
C’è un’enorme diatriba sul cinema americano odierno: molti reputano che gran parte dei lavori usciti dalle sale cinematografiche di Hollywood non siano più prodotti artistici commerciali. Non solo, ma anche tutto quello che ruota intorno ai film sembra essersi commercializzato: le première, il merchandise e i volti stessi degli attori a volte si rivelano spesso utili strumenti economici. La presenza, in un film, di un determinato attore di successo assicura infatti ingenti entrate, e questo deriva dall’idea di divo.
Sviluppatasi già all’inizio del XX secolo, anzi — a voler esser più precisi — anche prima, il divismo nasce in Europa grazie ad alcune figure teatrali, come ad esempio gli attori François-Joseph Talma, David Garrick ed Eleonora Duse, la meravigliosa musa di D’Annunzio. In America però il teatro non deteneva la stessa risonanza, anche grazie all’avvento del business cinematografico. Comprensibilmente, i film garantirono molta più visibilità agli attori rispetto ai vari palcoscenici e già negli anni ’20 le folle cominciarono a innamorarsi dei loro interpreti preferiti ma una su tutti e tutte era Florence Lawrence: non a caso la storia del cinema l’ha incoronata prima diva di Hollywood.
Florence Ann Bridgwood nacque il 2 Gennaio 1886 a Hamilton, in Canada, e figlia d’arte, venne portata sul palco dalla madre e dalla sua compagnia di artisti all’età di tre anni. Successivamente, all’età di cinque anni, già si cimentava in parti dialogate e cantate, meritandosi il nome di “bambina meraviglia”. Dopo la morte del padre, venne mandata a studiare e, una volta diplomata, si trasferì insieme alla madre a New York per tentare la carriera di attrice. A Brodway non fu molto fortunata ma nel 1906 riuscì a trovare posto come attrice in diversi film e uno dei più importanti fu Daniel Boone, cortometraggio in cui interpretava la figlia di un pioniere rapita da una tribù indiana. Florence e la madre furono scelte solo perché sapevano entrambe cavalcare e vennero pagate cinque dollari al giorno per due settimane di riprese tenutesi a Dicembre e all’aperto. Fu l’unico film diretto da William Craver, film che ispirò lo scrittore James Cooper per il suo romanzo L’ultimo dei Mohicani. Le sue doti da cavallerizza le fruttarono poi diversi altri ruoli in film più o meno di successo.
Dopo una negativa esperienza a teatro decise di dedicare la sua carriera interamente al cinema e fu una scelta fortunata perché, su suggerimento di un attore, Harry Solter, iniziò a collaborare per gli “Studios” della Biograph (è forse un po’ precoce definirla così ma di fatto era una delle prime compagnie a produrre cinema) con cui girò circa 60 film, tanto che si guadagnerà anche il nome di “Biograph Girl”.
Il regista D.W. Griffith ebbe un’idea rivoluzionaria: inserire il nome dell’interprete nei titoli di coda della pellicola. Prima di allora non era mai stato fatto all’interno di un film muto e da quel momento per Lawrence cominciò il successo. Si sposò anche con Soldier, il collega che convinse la produzione a ingaggiarla e che la consacrò in un firmamento ancora tutto da disegnare.
Presto il pubblico cominciò a venerarla e la sua presenza nei film significava un successo assicurato, tanto che in molti tentarono di ingaggiarla e presto il denaro che si offriva all’attrice diventava sempre più cospicuo. Nel 1909 lei e il marito decisero di cercare oltre la Biograph e fondarono in proprio la Victor Film Company; le offerte di lavoro non mancarono.
La favola di Lawrence però inizia a declinare una volta giunta a un apparente lieto fine.
Nel 1912 aveva tutto quello che da sempre desiderava: un largo terreno e tempo per dedicarsi alle sue adorate rose. Tuttavia la morte della madre la turbò molto e sentendosi abbandonata dal marito, in quel momento in Europa per lavoro, inizia a crescere nella diva una forte depressione, che emerge leggendo la fitta corrispondenza con Solter il quale tornò da lei tentando di aiutarla e salvare il matrimonio, che però era già finito.
Quello che fece tracollare il rapporto tra i due fu un brutto incidente avvenuto nel 1913 sul set di un film che vedeva Lawrence in una stanza divorata dalle fiamme, che però, fuori controllo, ustionarono l’attrice che impiegò diversi mesi per riprendersi. Il marito, co-produttore della pellicola, la spronò a riprendere al più presto le riprese durante le quali però ebbe un grave tracollo psicologico: terminò il film ma ruppe definitivamente col marito. Quella che doveva essere un’uscita dalle scene a soli 29 anni non restò tale a lungo: nel 1916 partecipò al suo primo lungometraggio raccogliendo enorme successo anche grazie a delle trovate commerciali piuttosto curiose. Per esempio si diffuse velocemente una falsa notizia sulla morte dell’attrice che sconvolse tutti i suoi numerosi ammiratori, sollevati nel leggere la smentita qualche giorno, accompagnata da una foto promozionale del film. Lawrence si risposò nel 1921, ma restò vedova nel 1931. Si risposò per la terza volta l’anno successivo con un uomo che si rivelò molto violento nei suoi confronti la quale nello stesso anno commise suicidio sconvolgendo gli stati uniti.
Nel 1932 l’attrice si suicida, sconvolgendo gli Stati Uniti.
Morì a 45 anni la prima stella di Hollywood dopo una vita tormentata, nonostante il successo senza precedenti. Fu il primo vero caso di divismo cinematografico, oggi tanto stigmatizzato e anche un po’ stereotipato, secondo l’idea che tutti i grandi attori siano un po’ pazzi, megalomani e spesso depressi.
Certo è che senza Lawrence è difficile immaginarsi una Hepburn o una Monroe e altri volti iconici dello spettacolo di oggi e di ieri, che spesso e volentieri in positivo (ma anche purtroppo in negativo) hanno seguito la luce di quella prima stella polare nel cielo di Hollywood. Stella che oggi forse è coperta da molte altre luci ma, non per questo, brilla di meno.