Del: 26 Giugno 2018 Di: Angelica Mettifogo Commenti: 0

«La storia non è altro che una costante interrogazione dei tempi passati in nome dei problemi, delle curiosità e persino delle inquietudini e delle angosce, del tempo presente che ci circondano e ci assediano» Fernand Braudel

La storia può essere pensata come successione diacronica di eventi separati geograficamente; come un insieme di fatti, alcuni più determinanti di altri, accaduti nel passato. Oppure, il più delle volte, viene considerata come un processo “a blocchi”, in cui lo svolgimento è chiaro solo finché si rimane all’interno del confine, ma che si fa più confuso quanto più si cerca di mettere in relazione, tra di loro, questi blocchi. In generale pare essere qualcosa che riguarda il passato, non noi.

La sfida di Fernand Braudel è proprio sfatare questi miti. Uno dei più importanti storici contemporanei, nonché uno dei principali esponenti dell’École des Annales, erede dei pensatori e fondatori Marc Bloch e Lucièn Fevbre, egli sostiene e propone come necessaria una rivisitazione profondamente innovativa della ricerca storiografica tradizionale.

I sostenitori di questo nuovo metodo — la cosiddetta Nouvelle Histoire — pensano alla storia come un racconto globale, che sappia fornire una visione completa del mondo in modo tale da consentire a chiunque vi si approcci di immergersi in un contesto ben preciso, così che sia veramente possibile comprenderlo. La storia deve dunque aprire i suoi orizzonti alla sociologia, all’economia, alla politica, all’antropologia, sulla base dell’idea che, come ogni individuo è complesso e molteplice, così è la sua storia; non univoca né isolata ma, inevitabilmente, saldamente e indissolubilmente legata a quella di tutti gli altri individui che popolano e creano questo mondo.

Trascurare l’importanza della storia è grave e pericoloso, ignorare la sua vera natura lo è altrettanto, per questo è indispensabile che questo metodo abbia successo.

Mediterraneo è un libro poetico, dolce, semplice e dilettevole. Si presenta come una raccolta di saggi di Braudel stesso e di alcuni suoi colleghi e vuole avere valore didascalico, nonostante il fatto che per la sua scorrevolezza e la sua delicatezza potrebbe essere adatto anche a un bambino: Mediterraneo, infatti, è un libro che non pretende, con arroganza, di raccontarti la Storia, ma semplicemente ti racconta una storia: la tua.

Racconta la storia delle civiltà del Mediterraneo dalle origini fino al Novecento, procedendo attraverso nuclei tematici essenziali: dalla terra al mare, al commercio, a Roma, a Venezia, alle religioni, alle migrazioni, al turismo.

L’intensità del racconto affascina e abbraccia allo stesso tempo e insieme trasporta lontano, pur rimanendo incentrato su quella casa intima e affollata, su quel cuore pulsante, quella culla ondeggiante che è il mare Mediterraneo.

Sarebbe inutile insistere su come il Mediterraneo appaia il risultato di continui scambi, intrecci, movimenti e migrazioni, così come potrebbe sembrare addirittura ridicolo ribadire quanto sia importante conoscere la sua storia, se però non fosse necessario farlo.

Ognuno, da Mediterraneo, tragga ciò che vuole.  La conclusione che io ho tratto e per la quale consiglio a tutti di leggere questo libro può sembrare quasi banale, elementare, ingenua, ma sento indispensabile trasmetterla: un libro di questo tipo è fondamentale perchè cambia la visione che noi abbiamo del mondo. Osservare il mondo da un’ampia prospettiva, pensare al Mediterraneo, ombelico del mondo, come qualcosa di unico e allo stesso tempo vibrante, complesso e dinamico; guardarlo dall’alto come qualcosa di non naturalmente diviso né per confini, né tantomeno per “razze” — quanto è triste, ancora oggi, dover usare questo termine vuoto perchè ancora radicato — né per etnie evita conflitti e scontri tra civiltà. È banale, sì, ed è talmente elementare che stupisce che non sia scontato per tutti.

Se proviamo a staccarci un attimo dalla contingenza e a guardare le cose dall’alto, vediamo che il mondo in cui viviamo, per come appare ai nostri occhi, è solo frutto di una rielaborazione del tutto personale di tutte le informazioni che il nostro organismo ha raccolto e memorizzato da quando siamo nati a questo istante, ovvero è una rielaborazione del tutto personale della nostra storia: non nel senso che ci inventiamo arbitrariamente come stanno le cose, ma nel senso che sulla base del  nostro vissuto sommato alle pochissime — relativamente al Tutto — testimonianze oggettive che riusciamo a reperire e a dimostrare scientificamente come vere e certe, ci costruiamo una visione del mondo che dipende, unicamente ma non semplicemente, da come queste testimonianze vengono unite tra di loro.

È qui che avviene il passaggio cruciale, motivo per cui credo che la lettura di Braudel sia indispensabile: il nostro modo di pensare il mondo determina il nostro modo di agire nel mondo.

La cultura forse non ci rende immortali. I conflitti esisteranno sempre, probabilmente, perché credo che facciano parte, anche questi, della complessità dell’uomo.

Ciò che può svanire, invece, è l’idea che esistano delle divisioni “naturali” e che la storia di un singolo (individuo, gruppo, paese, continente) sia distinta dalla storia degli altri, e che la responsabilità della situazione del presente del singolo (individuo, gruppo, paese, continente) sia imputabile al singolo stesso e non al risultato semplice e naturale della relazione della complessa storia tra il singolo (individuo, gruppo, paese, continente) e tutti gli altri.

Un libro come questo ci aiuta a capire come orientarci e a trovare un equilibrio nella complessità del mondo, un mondo visto dall’alto in cui noi, il nostro spazio e il nostro ego veniamo ridimensionati rispetto a tutto il resto.

La cultura forse non ci rende immortali, ma ci aiuta a sopravvivere, anzi, a vivere meglio e una visione globale e approfondita del mondo come quella proposta da questo libro aiuta a difenderci e avrebbe aiutato a difendere quelle — tra le innumerevoli— 629 persone che per giorni e notti hanno visto il Mediterraneo non come una casa, ma come una potenziale tomba.

La cultura è l’unica arma, l’unica davvero alla portata di tutti, che può salvarci e che deve essere difesa e impugnata con forza, oggi più che mai.

Angelica Mettifogo
In bilico tra tutto quello che voglio fare e il tempo che ho per farlo. Intanto studio filosofia.