Del: 30 Dicembre 2017 Di: Susanna Causarano Commenti: 0

La fine dell’anno porta con sé il fastidioso tempo dei bilanci. Per rendere questi un po’ più sopportabili vi proponiamo, per il secondo anno di fila, una classifica semiseria delle dieci parole più lette e udite tra telegiornali, Instagram, Facebook e pop-up. Noterete che alcuni concetti sono rimasti in pole-position.

Russia

La Grande Madre. Uno degli ultimi motivi per cui è stata nominata riguarda la lieve ingerenza che, secondo Joe Biden, il governo russo (leggi: Putin) avrebbe avuto sullo svolgimento e sull’ esito del referendum costituzionale dello scorso dicembre. Non è possibile, in questa sede, soffermarci su quanto questa notizia sia o meno una fake-news (altro tema caldo dell’ anno) e quanto poco sia questo il problema di cui occuparci. Di certo c’è solo che il Russiagate non risparmia nessuno e che Trump, tra le tante narrazioni stantie resuscitate (misoginia e razzismo, per dirne due) ha recuperato anche il mito della divisione del mondo in due parti: Stati Uniti e Russia e i loro annessi “possedimenti”. Con una novità: mentre in piena Guerra Fredda si pensava che tra i due ci fosse un distacco astioso e formale, ora si fa largo l’ idea che la situazione sia un po’ più complessa, citando un adagio tanto caro alla prima Repubblica.

Fake-news

L’anno scorso abbiamo inserito nella classifica il concetto di post-verità. Piccolo glossario per fare chiarezza: la post-verità definisce la situazione in cui, in una discussione relativa a un fatto o una notizia, la verità viene considerata una questione di secondaria importanza. Le fake-news sono, invece, letteralmente notizie false che compongono questo pulviscolo, sempre più denso, di poca chiarezza. Problema non certo nuovo, le fake-news rappresentano una seria minaccia al mondo dell’informazione on-line. Basta un titolo clickbating a far scatenare l’indignazione. O al contrario l’estrema compassione. È il caso del poliziotto che, durante l’infausto sgombero di Roma dello scorso agosto, ha dato una carezza alla quarantenne Genet, la quale ha tristemente sintetizzato tutto lo squallore e la parzialità di quell’immagine: «Vedete il bello in questa foto (che secondo l’Huffington restituiva un po’ di luce alla vergogna di Roma), ma ci buttate via come una scarpa vecchia.» Ci sarebbe poco da aggiungere, se non che occorre instancabilmente puntare il dito su ogni atto di disinformazione ipocrita. Elevare a simbolo, a motore narrante della questione degli sgomberi proprio quella foto, non rende la stampa meno colpevole di chi quegli sgomberi li ha ordinati. Cosa c’entra tutto ciò con le fake news? La foto è stata ovviamente strumentalizzata e usata per commuovere e far dimenticare i veri problemi, è quindi una falsa lettura, una narrazione distorta di un problema, quello sì, reale. Per renderla più fake di così, bisognava solo ritoccarla. Magari curvando verso l’alto gli angoli della bocca di Genet.

Indipendenza

Una così bella parola, abbinata a cause non proprio nobili. Se a caratterizzare il 2016 in questo senso si è parlato di Brexit, arenata tutt’oggi ad un nulla di fatto, quest’anno è stata la volta della Catalogna. La regione più ricca di Spagna è stata oggetto di molti approfondimenti e dibattiti prima, durante e dopo il referendum sponsorizzato dal partito Junts per Catalunya dell’ex presidente Puidgemont. Le ragioni del referendum  ben analizzate in questo pezzo di The Submarine  affondano le radici in un forte nazionalismo finalizzato ad un’ulteriore crescita economica. Si è creata, così, una narrazione confusa che da un lato ha riportato impotente i soprusi commessi dal governo Rajoy e dall’altro non ha saputo individuare le vere motivazioni del referendum, che poco hanno a che vedere con idealismo e desiderio di libertà. È possibile fare un discorso simile anche sul referendum per lautonomia della Lombardia e del Veneto, non a caso due delle regioni più ricche del nostro paese. Anche qui, poca sostanza e molta propaganda.

Numero chiuso

Questo è un tema conosciuto e dibattuto tra i corridoi della nostra università. Questi ultimi mesi accademici sono stati, infatti, densi di proteste contro l’introduzione del numero programmato nella facoltà di Studi Umanistici. Battaglia che ha animato certamente più di quella intrapresa tempo addietro contro la riduzione degli appelli. In questo frangente la partecipazione è stata grande e questo rappresenta senza dubbio un fatto positivo. A fine agosto il Tar ha accolto il ricorso contro l’introduzione di tale provvedimento. Qualcuno è stato scontento, qualcuno ha sorriso vittorioso. Noi ne abbiamo scritto in diretta a più riprese e ribadiamo quanto sia stata positiva la partecipazione studentesca.

Weinstein

Il caso Weinstein sarà probabilmente ricordato dalla posterità come l’inizio di una nuova rivoluzione femminile. Dopo anni di mancate denunce e silenzi obbligati, quest’anno finalmente ecco venire alla luce ciò che tutti sapevano, ma che non si poteva dire: fare carriera nel cinema passa anche dalle camere da letto dei potenti. E non parliamo di una camera a caso, ma di quella di uno dei più grossi produttori di Hollywood. A qualcuno sarà sembrato il segreto di Pulcinella ma, negli anni, la base sessista che anima il mondo del lavoro non è stata affatto neutralizzata. Per questo abbiamo un estremo bisogno di raccontare fatti del genere, di sbugiardare personaggi del genere: perché anche le donne che lavorano in altri settori, ma sottoposte a simili abusi, anche meno smaccati ma comunque non meno gravi, sentano la forza di alzare la testa, di denunciare. Gli effetti non hanno tardato ad arrivare: dall’hashtag #metoo a una reazione a catena di denunce, qualcosa si è mosso nella direzione di condizioni lavorative eque, soprattutto a livello sociale. La strada è lunga ma l’inizio è senz’altro buono.

Ferragniz

La coppia più social dell’anno, lo abbiamo sentito fino alla nausea, è quella composta dall’imprenditrice Chiara Ferragni e dal cantante Fedez. Protagonisti di una storia d’amore (o di Instagram?) che ha fatto battere il cuore di molti proprio durante la dichiarazione con tanto di proposta di matrimonio, fatta dal cantante alla sua amata alla fine di un concerto all’arena di Verona, i due non escono un attimo dal loro Truman show. Persino il figlio in arrivo è già stato protagonista, sotto forma di ecografia, di alcuni video della futura mamma e c’è da credere che non si fermeranno qui. Sempre sorridenti, tatuati e ovviamente online. Inquietanti.

Despacito

La hit dell’estate di Luis Fonsi che nessuno confessa di aver ballicchiato/ascoltato/canticchiato. Nulla di nuovo, ogni estate ha il proprio tormentone. Quest’estate però ci è andata non troppo male, vista la varietà adatta a tutti i gusti: a fianco a Despacito erano presenti Riccione dei Thegiornalisti (insomma, anche no ecco) e Pellaria di Carl Brave e Franco 126 (questa sì), estrapolata quest’ultima dall’album Polaroid, contenente un tormentone dietro l’altro, senza dimenticare la seconda puntata della trap made by Gué, l’album Gentleman che dopo il successo (difficile da replicare) di Santeria è tornato, sempre tutto sommato in gran forma (musicale, non fisica). Due filoni quindi hanno caratterizzato la categoria “tormentoni estivi”: filone commercial-latino e trap. Chissà cosa ci attende l’estate prossima. Noi non abbiamo fretta di saperlo.

Ius soli

Torniamo seri, il tema lo richiede. Dopo anni di lotte, appelli, dibattiti lo Ius soli è…ah no. Non è ancora legge. Questa è una delle grandi vergogne del nostro paese. Ha un bel dire Repubblica quando realizza un video come questo in cui viene chiesto ai bambini se sanno che per la legge non sono veramente italiani, pur essendo nati qua. “No, io sono italiano, mi sento italiano”, è la risposta comune data dai piccoli. Sottotesto: meglio che vi teniate la coscienza di essere italiani, perché sulla carta non lo sarete mai. È in casi come questo che la sottoscritta non si sente italiana nemmeno un po’, nonostante il mio passaporto sostenga il contrario.

Mondiali

L’Italia, lo sappiamo, non parteciperà ai mondiali di calcio che si terranno nel 2018 in Russia. Miseria e tristezza. Invece no. In prima battuta provate a considerare gli aspetti positivi di questa esclusione. Se non doveste uscirne convinti, pensate a cos’è diventato il calcio italiano negli ultimi anni. Ai fischi all’inno svedese durante la partita decisiva Italia-Svezia a San Siro. Vogliamo davvero sostenere l’idea di un calcio razzista (dai, non vi ricordate più la gaffe sulle banane dell’ex presidente della FIGC, Carlo Tavecchio?) e violento, sempre più lontano da ogni basilare logica sportiva, pieno di soldi e boria? Forse stare fermi per un turno potrebbe essere l’occasione per aggiustare il tiro.

Avocado

Eccolo, il vero protagonista del 2017. Accusato addirittura di essere il principale ostacolo all’apertura di un mutuo sotto i trent’anni di età , questo frutto tanto osannato e vituperato insieme ha tutte le carte in regola per diventare il simbolo del decennio. Fotogenico grazie a quel suo bel verde squillante, di gusto non particolarmente deciso, si adatta a molteplici preparazioni culinarie, ha un prezzo contenuto e non scontenta nessuno. Sembrano proprio le caratteristiche del perfetto abitante virtuale (magari di Instagram) del nostro tempo in cui l’adagio è: tutto è già abbastanza difficile, non serve aver grandi ideali o gusti forti: meglio una sana via di mezzo, che non ci faccia sfigurare nemmeno sui social. Mediocrazia? Se il pane manca, dategli un avocado dice l’invisibile demiurgo del web. Alla peggio se ne mangia la foto.

Susanna Causarano
Osservo ma non sono sempre certa di quello che vedo e tento invano di ammazzare il tempo. Ma quello resta dov'è.

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