Del: 16 Maggio 2018 Di: Francesca Rubini Commenti: 0
Visita (inconsueta) al salone internazionale del libro di Torino

Quante volte ancora uno studente di lettere, propenso ad avvicinarsi al mondo editoriale, si sentirà dire da chiunque, anche e soprattutto da chi non ha nessun tipo di esperienza diretta nel campo, che oggi «l’editoria è morta»?
Di certo, chi in questi giorni ha seguito le notizie relative alla 31esima edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino potrebbe aver avuto un’impressione ben differente. Si parla, infatti, di circa ventimila visitatori nella giornata di apertura, sabato 12 maggio, tanto che per un’ora la biglietteria è stata costretta a chiudere per smaltire il flusso di visitatori, prima di dare la possibilità di entrare a chi ha atteso in coda la riapertura.

Nella giornata di domenica c’eravamo anche noi, che abbiamo visitato il Lingotto con un’ottica un po’ diversa rispetto a quella del classico lettore/visitatore. Lo scopo della nostra visita è stato, infatti, quello di cercare di capire, in particolare attraverso le parole di editori di piccole case editrici, se l’impressione che “chiunque” ha sia basata su dati reali o se si tratti, appunto, solo di una percezione.

È proprio vero che non c’è più spazio per quei letterati che non abbiano la vocazione all’insegnamento, e che vogliano invece seguire le orme di quei maestri delle lettere, come Vittorini e Calvino —tanto per fare due nomi— , che hanno contribuito alla crescita e all’affermazione del settore editoriale italiano?

Le risposte che abbiamo ottenuto sono, in qualche modo e abbastanza sorprendentemente, contrastanti: c’è chi è dell’idea che l’editoria in realtà stia attraversando una fase di transizione, iniziata con la diffusione, timida almeno per quanto riguarda l’Italia, dell’eBook e dei vari hardware nati per supportarlo; c’è chi è dell’idea che le nuove generazioni di lettori siano distratte da quel mondo sociale che ha fatto sì che, in quei momenti della giornata in cui solitamente si occupava il tempo leggendo un buon libro, oggi si preferisca controllare le notifiche su Facebook, o postare una foto su Instagram; c’è chi, al contrario, non è per nulla d’accordo con questa affermazione e che, anzi, la considera una falsa credenza, perché convinto che ci siano ancora ampi momenti dedicati alla lettura, come un viaggio in treno o in spiaggia sotto l’ombrellone; c’è chi poi, più tristemente, può affermare attraverso la propria esperienza che per le piccole librerie diventa sempre più difficile competere con le grandi librerie commerciali, o i molteplici siti di e-commerce.

Un pizzico di speranza ci è stato infuso da un editore pugliese di una piccola casa editrice che pubblica libri di poesia, la Pietre Vive Editore. Quando gli abbiamo posto la fatidica domanda, lui ci ha guardato con un’espressione tra il sorpreso e il discorde, spiegandoci come a suo parere l’editoria non sia morta, ma sia solo diventato un lavoro che, rispetto al passato, richiede ancora più intraprendenza, passione e desiderio di proporre qualcosa di nuovo e valido. Molto onestamente, ha aggiunto: «Finora non ho nessun debito, quindi non sento di aver fallito». Secondo la sua esperienza, però, non si può vivere agiatamente solo facendo il piccolo editore, ma è importante sapersi dare da fare e occuparsi di più iniziative.
Abbiamo interrogato anche una poetessa in erba, Elena Zuccaccia, che proprio con il nostro editore pugliese ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie Ordine e mutilazione (2017). Anche lei ci ha confermato ciò che, oramai, alla fine del giro avevamo cominciato ad intuire: grazie a tanta perseveranza e impegno si può entrare nel “magico mondo dell’editoria” e, forse, anche riuscire a rimanerci dentro.

Alla fine della nostra visita non abbiamo ottenuto tutte le risposte che cercavamo, ma è certo che questa edizione del 2018 del Salone del Libro di Torino, con tutti i suoi numeri e con tutti i suoi libri, ci ha fatto credere che, forse, una piccola fiammella è ancora accesa.

visita (inconsueta) al salone internazionale del libro di Torino

 

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Francesca Rubini
Vado in crisi quando mi si chiede di scrivere una bio, in particolare la mia, perché ho una lista infinita di cose che mi piacciono e una lista infinita di cose che odio. Basti sapere che mi piace scrivere attingendo da entrambe.