Del: 31 Maggio 2018 Di: Gaia Lamperti Commenti: 1

A fine Ottocento, mentre l’impero ottomano declinava inarrestabilmente e le potenze europee si disputavano l’egemonia nel Medio Oriente, un’effervescenza culturale ed intellettuale attraversava le migliori menti della società arabo-islamica. Si trattava di quel fenomeno che viene ricordato come nahda, letteralmente “rinascita”, una realtà molto composita di nuove idee, atteggiamenti mentali e azioni politiche che rinnovarono in modo decisivo il pensiero arabo. La nahda si manifestò su molteplici livelli: con un grande sviluppo del giornalismo (in particolare in Egitto, autentico centro della stampa araba), una rifioritura dell’editoria mediorientale, la creazione di nuove associazioni culturali e la fondazione delle prime università moderne (al Cairo e a Istanbul).
È in questo ambiente di grande rinascita e vivacità culturale che si inserirono nuovi attori sociali, in primo luogo nel mondo femminile.

Appassionata portavoce del movimento in difesa dei diritti delle donne e attivista per la loro emancipazione nel mondo arabo fu Huda Sha’rawi, un’instancabile pioniera del femminismo egiziano che avviò personalmente con innumerevoli azioni, discorsi e scritti.

Figlia del primo fautore del costituzionalismo egiziano, Mohamed Sultan Pascià, meglio conosciuto come “Re dell’Alto Egitto” per il gigantesco latifondo che possedeva in quella regione, Huda nacque nel 1879 ad Al-Minya.
Dopo aver perso il padre all’età di cinque anni, trascorse l’infanzia relegata in una casa di donne, essenzialmente un harem senza padrone, tuttavia questo non le impedì — quale abbiente e privilegiata donna egiziana — di ricevere un’educazione délite.

All’età di tredici anni venne obbligata a sposare contro la sua volontà il cugino ultraquarantenne Ali Sha’rawi. Data la grande differenza d’età, per qualche tempo continuò a vivere con la madre, proseguendo gli studi con l’aiuto del fratello, delle altre donne dell’harem e di un’amica francese. Riuscì in questo modo ad acquisire un’educazione molto variegata che spaziava dalla lettura del Corano in arabo, a lezioni di pianoforte; dai fondamenti della cultura persiana e turca, alla scrittura di poesie in francese.

Acuta e ben consapevole della propria ampia formazione, in diverse occasioni Huda stessa affermò sfacciatamente che la sua mente valeva «quelle di dieci uomini messi insieme».

Tornata dopo sette anni presso il marito, mise al mondo due figli nel 1903 e nel 1906.

I suoi primi viaggi in Europa furono sicuramente decisivi per avvicinarla gradualmente, in un primo momento, alla lotta contro l’occupazione britannica. A farle sviluppare sentimenti nazionalistici contribuirono anche il marito e il fratello che la coinvolsero quale fondatrice del partito nazionalista Wafd.
Ben presto però, Huda Sha’rawi si accorse che per liberare veramente l’Egitto non sarebbe stata sufficiente un’indipendenza politica, ma che era necessario un radicale cambiamento sociale.

Fu così che, in risposta alle sparatorie inglesi su uomini e studenti durante le manifestazioni, nel 1919 si decise ad organizzare la prima dimostrazione pacifica di piazza di donne — pur sempre velate — per le strade del Cairo che viene ricordata come “Marcia delle Donne Velate”. Protestavano contro il colonialismo inglese e si opponevano all’esilio forzato dei leader nazionalisti egiziani, tra cui figurava suo marito.

La “Marcia delle Donne Velate” divenne la pietra miliare di una lunga successione di gesti politici clamorosi e segnò una grande svolta nella società egiziana: mai prima di quel momento tante donne si erano impegnate pubblicamente nell’attivismo politico.

Dopo un evento di tale risonanza, le signore dell’Alleanza Internazionale per il Suffragio Femminile la invitarono a partecipare ad una conferenza a Roma nel 1923.
Huda vi andò e di ritorno al Cairo, scendendo dal treno, fece un gesto che la consacrò alla storia: si tolse il velo in pubblico, spontaneamente imitata anche da altre donne presenti.
L’hijab, il copricapo indossato da molte donne musulmane, infatti era un simbolo carico di conflitti ideologici. Sia i suoi sostenitori che gli oppositori tendevano ad assegnargli un significato assoluto ed essenziale, in positivo o in negativo. Sha’rawi, nel suo atto allora radicale di scoprirsi il capo, rimosse una barriera simbolica, quella che separava le donne arabe dalla vita pubblica.

Seguì a breve la fondazione per sua iniziativa dell’Unione Femminista Egiziana (UFE), affiliata all’Alleanza Internazionale, di cui occupò la presidenza.Fa indubbiamente riflettere il fatto che, alla creazione di questo organo, ancora non esisteva un equivalente per la parola “femminismo” in arabo; per questa ragione Huda si trovò costretta ad usare il francese féminisme, tradizionalmente la lingua delle classi più colte.
L’UFE divenne il fulcro delle attività femministe in Oriente, in particolare prestandosi come sede di numerosi interventi politici, economici, sociali e culturali. Fra le sue battaglie si ricordano l’azione sostenuta per affidare la tutela dei figli alla madre nei casi di divorzio, e l’aver proibito i matrimoni combinati prima dei sedici anni.
Nell’attività dell’organizzazione vennero coinvolti anche molti uomini colti — la maggior parte amici di suo marito e suo fratello — che giovarono al movimento favorendo la creazione di un Comitato Speciale di consiglieri. La stessa casa di Sha’rawi, ribattezzata per l’occasione La Maison de l’Egyptienne, divenne un punto d’incontro per i personaggi della scena culturale e politica avviata dall’UFE.
In seguito Huda, da sempre appassionata scrittrice, decise di fondare una rivista egiziana in lingua francese, L’Egyptienne con una relativa versione in arabo, al-Misriyya, creando un vero e proprio strumento di informazioni attendibili che collegasse Oriente e Occidente.

Anche nella fase postcoloniale (l’Egitto ottenne la sua — formale — prima indipendenza nel 1922) e poi per tutta la metà del XX sec., Huda proseguì con la sua attività femminista di cui vengono ricordati i discorsi pubblici e l’attiva partecipazione politica.
Fu lei a guidare il picchetto di donne egiziane all’apertura del Parlamento nel gennaio del 1924 e ad inviare una lista di richieste femministe e naizonaliste, tristemente ignorate dal governo.
Nel 1945, Sha’rawi ricevette la massima decorazione dallo stato egiziano, il Nishan al-Kamal, per i servizi resi al paese.

La lotta ostinata contro qualsiasi tipo di occupazione e sopruso la spinse a rappresentare anche gli altri paesi arabi ed africani nelle conferenze in tutto il mondo dell’Alleanza Internazionale. Fra questi, negli anni Quaranta, si prestò in rappresentanza e in difesa del popolo palestinese e appoggiò la creazione della Lega dei Paesi Arabi.
Huda fu vittima di un infarto a 68 anni, nel 1947.

Il femminismo di Huda Sha’rawi fu controverso e scatenò non poche polemiche.

Per esempio, non abbandonò l’Islam ma agì all’interno di esso perchè, tra le altre tensioni, dovette difendere il suo movimento dall’accusa che fosse occidentalizzato (e pertanto non autentico). Mantenere l’elemento religioso quindi si tradusse in una maggiore presa e legittimazione agli occhi dell’opinione pubblica araba.
Chiaramente il suo attivismo va storicizzato nel contesto di lotta anti-coloniale e anti-imperialista in cui si trovava l’Egitto nella prima metà del XX secolo; vedeva infatti la lotta nazionale per l’indipendenza del suo paese e quella per l’emancipazione delle donne come strettamente interdipendenti.
Sha’rawi resta comunque un contributo chiave per lo Stato egiziano moderno e per tutte le femministe arabe contemporanee. Anche se solo alcune delle sue lotte furono effettivamente vinte, gettò sicuramente le basi per i successivi avanzamenti da parte delle donne egiziane e rimane tuttora la portabandiera del loro movimento di liberazione.

Gaia Lamperti
Studentessa di lettere moderne. Ho il vizio di comprare voli low-cost quando mi annoio. Sono per il buon rock, i locali chiassosi, i pomeriggi al mare, le menti fresche e gli animi caldi.

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