Del: 22 Febbraio 2018 Di: Giulia-Gloria-Chandal Costa Commenti: 0

Foto di Chiara Sardelli
L’intervista è stata editata per questioni di brevità e chiarezza.

Quando hai iniziato a cantare e suonare e come mai?

Fin da piccolo ho sempre avuto un’attrazione per la musica grazie a mio papà e mio fratello che ascoltavano in casa i dischi di Bob Dylan e dei Beatles. All’età di 8 anni ho fatto la mia prima esperienza su un palco cantando, in coppia col mio migliore amico, ad un piccolo concorso del mio paese. Poi la passione per la chitarra è arrivata intorno agli 11 anni, ho iniziato a suonarla perché all’interno del gruppo Scout di cui facevo parte c’era bisogno di nuove leve, e io non vedevo l’ora di imparare a suonare uno strumento.

Il tuo nome è Silvio, da dove arriva il nome d’arte “Silver”?

Durante la mia infanzia nel gruppo Scout avevo un amico che mi chiamava sempre Silver, ma io non apprezzavo quel nomignolo, anzi, mi innervosiva alquanto essere chiamato così; ma poi, quando fondai la mia prima band in adolescenza, sentii il bisogno di avere un nome d’arte e a quel punto pensai che fosse arrivato il momento di prendere quel nomignolo e farlo diventare parte di me, e così non lo lasciai più.

Se non avessi fatto il cantante, quale sarebbe stato il tuo futuro?

È difficile da dire, nulla è pianificabile al 100% nella vita, bisogna sempre essere pronti al cambiamento. Per quanto mi riguarda posso dire che prima di dedicarmi completamente alla musica lavoravo in ufficio, in uno studio di progettazione impianti termo-tecnici.

Da dove arriva l’ispirazione per le tue canzoni?

Ovviamente ogni singola canzone ha vita propria e quindi è ispirata da elementi e situazioni sempre diversi, però senza dubbio le esperienze che vivo direttamente nel corso della mia vita, giorno per giorno, mi danno importanti stimoli per iniziare a scrivere una canzone.

Quali sono gli artisti che ti hanno maggiormente influenzato?

Devo dire che sono stato fortunato perché a casa mia si è sempre ascoltata molta musica, principalmente la musica degli anni ‘60 e ‘70, artisti come Bob Dylan, Beatles, Donovan, Queen, Guns N’ Roses, passando ovviamente attraverso il cantautorato italiano come De Gregori, Bennato, Vecchioni, ecc.

Qual è la canzone o le canzoni a cui sei particolarmente legato e perché?

Sarebbero davvero troppe le canzoni da elencare, ma se proprio lo devo fare ne direi una in lingua inglese e una italiana per non far torto a nessuno: Hotel California degli Eagles, perché credo abbia una composizione favolosa, una melodia e un’armonia molto equilibrate, ma che attraverso il testo ti destabilizza, adoro la sensazione che questo brano mi trasmette ogni volta che lo ascolto.
Per la canzone italiana invece sceglierei Sogna Ragazzo Sogna di Vecchioni perché è ricca di consigli concreti, così rari da trovare, e poi anche perché ho avuto il grande onore di imparare a suonarla direttamente da Roberto Vecchioni in persona, in un pomeriggio di Milano sul divano di un loft in cui eravamo per un’intervista.

Qual è una tua canzone a cui sei particolarmente legato?

Anche qui è difficile, è come chiedere ad un papà qual è la più bella tra le sue figlie; comunque rispondo dicendo che emotivamente c’è una canzone che mi tocca più delle altre: Ora tocca a me. È una sorta di dialogo tra un giovane, che deve ancora scoprire tutto della vita, e un anziano che dispensa consigli preziosi; nel videoclip di questa canzone si completa il cerchio dell’emotività per quanto mi riguarda, perché  ho voluto che il ruolo dell’anziano fosse interpretato da mio zio Angelo che è parte della mia vita fin da quando sono nato.

Prima di iniziare il percorso da solista cantavi in un gruppo, i The Sunshine. Cosa ti ha insegnato questa esperienza e come mai hai deciso di continuare questo percorso da solo?

Gli anni dei The Sunshine sono stati fondamentali sotto tanti punti di vista. Ovviamente sotto quello musicale, perché è lì che ho iniziato a capire cosa significasse davvero “Fare Musica”; poi dal punto di vista umano, a livello di amicizia, di esperienze, di condivisione, di fallimenti e di successi… Insomma in quegli anni con i The Sunshine credo di avere vissuto appieno e di aver assorbito molte informazioni utili al mio futuro.
La scelta del percorso solista passa attraverso la mia partecipazione al programma televisivo X- Factor, nel senso che purtroppo, in quella edizione, non era possibile partecipare come band (a meno che tutti i componenti cantassero) e quindi ho affrontato da solo i provini… Una volta terminato il programma abbiamo provato a riunirci, ma purtroppo nella vita di ognuno erano subentrati altri impegni e quindi non è stato possibile proseguire come band.

Ti sei classificato quarto alla terza edizione di X-Factor. Cosa ti ha insegnato questa esperienza?

È stata indubbiamente una delle esperienze più importanti della mia vita! L’esperienza è durata 3 mesi e devo dire che sono stato molto fortunato perché vivere la realtà di uno show di quei livelli al fianco di professionisti veri è un privilegio che in pochi hanno modo di sperimentare. Anche solo osservando per esempio il metodo di lavoro dei vari artisti, coreografi, ballerini, registi, ecc. si aveva modo di fare proprie delle dritte importanti. Anche dal punto di vista personale poi ho ricevuto molto dall’esperienza di X-Factor, molte delle amicizie nate in quei 3 mesi continuano ancora oggi con stima reciproca e gioia immensa ogni volta che ci si incontra per qualche occasione.

Il tuo ultimo singolo, Let me fall in love, è in inglese. Come mai questa decisione di tornare a cantare in inglese? Com’è nata e cosa rappresenta per te questa canzone?

Il nuovo singolo Let me fall in love nasce dalla collaborazione con Fabio D’Amato che mi inviò la musica ed io scrissi immediatamente il testo; forse proprio questa immediatezza ha giocato un ruolo importante nella scelta della lingua, non ho pensato molto e ho scritto sul foglio quello che naturalmente è uscito. Credo che esistano canzoni nate per essere cantate in inglese e questa era una
di quelle.
Questa canzone tratta in maniera abbastanza diretta la volontà di innamorarsi ancora, forse la necessità di farlo per poter completare ciò che potremmo essere. Nonostante al giorno d’oggi si promuova l’amore in ogni modo e in ogni circostanza, esistono ancora dei blocchi, talvolta creati dalla società e talvolta da noi stessi, che limitano questo sentimento con il rischio di farlo diventare uno sconosciuto da cui stare lontani.

Hai partecipato alle audizioni per Sanremo Giovani. Com’è stata questa esperienza e cosa ti ha insegnato?

Essere selezionato tra i 68 finalisti del festival con un brano interamente scritto da me ed esibirsi davanti alla commissione presieduta da Claudio Baglioni mi ha dato una grande carica ed una immensa energia perché è stata un’importante conferma, visto che il brano presentato è stato valutato su una proposta iniziale di 650. Purtroppo i posti a disposizione erano soltanto 8, ma ci riproveremo.

Hai progetti futuri?

Sicuramente il prossimo step sarà l’album per il quale ho già materiale scritto e non vedo l’ora di iniziare a lavorare.

Da gennaio conduci insieme a Mara Bosisio e Andrea La Greca il programma TV Arrivano i nostri 3.0 in onda su Vuemme. Cosa ti aspetti da questa nuova esperienza?

Non sono mai stato un fan delle aspettative, credo sia più fruttuoso pensare a fare le cose con passione ed energia positiva.

Il programma che co-conduco tutti i giorni su Vuemme (canale 88 del digitale) con Mara ed Andrea ha una bella carica e ci permette di essere liberi di esprimerci al meglio mentre presentiamo, alla maniera dei Vee-Jay, i brani musicali uno dopo l’altro.

Come ti vedi fra circa 20 anni?

Mi piace molto rispondere così: “Da qualche parte, su un palco, nel mondo” 😉

Tutte le esperienze che hai fatto ti hanno cambiato in qualche modo o sei rimasto lo stesso ragazzo di prima?

C’è stato un periodo che mi sono accorto che stavo cambiando in peggio, una sensazione strana alla quale sapevo già che non mi sarei mai abituato e che grazie anche ad alcuni amici ho abbandonato celermente. A parte questa parentesi credo che il cambiamento sia fondamentale nella crescita di ciascuno, l’importante che sia rispettoso per sé e per gli altri.

Cosa consiglieresti ai giovani che vogliono intraprendere una carriera musicale?

Sebbene al giorno d’oggi il talent sembra essere l’unica via per la veloce ascesa c’è anche da dire che un NO ricevuto alle selezioni di un programma televisivo di portata nazionale può azzerare l’autostima o fare allontanare dalla musica per sempre. Ecco perché il mio consiglio è sempre quello di non snobbare la famosa gavetta artistica, facendo tutti gli step necessari per arrivare il più possibile preparati al maggior numero di eventualità che il mondo ci può mettere davanti, dopotutto siamo le esperienze che viviamo.

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