Del: 16 Aprile 2017 Di: Roberta Pasetti Commenti: 0

Martina Arrigoni e Roberta Pasetti

Si è da poco conclusa la seconda edizione del Lucca Film Festival, ospitato dalle città di Lucca e Viareggio. Nonostante sia nato da poco, vanta una selezione di corti e lungometraggi provenienti dai migliori festival cinematografici (Locarno, Berlino, Toronto) e ospiti d’eccellenza nazionali e non, da Sergio Castellitto a Oliver Stone.

Tra le personalità di spicco ospitate al Festival, risulta particolarmente interessante la presenza di Willem Dafoe. Attore di fama internazionale che da qualche anno si interessa particolarmente al fenomeno cinematografico in Italia: sposato da ormai 12 anni con la regista italiana Giada Colagrande, Dafoe si divide tra gli Stati Uniti e Roma, e possiede anche il passaporto italiano.
Dopo la tappa milanese al Festival del Cinema Africano D’Asia e America Latina lo scorso marzo, l’attore si è spostato a Lucca dove ha tenuto un incontro con il pubblico a proposito della sua idea di recitazione nel cinema e nel teatro e ha rilasciato osservazioni su alcuni limiti della distribuzione cinematografica, quali la censura e il doppiaggio.

Nella mattinata del 7 aprile presso, il Teatro del Giglio a Lucca, si è tenuta l’incontro con il pubblico, con la presenza di Gianluca Pulsoni ed Emanuele Vietina. Un momento molto intimo in cui l’attore ha chiesto di accendere le luci in sala per poter vedere il pubblico e facilitare l’interazione. A Dafoe, ugualmente impegnato nel cinema e nel teatro, è stato chiesto quale differenza sussista tra questi due mondi dal punto di vista della recitazione. A questa domanda risponde:

«Quando vado in scena ogni sera do vita a un personaggio, lo faccio rivivere dalla morte. A teatro ripeti ogni giorno gli stessi gesti e le stesse parole, il cinema è più flessibile, tenti di catturare i momenti. Il teatro si basa sul far rivivere, il cinema è catturare».

Egli ammette anche di non avere un vero e proprio metodo, ma di reinventarsi ogni volta per indossare panni sempre nuovi.  Nei circa 117 film in cui ha recitato, lo abbiamo visto interpretare ruoli molto diversi: dal celebre Goblin della trilogia di Spiderman, al controverso Cristo di Scorsese o al Pasolini di Abel Ferrara. La sua capacità camaleontica gli permette di passare facilmente anche attraverso contesti cinematografici molto diversi. Dal cinema di nicchia a quello più commerciale: nel 2017, Dafoe comparirà in Justice League e Aquaman. Un po’ paradossale quindi, la dichiarazione successiva, riguardante la censura:

«Sulla censura non ho molto da dire perché non penso che attualmente si censurino i film e la cosa inoltre non mi tocca da vicino. Invece mi preoccupa molto di più il discorso della distribuzione. Ritengo che la censura possa presentarsi sotto molteplici vesti e noi dobbiamo sempre restare vigili. La censura vera è quella che riguarda la commercializzazione. Il cinema è un’arte popolare ma la televisione sta determinando sempre più la direzione in cui sta andando l’industria cinematografica; sempre con più forza vengono creati dei prodotti che corrispondono alle richieste del pubblico e sono fatti su misura su di loro».

Dafoe, in modo un po’ provocatorio, discute anche della distribuzione cinematografica nel nostro paese, scagliandosi inizialmente contro una delle tradizioni più radicate nel nostro cinema, il doppiaggio: «Tutte le volte che sento il termine doppiatore mi vengono i brividi perché doppiare un film ammazza il cinema».

La serata successiva è stato consegnato a Dafoe, accolto con entusiasmo dal pubblico del cinema Astra di Lucca, il premio alla carriera e gli è stato chiesto di scegliere un film nella sua ricca filmografia per la proiezione serale. Continuando sui toni provocatori della conversazione della mattinata precedente, Dafoe sceglie Antichrist di Lars Von Trier: «Un film molto forte, che forse non sarà per tutti. Ricordo che quando uscì in Italia fu un flop totale, nel senso che nessuno venne a vederlo. Forse aveva colpito il titolo, del resto l’Italia è un paese molto cattolico». A colpire però non è solo il titolo: Antichrist si situa al confine tra l’horror e l’erotico, fondendo aspetti simbolici e filosofici e creando un clima onirico, in cui risulta difficile ricondursi al piano della realtà.
Un film che colpisce il pubblico in sala, forse anche grazie all’atmosfera creata da Dafoe che, dopo aver invitato gli spettatori a “restare con il film”, regala loro un’interpretazione magistrale.

Roberta Pasetti
Studentessa di lettere. Nisi Alexander essem, ego vellem esse Diogenem.
Può bastare così.
Martina Arrigoni

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