Del: 19 Gennaio 2018 Di: Lucia De Angelis Commenti: 0

Il 18 gennaio è stato inaugurato un protocollo operativo per il contrasto delle fake news. Il comunicato stampa è infatti apparso ieri sul sito della Polizia Postale e recita che «alla viralizzazione del problema, allora, è opportuno contrapporre la viralizzazione della possibile soluzione».

La procedura si struttura in tre fasi: raccolta di informazioni sospette (è il cittadino, infatti, a collegarsi al sito della Polizia di Stato e a inserire l’url della falsa notizia da segnalare alle autorità), analisi dei contenuti finalizzata ad una eventuale smentita e smentita ufficiale sui canali social istituzionali, con annesse richieste di rimozione.

Il ministro Minniti, promotore del protocollo, ha ribadito che è «molto importante che sia la Polizia Postale a svolgere questo lavoro» aggiungendo che «la credibilità, la capacità di intervento e la terzietà del servizio lo mette al riparo da qualsiasi elemento di parzialità».
Ora, la Polizia Postale è una unità speciale della Polizia di Stato, quindi non si capisce bene in che modo sarebbe terza o esterna: rispetto alla Polizia di certo no. E poi: perché è molto importante che sia la Polizia ad occuparsene? Il capo della Polizia deve rispondere al ministro dell’Interno di turno, scelto a sua volta dal partito politico al governo. Il rischio, anche se smentito decisamente da Minniti, non sarà quello di una parzialità di questi “garanti”? E poi chi controlla il loro operato chi controlla i controllori?

Nunzia Ciardi, direttrice del servizio di Polizia Postale, afferma:«non diamo per scontato che tutti abbiano gli strumenti per riconoscere il vero dal falso online» e poi aggiunge «noi vogliamo soltanto continuare a fare quello che già facciamo tutti giorni, aiutare i cittadini ad orientarsi, in questo caso a capire se quella determinata informazione è attendibile o meno.»
Ma questo non sarebbe piuttosto il lavoro di un giornalista anziché di un membro del Cnaipic? E soprattutto: le fake news circolano proprio perché gli utenti sarebbero poco propensi al fact-checking. L’intero problema nasce da una profonda sfiducia nei confronti delle capacità critiche dei lettori. E allora perché tutto questo sistema di controllo e sicurezza si basa proprio sulle segnalazioni in rete che i cittadini devono fornire?

Cosa sia una fake news dovremmo ormai saperlo tutti. A scanso di equivoci: Wikipedia la definisce

informazione inventata, ingannevole o distorta, resa pubblica con il deliberato intento di disinformare o diffondere bufale attraverso i mezzi di informazione tradizionali o via Internet, soprattutto per mezzo dei media sociali.

Ma la questione è più sottile di come appare. Ecco un esempio limite: ipotizziamo che Salvini affermi che il recente boom influenzale sia dovuto alla immigrazione incontrollata e che Vulcano Statale riporti questa dichiarazione. Vulcano non riporterebbe una notizia falsa, perché Salvini avrebbe effettivamente rilasciato una dichiarazione di quel tipo, anche se in contrasto con la realtà scientifica.

In questo caso un utente medio cosa dovrebbe fare? Segnalare, pur sapendo che però Salvini ha effettivamente rilasciato la dichiarazione? Non segnalare e contribuire così alla disinformazione dilangante?

Ora, la questione è sacrosanta sia da un punto di vista culturale che politico. Il caso del nipote della Boldrini assunto alla Camera o i funerali di stato di Totò Riina sono esempi lampanti di cosa siano notizie semplicemente fake, cioè fatti non avvenuti. Ma come la mettiamo con notizie palesemente borderline, come nell’esempio precedente?

Concludendo: siamo sicuri che l’assenza di pensiero critico (un problema culturale, con evidenti ripercussioni sul piano politico-sociale) si contrasti con i protocolli operativi del ministro dell’Interno anziché con una rieducazione culturale?

Più che controllori forse ci vorrebbero giornalisti seri, capaci non solo di verificare le fonti ma anche di contribuire alla costruzione di un pensiero critico.

Lucia De Angelis
Mi entusiasmano i temi sociali, i filosofi greci, le persone intelligenti e le cose difficili.

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