Accantonate tutto ciò che vi è rimasto delle ultime edizioni del talent di cucina più famoso al mondo. Accantonate la precedente stagione, ossia la 6a, quella dei fenomeni, con il suo vincitore che, avendo letteralmente dominato in quasi tutte le prove, ha reso il finale di stagione un po’ troppo prevedibile. Accantonate la 5a stagione, quella dei sorrisi, dal clima di festa nella cucina, dell’amicizia tra Lorenzo e Mattia e dell’amore (?) tra Lorenzo ed Erica, la vincitrice. Accantonate tutto ciò, e prendete in mano l’attuale stagione, la 7a.
Troverete concorrenti fragili psicologicamente, tormentati da dubbi, nonché una miriade di passi falsi e strategie sbagliate. Simone Scipioni, il 20enne di Montecorsaro, sembrerebbe uno dei papabili vincitori di questa edizione. Tuttavia, il suo carattere estremamente introverso e la sua diffidenza potrebbero essere di ostacolo verso l’ottenimento del titolo di 7° Masterchef italiano.
Quindi, si ha un perfetto clima di incertezza, nessuno effettivamente spicca in tutto e per tutto e chiunque potrebbe essere eliminato (come si è visto la scorsa puntata per Italo, il 74enne ex pilota, reduce da buone prove e caratterizzato, a differenza degli altri, da una fortissima personalità).
Le critiche sul web sono state copiose verso la stagione in corso, definita da molti come la peggiore di sempre, proprio a causa dei concorrenti.
Ma è veramente così? Guardando in altri settori dell’intrattenimento, la presenza di persone di questo tipo si ritrova anche in libri, film e serie TV estremamente famosi. Dal grande pentolone di opere letterarie di questo stampo, una delle più pregevoli è sicuramente Gente di Dublino di James Joyce. I protagonisti dei vari racconti sono ben lontani dall’essere impavidi, ottimisti e carismatici. Ciò che ha fatto dell’opera di Joyce un successo è ritrovabile nell’immobilismo sociale che attanaglia i personaggi. Il loro atteggiamento è di sconforto verso i muri innalzati dalla società irlandese del tempo, nonché di un continuo timore verso ciò che li circonda.
Rimanendo nel Nord Europa, ma passando dalla lettura alla cinematografia, potremmo benissimo parlare di Trainspotting, film cult del 1996. Tutto è prettamente incentrato sulle vicende di Mark Renton e compagni, un gruppo di eroinomani che non trova affermazione se non facendosi. Non solo in loro, ma nell’intero film sembra impossibile scovare personalità realizzate.
Trattando invece dell’incertezza sulle vicende, non si può non pensare a Game of Thrones. La serie cult prodotta da HBO, infatti, presenta numeri da capogiro dalla sua prima messa in onda fino alla settima e attuale stagione.
Come riporta il Tempo, in un articolo del 18 luglio 2017, il primo episodio sottotitolato dell’ultima stagione ha registrato “una media di quasi 230mila appassionati (dati Auditel, Live+Vosdal), con lo share del 15,1%, che ha fatto di Sky Atlantic HD il canale più visto in Italia durante la messa in onda notturna del debutto di stagione”.
Il segreto di tale successo? La vulnerabilità dei protagonisti e dei personaggi tutti. Nessuno in questa serie può sentirsi salvo e/o invincibile, nessuno ha la bacchetta magica per riuscire a sbrogliare qualsiasi tipo di situazione, nessuno è un perfetto stratega con l’appoggio di tutti coloro che gli stanno attorno. Dopotutto, “all men must die” è il motto che accompagna l’intero susseguirsi degli eventi.
Come per le serie TV e le opere letterarie, anche per i talent non avere certezze o forti personalità può contrubuire a rendere il tutto più avvincente ed interessante. Oltre al proseguimento delle varie sfide, non è da escludere la presenza di una maturazione personale di ognuno dei concorrenti. Maturazione che, volendo, può essere d’ispirazione anche agli spettatori.