Quello del terrorismo è il fenomeno che in assoluto più determina, invadendolo e sconvolgendolo, il nostro presente. Il filosofo e sociologo francese Jean Baudrillard, attraverso cinque articoli curati e raccolti da Vanni Codeluppi nel volume Pornografia del terrorismo, spiega, al suo modo ermetico e provocatorio, come le origini del fenomeno che appare così brutale e inspiegabile agli occhi della razionalità occidentale sia qualcosa di profondamente connesso — nei meccanismi e nei risvolti — al sistema sociale che vuole distruggere.
Il mito del mondo occidentale vuole che il mondo stesso sia costruito sul benessere, sulla felicità, sulla prosperità e sull’ottimismo. Pretende di volere la libertà e costruisce meccanismi che consentano la costante soddisfazione. Dice di volere il sorriso e la spensieratezza, pertanto preferisce l’ipocrisia alla discussione. Ricerca l’unità attraverso l’uniformità. Invita al più sfrenato ottimismo, anche se cieco. Vive di affermazione e di accettazione, perché sono le più discrete e affidabili garanzie della sua sopravvivenza. Non vuole mancanza, non accetta la differenza, non tollera il negativo.
Se il punto debole del sistema occidentale è la negazione, il terrorismo attuale agisce scegliendo come strumento d’azione il negativo più intollerabile: la morte. Arma efficace e clamorosa, la morte, diventa misteriosamente simbolica, come immagine che lascia una traccia che non è contenuta nel segno in sé ma non può fare a meno dell’immagine per essere comunicata.
L’assassinio di un ostaggio non vuole essere semplicemente l’assassinio di un ostaggio, vuole essere uccisione dell’idea che l’ostaggio, a sua volta, rappresenta.
Cosa rappresenta? L’obiettivo del terrorista è qualcosa — o qualcuno — che, paradossalmente, sembra essergli per molti versi affine, se non addirittura indispensabile affinché il terrorismo stesso sopravviva.
É la massa (o società di massa), che col suo cieco assenso e col suo operare silenzioso, ha un effetto tutt’altro che neutro nella canalizzazione dell’evento: la massa è il solo ed unico filtro attraverso cui passa l’informazione, ma, agendo essa in modo passivo, compie una rimozione di senso tale da neutralizzare il negativo e consentire al terrore di agire indisturbato.
Scegliendo la morte spettacolare e imprevedibile, il terrorista smaschera il suo nemico e genera terrore: qualcuno ha scoperto i meccanismi del sistema e si serve degli stessi per annientarlo.
Infatti, il terrorismo ricerca l’immagine che amplifica — nelle dimensioni e nelle conseguenze — la violenza destabilizzante dell’attentato, vive dei media e dell’estensione che consentono il suo gesto, vuole essere sulla scena, al centro dei dibattiti a prescindere da ciò che se ne dica in proposito. Esso stesso è preda e dipendente dell’estasi della comunicazione del simulacro che investe la società contemporanea: per questo è osceno e pornografico, perché vive e gode dell’invasivo impatto che la sua immagine ottiene quando è esibita senza filtri. Vuole essere diffuso, come un virus, toccare e contagiare.
Come un tumore, spiega Baudrillard, il terrorismo nasce dall’interno dell’organismo che poi ucciderà.
La cura è imprevedibile, ma è possibile raggiungere un primo grado di consapevolezza: in un organismo che per sopravvivere deve funzionare in un certo modo, qualunque cellula può essere deviata. La malattia — improvvisa, insensata, incontrollata — è parte del sistema, o forse è il sistema stesso, per come è costruito, ad essere intrinsecamente deviato. Il male — che è un male tremendo e da estirpare — non sta fuori, e ogni elemento che nell’insieme funziona come deve può essere improvvisamente contagiato. Ogni cellula può essere del tutto arbitrariamente entrambe le cose, ostaggio e terrorista.