
Giovedì 31 maggio sono andate in onda le due puntate conclusive de La mafia uccide solo d’estate – capitolo 2, serie tratta dall’omonimo film del 2013 diretto e interpretato da Pif (Pierfrancesco Diliberto), che nella serie, come voce narrante esterna, racconta della sua infanzia a Palermo.
La storia della famiglia Giammarresi continua, e si snoda lungo il 1980, uno degli anni più bui nelle vicende legate alla mafia siciliana. Se la prima stagione della serie si era conclusa all’insegna di un vento di speranza, che faceva correre Salvatore Giammarresi giù dalla nave con cui stavano tutti scappando dall’isola, questa seconda inizia con un monito: “L’alba della più sanguinosa guerra di mafia della storia”. La guerra che Salvatore aveva capito di avere davanti, adesso, è raccontata attraverso più occhi, scendendo in profondità nelle vicende personali dei protagonisti della serie: tutti, infatti, in qualche modo, si vedono alternativamente vittime e carnefici, ribelli ma anche compiacenti, della situazione che li circonda.
Con la sua caratteristica leggerezza, La mafia uccide solo d’estate tocca temi sempre caldi e spesso molto delicati.
La raccomandazione chiesta da Pia, madre di Salvatore, apre la serie con il grande interrogativo machiavellico: il fine giustifica i mezzi? È quello che arriveranno a chiedersi tutti, prima o poi, durante queste 12 puntate. A partire dalla appena diciottenne Angela, che si trova ad affrontare una gravidanza non desiderata, che la spingerà ad abbandonare con violenza la sua ingenuità, per farla però maturare e trasformare in una donna forte che non è più disposta a farsi mettere i piedi in testa; passando per lo zio Massimo, che si è invischiato in cose più grandi di lui che, mano a mano, scopre e capisce, provando vergogna e disgusto viscerali per la strada che ha scelto per se stesso; fino ad arrivare allo stesso Lorenzo, il padre di Salvatore, l’uomo integro, onesto, tutto d’un pezzo, che vacilla nelle sue convinzioni quando conosce Marina, la sua copia al femminile.
Tra detti e non-detti, ritorni e anche nuove esplosioni di fiamma, Salvatore adulto racconta degli eventi storici che hanno insanguinato le strade di Palermo: gli assassinii di Piersanti Mattarella, Gaetano Costa e di Cesare Terranova, prede contese nella lotta tra i palermitani e i corleonesi.
In questa lotta, il vincitore sarà Totò Riina, seduto a una tavola imbandita a mangiare ricotta sghignazzando. Emergono, poi, altri “soldati”, come li chiama Pia, che tengono già in conto la possibilità della morte incombente: Giovanni Falcone e Rocco Chinnici. Le vicende storiche si intrecciano a quelle immaginate, ed ecco Mattarella e Lorenzo insieme nell’ascensore, che si scambiano poche parole, qualche giorno prima della sua morte; ecco Costa che celebra il matrimonio di Angela e Rosario, un momento di felicità e gioia in cui il magistrato ricorda a tutti il valore della libertà, preludio, neanche a dirlo, della sua esecuzione in piazza. Saranno proprio queste morti a far capire a tutti, nessuno escluso, che, in guerra, “siamo tutti soldati”.
Per usare le parole di Pif, intervistato da Repubblica:
Si parla di coscienza e soprattutto di coraggio, che è quello che mette in azione la coscienza. Trovo che sia un concetto bellissimo: prima c’era solo la coscienza, ma adesso non si è più soli. Questa serie ha l’ambizione di dare il coraggio che mancava. Il fatto che si possa fare senza rischiare la vita vuol dire che le cose sono cambiate, e raccontare la mafia smitizzata è un trionfo. Non è solo un successo professionale, noi stiamo contribuendo culturalmente a sconfiggere la mafia: più ragazzi ci saranno a guardare questa serie, più cresce la speranza per il futuro. […] È quell’esame di coscienza che non ci siamo mai fatti. La famiglia Giammarresi siamo noi, non solo palermitani, ma noi italiani, con tutti i nostri difetti, compromessi, ambizioni, contraddizioni.