
Vita lavorativa e vita sociale non dovrebbero mai confluire insieme. Dove c’è una non può esserci l’altra, e viceversa.
È importante dosarle, dando ad entrambe un buon grado di soddisfazione. Una soddisfazione alimentata anche dal fatto che ciò che avviene sul lavoro è, e dev’essere, concernente al lavoro stesso. La sfera privata è una campana di vetro intoccabile, sia dai colleghi che dal capo.
Per questo ciò che è accaduto in Giappone pochi giorni fa ha dell’incredibile, testimoniando un sempre maggior declino dei contatti umani nel paese del Sol Levante.
Il Corriere della Sera riporta la notizia di una donna giapponese, lavoratrice in un asilo nido, rea di essere rimasta incinta in un periodo della sua vita non gradito dal datore di lavoro. Niente licenziamento, ma la coppia ha dovuto chiedere umilmente scusa al datore di lavoro. Stessa sorte toccata ad una dipendente di un negozio di cosmetici, di 26 anni, che avrebbe dovuto aspettare i 35 per poter mettere alla luce un bambino.
Il Giappone trema. Lo fa per una possibile concretizzazione del fenomeno della “gravidanza a comando” delle donne lavoratrici.
Trema per l’ennesimo mattone che potrebbe rendere sempre più salda quella che è, a tutti gli effetti, una vera e propria distopia, per quanto riguarda le relazioni umane e, soprattutto, la vita affettiva, con effetti disastrosi sulla natalità.
La particolarità è che i motivi che arrecano tale danno al paese nipponico sono concatenati assieme come in una gigantesca legge causa-effetto.
Si parte da un dato raccapricciante: il Giappone, con i suoi 16.7 abitanti ogni 100000, è il Paese appartenente al cosiddetto “primo mondo” con il più alto tasso annuo di suicidi.
La maggior parte di essi sono dati dall’elevatissima competitività che vige e permea gli ambienti non solo lavorativi, ma anche scolastici.
Proprio dagli ambienti lavorativi ci si allaccia al problema della scarsa vita sociale, in particolare quella amorosa.
Gli orari di lavoro massacranti, contornati anche da ore di straordinari ugualmente durissimi, non lasciano spazio per nient’altro.
Come riporta La Stampa, in un articolo del 17 dicembre 2017:
il 60% delle donne giapponesi afferma di non sentirsi abbastanza riposate, mentalmente e fisicamente, per intraprendere un renai (una relazione amorosa). Le donne devono competere con gli uomini sullo stesso piano, ovvero omologarsi alla schiera dei salarymen con l’obbligo di straordinari che rendono nullo qualunque altro impegno o hobby extra-ufficio, incontri romantici compresi.
I giovani, invece, reputano il sesso come noioso, tanto che si è andata ad affermare la cosiddetta sekkusu shinai shokogun, ossia la “sindrome del celibato”. Il roboante stacanovismo è il principale motivo di questo morbo.
Moltissimi giovani ripudiano la vita amorosa poiché, a detta loro, distoglierebbe dalla carriera.
La tecnologia interviene ad affossarla maggiormente, concedendo alle generazioni future materiale alternativo, come videogames, pornografia, manga a sfondo erotico e, dulcis in fundo, bambole per copulare.
Le ultime righe potrebbero aver scatenato il riso di qualche lettore, ma la situazione rimane drammatica.
Il paese del Sol Levante è il più anziano del mondo, dove si stima che, entro il 2060, gli ultrasessantacinquenni costituiranno il 40% della popolazione totale. Non solo: il tasso di natalità è uno dei più bassi al mondo; nel 2015 corrispondeva a 1,46 nascite per donna.
Più che campanelli d’allarme, delle vere e proprie trombe da stadio.
Il governo nipponico ha cercato di arginare il problema con alcune procedure, a cominciare da una presa di posizione circa l’asfissiante lavoro, principale responsabile della situazione.
In primo luogo, quella di creare ambienti di lavoro favorevoli, che stimolino la felicità dei cittadini, con ricompense verso datori di lavoro che riescano a concedere una vita normale ai loro dipendenti.
Per i salarymen, invece, si pensava ad una riduzione degli orari di lavoro e ad un maggior ammorbidimento degli straordinari, anche qui in modo da incentivare la vita sociale.
La “Premium Friday Campaign” è uno degli elementi introdotti dal governo nipponico in ambito lavorativo, consistente in un premio di 28 dollari, e una drastica riduzione dell’orario di lavoro del venerdì, per tutti i dipendenti che lo desiderino.
Nell’ambito della vita di famiglia, il premier Shinzo Abe si è impegnato a migliorare i servizi per l’infanzia e a proporre incentivi fiscali per le coppie con figli. L’obiettivo è quello di portare il tasso di natalità dall’attuale 1,4% a 1,8%.
Con le giuste strategie ed uno strangolamento dello stacanovismo e alla mania di competitività, ciò potrebbe essere possibile, dando respiro ad un paese troppo dedito al lavoro.