Foto di David Heald e Carlotta Coppo
16 opere, 13 artisti contemporanei e un filo conduttore, quello geografico, ad unire tutti i loro sguardi. Questo, in sintesi, Una Tempesta dal Paradiso: Arte Contemporanea del Medio Oriente e Nord Africa, esibizione inaugurata oggi e che fino al 17 giugno resterà nelle sale al piano terra della Villa Reale, sede della Galleria d’Arte Moderna. Nei fatti però, è molto di più.
Si tratta infatti, di un variegato gruppo di voci artistiche impegnate a far emergere le problematiche più impellenti delle regioni che hanno subito alcuni dei mutamenti più radicali dell’ultimo secolo.
Si tratta di una sfida, in particolar modo per il museo Solomon R. Guggenheim di New York e UBS — organizzatori dell’esposizione — ma anche per l’arte contemporanea in generale, nel porsi come strumento di confronto sui punti più fragili e complessi della nostra contemporaneità.
Si tratta infine di un’azione di integrazione che, in un periodo in cui l’affermazione dell’identità è diventata così ossessiva, rende una mostra veramente internazionale, con una novità di sguardo estesa anche ai territori che tradizionalmente non hanno trovato grande rappresentazione nel mondo dell’arte europeo.
Il titolo, tratto da una delle opere esposte di Rokni Haerizadeh, cita a sua volta un saggio del filosofo tedesco Walter Benjamin e tocca i due elementi principali della mostra: la potenza e la delicatezza.
Gli artisti infatti, tutti provenienti dal Medio Oriente o dal Nord Africa, propongono idee forti e stimolanti per riflettere su queste zone di instabilità politica e sociale ma, allo stesso tempo, lo fanno con metafore poetiche che solo la più fine arte riesce a raggiungere.
Si apre così un dialogo fra il presente del nostro tempo ed il passato che lo ha determinato. Il tutto alla ricerca di verità nascoste, di prospettive non scontate, di spiegazioni non ancora trovate.
Le opere esposte, che vanno da lavori su carta e fotografie a installazioni e video, mettono in dubbio le verità oggettive, la loro capacità di cogliere adeguatamente le realtà sociali del nostro mondo. Idee che sfidano le opinioni apertamente politicizzate e stereotipate su queste regioni e sulla loro storia.
Nel suo insieme, il progetto si può definire interdisciplinare, perché spazia da storia e filosofia a scienza e geometria, esplorando temi come il passato coloniale, la migrazione dei popoli, l’impatto della globalizzazione e della gentrificazione.
A cura di Sara Raza, con la collaborazione di Paola Zatti e Omar Cuccinielo, la mostra dà il via all’annuale Art Week ed è l’ultima delle 8 mostre internazionali di MAP Global Art Initiative, un progetto lanciato nel 2012 volto a promuovere un concetto di arte globale.
Un connubio di arte e attualità che forse, sulla via del confronto internazionale, può essere, se non la, almeno una delle risposte ad un mondo complesso ed instabile.