Il 27 settembre si spegne, alla veneranda età di 91 anni, Hugh Hefner. Padre fondatore della celebre rivista “Playboy”, vera e propria icona di un lifestyle lussurioso, proprietario della nota Playboy Mansion di Los Angeles, è stato sepolto vicino alla tomba della leggendaria Marilyn Monroe, la prima a comparire sulla copertina del magazine per adulti creato da lui.
Nato il 9 Aprile del 1926 nella Chicago del proibizionismo, quella celebrata nei gangster-movies dedicati ad Al Capone, “Hef” (così chiamato dai propri amici e parenti) serve nell’esercito statunitense durante gli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale. Dopo essersi laureato in appena due anni e mezzo in Psicologia all’Università dell’Illinois si iscrive ad un corso di laurea in Sociologia, lasciato in breve tempo per dedicarsi al lavoro.
Nel 1952 abbandona il proprio lavoro di copywriter per l’Esquire. Nel corso di un anno raccoglie fondi da ogni genere di investitore, chiede un prestito in banca e persino a sua madre, per poter finalmente pubblicare, nel dicembre del 1953, il primo storico numero di Playboy.
Hugh Hefner non incontrò mai di persona l’iconica attrice americana, ma la volle assolutamente sulla sua copertina. Fu inevitabilmente un successo: Playboy (inizialmente doveva, nella mente di Hefner, chiamarsi Stag Party) vendette al proprio lancio più di 50,000 copie. Nel 1954, la rivista raggiunse le 200,000 copie, fino a diventare, durante gli anni ‘70, il magazine preferito di oltre 7 milioni di lettori.
L’avvento della pornografia digitale ha definitivamente schiacciato ogni tipo di competizione cartacea, portando infine alla decisione di Playboy, per protesta di fronte allo strapotere mediatico delle nuove imprese erotiche di internet, nel 2015, a non pubblicare più foto di nudo.
Sulle sue copertine sono passate le più importanti dive del cinema e della televisione, modelle, addirittura personaggi politici americani.
Nel corso degli anni, la leggenda di Playboy è andata aumentando a dismisura, e con essa quella del proprio fondatore, raffigurato romanticamente in vestaglia, circondato dalle sue “conigliette”, al di fuori della propria Magione, mastodontica villa residenziale dalla superficie superiore ai 2000 metri quadrati. Costruita nel 1927, la Playboy Mansion ha più di 29 stanze ed è stata messa sul mercato, dopo anni di onorata carriera, nel 2016 per 200 milioni di dollari.
Sposatosi ben tre volte, l’ultima nel 2012 con la giovanissima Crystal Harris (31 anni), Hefner non ha però lasciato nulla in eredità alla propria consorte. Secondo il testamento dell’editore americano infatti i 43 milioni di dollari di sua proprietà verranno divisi tra i suoi 4 figli, la University of Southern Carolina e vari enti benefici.
Nel corso degli ultimi 60 anni, la figura di Hugh Hefner è risultata spesso controversa, in particolare riguardo alle responsabilità a lui riconosciute come protagonista di spicco della Rivoluzione Sessuale. Sfidando l’America puritana e conservatrice, si fece promotore di una sessualità libera, senza veli, persino dichiaratamente aperta all’omosessualità.
Eppure, dietro alla mitologia che si staglia alle spalle di Hef, celebrato in pompa magna come ogni personaggio pubblico alla propria morte, si nascondono le ombre di una visione materialista e stereotipata del corpo femminile.
Certamente Playboy ha contribuito ad una liberazione progressiva dei costumi, ad allontanarsi dalla pedante etica puritana, ma a che prezzo?
Le Playmate, le conigliette della rivista patinata di Hefner, hanno contribuito a costruire un’iconografia femminile, quella dell’America degli anni ‘70, ’80 e ‘90, estesasi poi a tutto il mondo occidentale e tuttora persistente nella nostra società. Una libertà femminile, quella dello spogliarsi, del mostrarsi nuda, decisa da un uomo, in nome della libido maschile. La costruzione di un ideale di bellezza stereotipato, delle magre, bionde, maggiorate, rifatte, bambole mostrate sulle pagine della rivista.
Ma anche di un uomo brutalmente sessuale, scevro di sentimentalismo, ricco, potente, perennemente eccitato, circondato da molte donne, oggetti al pari delle auto costose.
Sorge dunque spontanea una domanda, che alle orecchie di molti potrebbe suonare provocatoria: Hugh Hefner ha realizzato i sogni di milioni di uomini o li ha costretti a sognare come lui?