Del: 1 Febbraio 2018 Di: Gaia Lamperti Commenti: 1

In un mondo di uomini come quello del profondo Messico post-rivoluzionario del XX secolo, una donna, una di quelle che hanno lo sguardo arrabbiato con il proprio destino, riesce ad imporre, non senza difficoltà, un’idea tutta nuova di femminilità, indipendenza e forza.
Questa donna è Frida Kahlo, artista trasformata subito in un modello femminile di riferimento, mai attuale come oggi, che afferma il proprio valore in una società maschilista conservatrice, e lo fa attraverso la sua arte. Gesto rivoluzionario che le permette al contempo di confrontarsi con i miti sgretolati della tradizione preispanica e con un’identità di genere ancora tutta da affermare nella sfera pubblica.

È questo che la mostra “FRIDA KAHLO. Oltre il mito”, promossa dal Comune di Milano-Cultura con 24ORE Cultura, si propone di condensare al MUDEC di Milano; frutto diretto di oltre 5 anni di studio e preparazione sulla figura della pittrice messicana che portano finalmente alla luce le ultime preziose scoperte di Casa Azul (la dimora-studio di Frida e suo marito Diego Rivera).
Da oggi, 1 febbraio, al 3 giugno 2018 infatti, saranno esposte oltre 200 opere, fra cui una cinquantina di dipinti, alcuni disegni, svariate lettere ed altri materiali d’archivio inediti portati in Italia per la prima volta.

L’allestimento pulito ed ordinato accompagna il visitatore in sale molto ampie che giocano con i colori, ma mai troppo per non oscurare quelli degli sgargianti quadri di Frida. Ritratti iconici, come La colonna spezzata, Diego nella mia mente e Autoritratto con scimmia, scandiscono un percorso espositivo arricchito da fotografie storiche e spezzoni di video.

L’obiettivo dichiarato è quello di un racconto inedito e allo stesso tempo molto intimo, che, per una buona volta, vada a demolire il mito, l’icona pop che tutti noi conosciamo.

“Un’artista irrimediabilmente ingoiata dal mito” l’ha definita il curatore Diego Sileo che, superando la nota vicenda biografica, ha voluto affrontare in maniera più puntuale e approfondita la carriera artistica e focalizzarsi sulla donna artista.
Per farlo l’esposizione, ha scartato un approccio cronologico e ne ha privilegiato uno tematico suddiviso in quattro macro sezioni.

La prima, Donna, scandaglia il lessico che Frida, in consonanza con quello che accadeva nei suoi anni, aveva costruito per interpretare la realtà e la sua storia personale. Lo spudorato manifesto del proprio corpo, in maniera a volte rivoluzionaria a volte provocatoria, fu l’arma per affermarsi; il gesto attraverso cui consegnarsi agli occhi del pubblico, come vittima sacrificale e, contemporaneamente, carnefice di se stessa. Da qui la scelta predominante del ritratto.

In Terra, invece, sono sottolineati i rimandi di tipo storico, etnico e geografico, componenti essenziali per l’artista che soffriva terribilmente quando si trovava lontana dall’amato Messico. Le sue opere non si staccano mai da un’innegabile matrice sociale e culturale usata come valore identitario e raccordo con le proprie radici.

Si prosegue con la sezione Politica, preponderante nella sua arte, non perchè serva di qualche ideologia di potere, ma piuttosto per la stessa natura di irrisolta protesta e opposizione, che rispecchiava in pieno la vita attiva e militante dell’artista iscritta tra le file del Partito Comunista.

Ed infine il Dolore che tristemente, come spesso accade, è la migliore fonte di arte. Una vita breve, segnata da un tremendo incidente a soli 18 anni, un amore malato, svariati tradimenti e tre aborti non poteva portare che tanta sofferenza.

La pittura diventa una strategia per esternare questo dolore, tanto personale quanto traslato all’intera umanità: l’osservatore viene trascinato negli stessi tormenti, riconoscendosi in essi per crudezza ed immediatezza.

L’arte di Frida Kahlo non lascia indifferenti, ipnotizza, mette a disagio, imbarazza quasi, con arrogante sfrontatezza.
Dolore che però, allo stesso tempo, viene superato con una resilienza che ha dell’eccezionale. Infatti, è piuttosto nelle lettere private, scorcio intimo sulla personalità di Frida, che emergono la sua instancabile capacità di risollevarsi, il desiderio incontenibile di fare arte e il grande amore per la vita, costantemente celebrata al suon di “Viva la vida!”

La mostra ha anche dato vita ad un intero palinsesto di conferenze ed iniziative legate al Messico e al panorama storico-culturale che ha influenzato l’artista, per un’immersione davvero totale nel suo universo. Gli incontri coinvolgeranno il personale scientifico del museo e lo staff di 24ORE Cultura rispondendo al disegno del MUDEC di ampliare l’esperienza museale a 360 gradi, tattica che, peraltro, si è rivelata vincente visto il recente raggiungimento del milione di visitatori a soli due anni dall’apertura.

Direttamente connessa a questa esibizione ne è stata avviata un’altra “IL SOGNO DEGLI ANTENATI” che, ponendosi in stretto dialogo con quella di Frida, la integra proponendo precisi rimandi iconografici con gli oggetti di matrice mesopotamica o precolombiana già facenti parte della collezione permanente del museo. Un’idea finalizzata a comprendere meglio gli elementi fondanti la pratica e la poetica dell’artista ma, allo stesso tempo, a riscoprire come l’arte primitiva abbia avuto risvolti determinanti nella contemporaneità, in particolar modo nella costituzione identitaria di una nazione post-rivoluzionaria come il Messico di primo Novecento.

Durante la conferenza stampa tutto questo è stato definito come “il progetto più importante in cui il MUDEC si sia impegnato fino ad ora”, che vede già 80mila prenotati ancora prima dell’apertura ufficiale e che ha indubbiamente rappresentato per la struttura museale una grossa crescita dal punto di vista scientifico.

Per ulteriori informazioni si rimanda al sito del museo.

Gaia Lamperti
Studentessa di lettere moderne. Ho il vizio di comprare voli low-cost quando mi annoio. Sono per il buon rock, i locali chiassosi, i pomeriggi al mare, le menti fresche e gli animi caldi.

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