Ieri alle 18 Milano si è riunita in Piazza Castello per manifestare per la liberazione di Gabriele Del Grande, giornalista, scrittore e regista. Il direttore del docufilm Io sto con la sposa è detenuto da venerdì 7 aprile in una cella di isolamento al confine fra Siria e Turchia, con l’accusa di «compiere azioni contro il regime» di Erdoğan.
Volutamente sopita, la notizia è uscita martedì sera e ha subito fatto il giro dell’Italia, che si è mobilitata immediatamente. In tutte le maggiori città, infatti, sono stati organizzati cortei di protesta per la liberazione di Gabriele. Secondo le dichiarazioni del suo ufficio stampa, il giornalista non avrebbe ancora avuto la possibilità di parlare con un avvocato. Solo negli scorsi giorni, fra martedì e mercoledì, la Farnesina sarebbe giunta ad una mediazione con le autorità turche, permettendo un incontro fra il giovane e il console italiano.
L’attività di giornalista di Gabriele inizia più di dieci anni fa, nel 2006. Dopo uno stage in un giornale locale nel Lazio, decide di impegnarsi in un’inchiesta: contare il numero di morti nel Mediterraneo dal 1988 a quel momento. I numeri sono spaventosi: 20.000 decessi in meno di vent’anni. Ma i numeri non colpiscono quanto i volti, e allora Gabriele decide di dare un nome a quelle cifre: Adama, Fatima, Abdullah.
Come ha appena ricordato Giusi Nicolini, sindaco di Lampedusa, «Gabriele contava i morti in mare quando ancora nessuno sapeva».
Gabriele non ha mai avuto paura di dire la verità, né nei suoi libri – Mamadou va a morire, Il mare di mezzo e Roma senza fissa dimora – né nei suoi film. Il più famoso, Io sto con la sposa, è un documentario che racconta una storia vera. «Abbiamo scelto di aiutare cinque persone clandestine, cinque richiedenti asilo, ad andare in Svezia, partendo da Milano. Abbiamo deciso di creare un finto corteo nuziale, perché chi avrebbe mai fermato un corteo nuziale?»
Il male contro cui Gabriele si scaglia, il vero assassino, è la legislazione europea: se le leggi contro la clandestinità non fossero così rigide, non morirebbero così tante persone.
«Dobbiamo ricordarci che parliamo di volti, persone. Non numeri, esseri umani. Le leggi europee contro l’immigrazione non fanno che denudare i richiedenti asilo della propria umanità».
Numerose associazioni – tra cui Amnesty International – sono con lui e richiedono la sua liberazione. Milano è con lui. L’Italia è con lui. I volti delle persone che ha contribuito ad aiutare sono con lui e molti di questi, ieri, sono stati raffigurati su fogli bianchi, a cui è stato aggiunto lo slogan #iostocongabriele.
Hanno sventolato per Gabriele, per la sua liberazione.