Del: 20 Maggio 2017 Di: Roberta Pasetti Commenti: 0

A distanza di una settimana dall’incontro tenutosi in occasione del Festival Internazionale della Poesia al Mudec, si terrà questa sera la Poetry Slam di “Poesie in carcere”, «una sfida all’ultimo verso, un duello all’arma della poesia, una competizione letteraria democratica con il trionfo del voto popolare».
L’iniziativa è organizzata dal Laboratorio di lettura e scrittura creativa del carcere di Opera, che si prodiga da oltre 20 anni per ricordare alle persone detenute – i volontari, durante il festival, hanno insistito su questa definizione – che la dimensione umana permane anche in assenza della libertà, per far scoprir loro che la bellezza può essere trovata ovunque.

Con l’incontro di sabato 13 i volontari del laboratorio hanno portato oltre le mura del carcere la voce delle persone recluse e, leggendo le loro poesie al pubblico, si sono fatti mediatori di sentimenti che nessuno può conoscere meglio. Le poesie hanno un’alta qualità artistica ed un’efficacia sorprendente: sebbene ne siano state lette molte il pubblico continuava ad essere avido di nuovi versi e mai stanco di scoprire quella realtà.

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Successivamente è intervenuto anche un ex detenuto, che aveva partecipato in prima persona all’iniziativa volontaria. Del suo discorso colpiva, innanzitutto, l’esattezza del lessico, la lucidità del ragionamento grazie al quale è riuscito a trasmettere ogni sua idea ed ogni sentimento: proprio questo intervento ha permesso di capire appieno l’enorme utilità del laboratorio, che va oltre l’incentivazione alla creatività. Il lavoro dei volontari riesce, infatti, dove le istituzioni non arrivano: attraverso la cultura e l’arte vengono riabilitati non solo gli individui, ma le loro capacità assopite.

È stato fatto notare che, ben prima dell’esperienza del carcere, queste persone avevano perso la speranza e l’amore di sé, sentendosi abbandonati dalla comunità.

Molti di loro, come sottolineato dai volontari, entrano in carcere senza una cultura decente, vittime di una situazione difficile e troppo spesso ignorata, nascosta. La stessa situazione di disagio è stata accusata dall’ospite, che l’ha vissuta in prima persona, ma lui stesso si fa testimone anche del percorso incentivato dal laboratorio: un percorso di crescita intellettuale che ha permesso il reinserimento nella società.

Il laboratorio non è terapeutico solo per coloro che usciranno dal carcere, ma anche per chi dovrà scontare l’ergastolo.

A questo proposito è stata letta la poesia di un ergastolano: si comprende così come l’iniziativa dei volontari possa permettere, anche a chi sa che non uscirà dalle mura del carcere, di trovare un mondo interiore ed equilibrato, ove rifugiarsi per sopportare la reclusione e, da questa riflessione, creare arte.

L’educazione artistico-letteraria, il supporto umano donato alle persone detenute, lo scambio di esperienze e la disponibilità a comprendersi vicendevolmente fa del Laboratorio di lettura e scrittura creativa uno strumento per offrire una visione di un angolo di mondo, qual è il carcere, a chi non ne ha idea; per reinserire le persone detenute nella società civile – talvolta anche solo grazie ai loro versi e pensieri pubblicati nelle antologie – e per avvicinarli ad una più profonda e personale concezione di giustizia, vicina alla καλοκαγαθία greca: la concezione del bene connessa all’azione dell’uomo con cui si sostiene che vi sia una complementarità tra “bello” e “buono”: ciò che è bello non può non essere buono e ciò che è buono è necessariamente bello.

 

Roberta Pasetti
Studentessa di lettere. Nisi Alexander essem, ego vellem esse Diogenem.
Può bastare così.

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