Del: 21 Marzo 2017 Di: Elena Cirla Commenti: 0

Oggi è la Giornata Internazionale della Poesia. Il fatto che un’istituzione artistica abbia una giornata tutta per sé, decretata dall’Unesco, è triste, in particolar modo se si considera la deriva social che un evento del genere può avere (chi non ha pubblicato la sua poesia preferita su Facebook, magari con l’hashtag #giornatainternazionaledellapoesia?).

La domanda che sorge spontanea in questi casi è perché esistano le giornate “a tema”. Esiste davvero un bisogno così forte di ricordare a tutti che la poesia è viva e che esistono ancora poeti in attività?

Forse sì. Perché, solo in Italia, il mercato della poesia è fermo all’1%. Se chiedeste ai ragazzini delle medie se leggono poesie, la loro espressione sarebbe la stessa se domandaste perché non nevica a maggio. Di totale incredulità. In molti non leggono poesie, così come non leggono i classici, perché «è noioso». E senza aver prima molto letto, e molto vissuto, scrivere non è solo difficile, è impossibile.

Eppure, il comportamento della società contemporanea è davvero strano: fino a due secoli fa, la poesia era la protagonista indiscussa della letteratura mondiale. La prosa era nettamente surclassata dalle opere poetiche, che erano veicolo non solo di bellezza e arte, ma anche – e talvolta soprattutto – di ideali politici, religiosi e sociali. I poeti erano legati alla corte, ad un mecenate che commissionava loro opere affinché si elogiassero i governi sotto cui vivevano gli artisti.

Virgilio scrisse per Augusto, Ariosto per il cardinale Ippolito d’Este, Tasso per il duca Alfonso II. Machiavelli scrisse per i Medici, Dante per i della Scala, Petrarca per i Colonna. La politica, in primis, si rendeva conto del fortissimo potere propagandistico che la poesia poteva avere e la sfruttava conseguenza. Non parleremmo di Aetas Augustea se Ottaviano non avesse raccolto intorno a sé il famoso circolo di Mecenate e non avesse commissionato, a ognuno dei poeti, un’opera che elogiasse il suo operato.

Sono pochi gli artisti del nostro secolo che si sono resi conto di ciò e ne hanno fatto lo stampo della loro produzione. Bob Dylan, il tanto criticato Premio Nobel per la Letteratura 2016, ha scritto decine e decine di poesie musicatevolte a cambiare la società. Ma nessun’altro è stato in grado di farlo, forse perché, al giorno d’oggi, manca quella figura necessaria che è il mecenate per spronare, anche economicamente, il poeta.

Nel 2017 ci siamo dimenticati di tutto questo, figli di una società “social” che fa della poesia un mero feticcio da postare sulle homes di Facebook per strappare più likes possibili.

Viviamo in un mondo in cui, nel momento in cui si apprende cosa si celebra oggi, si va alla disperata ricerca di una poesia a caso – magari di Nazim Hikmet, che piace a tutti – solo per fregiarsi, di fronte agli amici virtuali, di una conoscenza che in realtà non esiste. Se Nietzsche fosse fra noi, oggi, direbbe che non è morto solo Dio, ma anche la poesia.

Dunque è sbagliato istituire giornate a tema? No, a patto però che queste celebrino davvero quello che si propongono di celebrare. Che non si limitino ad essere occasione per postare tre poesie sui social, ma che prevedano l’organizzazione di concorsi, eventi, letture. Che facciano davvero conoscere la poesia, quella vera, a tutti quelli che non la conoscono.

Quindi se oggi le bacheche di tutto il mondo saranno inondate di poesie, non disprezzatele. Leggetele. Fatele vostre. Non relegatele alla sola giornata di oggi, però. Fate di Nazim Hikmet un poeta che conoscerete, non un trafiletto da postare solo perché è la Giornata internazionale della Poesia.

Elena Cirla
Studentessa di Lettere Moderne, classe 1994.
Amante dell'autunno, dei viaggi e del vino rosso.

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