«In Cecenia non esistono omosessuali. E se anche ci fossero non sarebbe necessario arrestarli, perché i loro familiari li invierebbero in posti da cui non potrebbero far ritorno». Sono queste le parole di Ramzan Kadyrov, primo ministro della Repubblica Cecena. A circa 15 chilometri dalla capitale, nella cittadina di Argun, in un centro di prigionia vengono detenuti illegalmente un centinaio di uomini omosessuali.
É stato il quotidiano russo Novaya Gazeta a portare alla luce la questione, grazie alle testimonianze di due sopravvissuti che sostengono di essere stati percossi ripetutamente con dei tubi metallici sotto la vita. Secondo le fonti, le persecuzioni sarebbero iniziate a febbraio, quando un omosessuale è stato arrestato e dal suo cellulare sono state sequestrate immagini “a sfondo omosessuale”, insieme ai contatti di altri omosessuali.
Uno dei sopravvissuti ha raccontato che «c’erano solo tre modi per uscire da lì: pagare una somma enorme di denaro, dare i contatti di altri, o essere dati in mano a dei parenti perché fossero loro a finire il lavoro». Quello che spaventa è proprio questo: il ripiego sulla cultura e tradizione cecene, che condannano pesantemente l’omosessualità come reato grave e contro natura.
I prigionieri sono trattenuti in stanze fatiscenti, con una capienza limitata – non certo adatte a contenere 30 o 40 persone – in cui i condannati vengono ammassati e, a turno, “interrogati” (eufemismo per “torturati”) o semplicemente abbandonati. Certo, le antipatie russe per le comunità gay e LGBT sono note e Putin si è già distinto per la sua intolleranza. La situazione attuale in Russia per quanto riguarda i diritti umani è la peggiore dall’epoca post-sovietica. Nel 2013 Putin aveva varato una legge anti-gay che vietava il solo parlare di omosessualità – attività definita “propaganda gay” – perché colpevole di minare il concetto di “famiglia tradizionale”.
Ad oggi, è il primo campo di concentramento per omosessuali in Europa dopo la caduta di Hitler.
Nel frattempo, la comunità internazionale non ha tardato a farsi sentire: un comitato i volontari ha organizzato una protesta davanti al consolato russo a Milano per martedì 18 aprile 2017 alle 8.30 di sera e alcuni esponenti politici italiano si sono esposti su Twitter (come il sottosegretario agli Esteri Benedetto della Vedova). Anche in Russia si stanno organizzando: il Russian LGBT Network ha iniziato a organizzare l’evacuazione dei “sospettati”, oltre al loro impegno indefesso per convincere la Russia ad ammorbidire le proprie posizioni in merito alle leggi su e per omosessuali.