra ironia e capire che un comico ha, fra i suoi scopi, quello di prendere in giro il prossimo, senza starsi a preoccupare troppo che qualcuno rimanga offeso. E se proprio la comunità LGBT deve accusare Beppe Grillo di “omofobia”, non attacchi il Grillo comico, ma il Grillo politico.