Alla fine è ufficiale: liberarsi da questa (s)Ventura ha un prezzo, circa 800.000 euro. La FIGC gli pagherà tutto ciò che gli spetta fino all’ultimo centesimo come ringraziamento per aver causato il più grande fallimento sportivo italiano di sempre, a patto che non entri mai più in un centro sportivo federale per il resto della sua vita, aggiungo io. Era già successo che l’Italia non si qualificasse per la Coppa del Mondo, nel 1958 (guarda caso proprio in Svezia), ma diciamocelo, questa è come se fosse stata la prima volta. In 60 anni il calcio è cambiato tanto, il Mondiale non è più un piccolo “mundialito” a 16 squadre chiamato Coppa Rimet, bensì l’evento sportivo più seguito e importante al mondo dopo le Olimpiadi.
Non parteciparvi, per una nazionale blasonata come la nostra, è la peggior cosa che possa capitare in termini di prestigio e credibilità.
Eppure non sembra curarsi di ciò il nostro caro maggiordomo degli Aristogatti. Al termine della disfatta presenta il suo bel faccione davanti ai microfoni della stampa, e, incalzato dalle domande dei cronisti furenti, inizia a borbottare che sì, gli spiace molto per la nazione, ma in fondo contro questa Svezia irresistibile c’era ben poco da fare, lui ci ha provato. Inoltre in Russia fa freddo, si sa, anche d’estate le temperature sono basse, un maglione la sera ci vuole sempre. Insomma di dimettersi non se ne parla proprio.
Nel 2010 si era dimesso Lippi — campione del mondo nel 2006 ed uno degli allenatori più vincenti della storia del nostro calcio — e poi in Brasile, 4 anni fa, Prandelli — finalista ad Euro 2012 dopo una cavalcata entusiasmante— assieme al presidente della Federazione Abete. Erano addirittura saltati tutti i vertici federali 60 anni fa, dopo quella mancata qualificazione per Svezia ’58. Oggi, a più di 48 ore dall’ “apocalisse” sportiva, nessuno ha fatto ancora un passo indietro. E dire che con i nostri politici siamo stati abituati piuttosto bene in questi anni, ma per ricordare un “facciatollismo” simile bisogna tornare con la memoria ai tempi di Scilipoti. Impossibile per Tavecchio non assumersi la responsabilità di una scelta parsa quanto meno inadeguata fin dall’inizio, ma poi rivelatasi addirittura disastrosa lunedì sera. Era l’estate del 2016; e noi ignari — mentre ancora fomentati ed adrenalinici aspettavamo solo un segnale da parte del “sergente Andonio” per entrare in tackle sulle caviglie del nostro vicino d’ombrellone in spiaggia manco fossimo tanti piccoli Giaccherini — stavamo per passare da uno dei migliori allenatori al mondo a quello che verrà ricordato come ilpeggiore della nostra storia.
Rinunciando a del sano voyeurismo edile, attività prediletta dei suoi coetanei, il mister Ventura ereditava una squadra di lupi famelici per farne in appena un anno e mezzo un gruppo di timidi agnellini dai piedi storti. La tattica è presto detta: andare a Stoccolma per cercare di limitare i danni che Messi e Ronaldo (ah, non sono svedesi?) avrebbero inevitabilmente inferto, l’1-0 è un ottimo risultato! Al ritorno meglio coprirsi e ripartire con i cross per le caviglie degli svedesi di Darmian o quelli per il terzo anello di Candreva. Tenere lo 0-0 fino a 5 minuti dalla fine quando proveremo ad inserire chiunque, basta che non sia il giocatore nettamente più tecnico ed in forma della Serie A, vale a dire Insigne.
A parte gli scherzi, l’evidenza dei fatti ha reso palesi alcuni errori macroscopici del CT dettati dalla paura e dalla mancanza di lucidità: non è possibile non comprendere che solo con la tecnica avremmo potuto scavalcare la possanza atletica dei vichinghi svedesi (perché la classe stava tutta in panchina?), che gli uomini più in forma (Insigne ed El Shaarawy) avrebbero dovuto giocare sempre, che presentare Jorginho e Gabbiadini per la prima volta nella partita più importante dell’anno è follia pura. A questi si sono aggiunti limiti nella gestione del gruppo, in piena autogestione dopo la sconfitta di Madrid, e nelle proposte di gioco (solo palle alte inutili).
In poche parole: noi non eravamo una squadra, la Svezia sì. Scarsa, ma una squadra, e in uno sport collettivo questo a volte può essere sufficiente.
In Russia ci vanno gli Svedesi, e a noi non lasciano neanche le istruzioni per rimontare un giocattolo che questa volta sembra essersi rotto davvero una volta per tutte.