Del: 15 Giugno 2017 Di: Elena Cirla Commenti: 0

La comunità scientifica non ha ancora raggiunto l’unanimità a riguardo e sembra che la strada da percorrere sia ancora lunga: il punto G esiste? E, se esiste, dov’è situato? I dubbi sono ancora troppi e le certezze ben poche.

Che esistesse un luogo fortemente erogeno nell’area vaginale distinto dal clitoride e che permettesse di raggiungere appieno il piacere sessuale l’avevano già ipotizzato gli antichi, che avevano ribattezzato l’area “punto del sole” o “punto del piacere”.

Questi termini, ritrovati nei testi filosofico-religiosi orientali, trovano riscontro in Europa solo a partire dal XVII secolo, quando il medico olandese Reinier de Graaf riferì la presenza di un’area, in prossimità della vagina, di elevata sensibilità erogena.

Ma è solo nel 1982 che si parla esplicitamente di “punto G”: le studiose Alice Lada e Beverly Whipple parlano della zona erogena, travisando le parole del ginecologo tedesco Gräfenberg, che in realtà non descrisse nessun punto vaginale sensibile.

Così si è creato il mito del punto G.

Nel 1983, uno studio esaminò 11 donne, a cui fu chiesto di masturbarsi internamente “in movimento rotatorio”. Quattro di loro riportarono una specifica risposta alla stimolazione della parte anteriore della vagina.

Ad oggi, però, molteplici ricerche mediche e scientifiche hanno smentito l’esistenza della mitica zona del piacere. Gli studi principali si basano sul mancato ritrovo di punti di maggiore innervazione nel canale vaginale, motivo per cui decadrebbe ogni ipotesi.

Al contrario, molte altre teorie sono state avanzate. La ricercatrice australiana Helen O’Connel ritiene che il punto G sia la parte terminale del clitoride, la cui radice si situerebbe a 10 cm di profondità. Indagini agli ultrasuoni hanno evidenziato differenze nella presunta regione sessuale, soprattutto in contemporanea a cambiamenti psicologici della donna. Adam Ostrzensky, professore dell’Institute of Gynecology di St. Petersburg, Florida, ha individuato con precisione la zona erogena: si troverebbe tra l’apparato genitale e quello urinario, formando un angolo di 35° con la parete laterale dell’uretra.

punto g-3

Il suo articolo a riguardo, pubblicato sul Journal of Sexual Medicine, è stato subito osannato da Emmanuele Jannini, professore di Sessuologia Medica presso l’Università degli Studi dell’Aquila, che nel 2008 aveva condotto una ricerca, con cui aveva non solo individuato, ma anche misurato il punto G.

Preso un campione di 110 donne, esse sono state sottoposte a ecografia vaginale, volta a visualizzare il fatidico punto. La ricerca – che tuttavia è stata molto criticata dalla comunità scientifica, in quanto le ecografie non mostrerebbero nessuna struttura anatomica evidente – ha portato all’individuazione di un tessuto della lunghezza 8,1 millimetri, larghezza da 3,6 a 1,5 mm, altezza 0,4 mm. La sua formazione sarebbe simile a quella del tessuto erettile, ossia di tipo cavernoso, e dunque paragonabile ai genitali maschili e al clitoride.

L’aspetto interessante, tuttavia, è che esso non sarebbe uniforme in tutte le donne, ma varierebbe in dimensioni e ispessimento. Pare che sia proprio la differenza di spessore a determinare il raggiungimento dell’orgasmo vaginale e questo spiegherebbe la differente percezione che le donne hanno di esso e la differente facilità con cui riescono a raggiungerlo.

Anche se, a tal proposito, un recente studio ha sfatato questo mito, sostenendo come in realtà l’orgasmo vaginale non esista e sia sbagliato distinguere fra orgasmo clitorideo, vaginale o uterino. Il piacere femminile sarebbe raggiungibile solo ed esclusivamente attraverso stimolazione clitoridea, che, come spiegano i ricercatori, non ha nulla a che fare con la vagina. E poiché la clitoride interna non esiste, non può esserci un orgasmo interno alla vagina.

La chiave per l’orgasmo femminile è dunque quello che viene definito “pene femminile”, composto da clitoride, bulbi vestibolari e pars intermedia, piccole labbra e corpo spugnoso dell’uretra femminile.

Non risolvendosi banalmente in rapporto pene-vagina, l’eiaculazione maschile non significa necessariamente e automaticamente fine del rapporto per la donna. Si potrebbe quindi proseguire all’infinito con il toccarsi e il baciarsi, anche in virtù della capacità della donna di sperimentare orgasmi multipli, al contrario dell’uomo, per cui invece intercorre il problema dell’orgasmo refrattario.

Elena Cirla
Studentessa di Lettere Moderne, classe 1994.
Amante dell'autunno, dei viaggi e del vino rosso.

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