Il 5 giugno è stato rilasciato dalla Nobel Foundation il discorso pronunciato da Bob Dylan, consuetudine, nonché regola, per ogni vincitore del premio Nobel per la letteratura entro i sei mesi successivi alla cerimonia ufficiale.
L’assegnazione di tale riconoscimento lo scorso ottobre aveva nettamente diviso l’opinione pubblica: il docente Billy Collins aveva posto l’accento sui testi dal forte carattere evocativo; Francesco De Gregori e Mogol si erano detti favorevoli a tale scelta, in quanto alla tradizione popolare sarebbe stata riconosciuta pari dignità di quella letteraria. Nel 1996, quando Dylan era già allora un possibile candidato, anche il poeta Allen Ginsberg aveva dimostrato il suo consenso.
Tuttavia, alcuni scrittori, che si sono visti sfumare per un altro anno l’ambìto premio, hanno ironizzato sulla loro possibilità di vincere un Grammy Award e lo stesso Dylan ha risposto col silenzio e con l’assenza alla premiazione avvenuta il 10 dicembre.
Cantautore non certo affamato di riconoscimenti, dopo aver vinto un Oscar per la miglior canzone, un premio Pulitzer e svariati Grammy Awards, onoreficenze tra le più note di una cospicua lista.
In questo discorso esordisce con il ricordare uno dei suoi primi modelli, Buddy Holly, artista che ha gettato le basi della musica popolare americana. Tra i suoi modelli non troviamo solo influenze musicali, ma anche letterarie, come Moby Dick di Herman Melville e Niente di nuovo sul fronte occidentale di Erich Maria Remarque, romanzo sull’inferno della guerra e la sua vanità, e l’Odissea.
La risposta alla domanda se le canzoni possano confluire nella letteratura rimane sospesa, fino a quando il cantante nega tale identificazione, confermando la ritrosia che lo ha portato ad accettare il Nobel solo a marzo.
La Nobel Foundation ripone la propria motivazione secondo una visione globale del lavoro del cantautore «per aver creato nuove espressioni poetiche nella tradizione musicale americana» e perché, già negli anni Settanta, Dylan pubblicò opere di prosa e poesia. I suoi testi musicali,inoltre, privati di elementi aggiuntivi quali la melodia e la voce, sono oggetto di studio da parte di docenti che si occupano di componimenti poetici.
Potrebbe sembrare una svolta nel modo di intendere la letteratura, ma per l’Accademia Svedese questa prospettiva non è inconsueta: anche nel 1953 venne assegnato il Nobel per la letteratura a Winston Churchill, «per la padronanza delle descrizioni storiche e biografiche, nonché per la brillante oratoria in difesa dei valori umani».