Un quadro di Banksy si è autodistrutto.
Il 6 ottobre, la casa d’aste britannica Sotheby’s ha messo all’asta La bambina con palloncino, un quadro dello street artist Banksy, la cui vera identità è tuttora un mistero. Ad aggiudicarsi l’opera, un anonimo acquirente telefonico (secondo alcuni, con il senno di poi, lo stesso Banksy), per la cifra da capogiro di 1 milione e 42 mila sterline, circa 1,18 milioni di euro. Senonché, non appena il martello del battitore ha battuto il “Venduto!”, il quadro si è autodistrutto.
In pieno stile Mission Impossibile, metà del quadro è uscito dalla cornice, tagliuzzato in tante striscioline come se fosse passato in un tritacarte.
La folla, già stupita per il prezzo quasi da record che aveva raggiunto la vendita, è rimasta esterrefatta a fissare il quadro suicida.
La sera stessa, l’account Instagram di Banksy ha rivendicato l’operato, con un post che recitava semplicemente “Going, going, gone…” e la fotografia del quadro distrutto. Non finisce qui: il giorno dopo, Banksy rivela al mondo, tramite un video sullo stesso social, che il progetto era iniziato anni fa, quando aveva messo il quadro in cornice, e aveva nascosto nella stessa un tritadocumenti, “in case it was ever put up for action”. Come descrizione alla foto, una citazione di Picasso: “The urge to destroy is also a creative urge”, anche l’urgenza di distruggere è un’urgenza creativa.
Immediatamente, sono iniziate infinite speculazioni sul nuovo valore dell’opera.
Infatti, se in un primo momento è prevalso lo shock per un quadro venduto a più di 1 milione di euro che sembrava ormai carta straccia, subito dopo è stata Sotheby’s stessa a sostenere che, forse, l’atto stesso di distruzione del dipinto ne avrebbe in realtà aumentato il suo valore, se non altro per il fatto che è il primo quadro che si distrugge spontaneamente una volta venduto.
Tuttavia, ancora più interessanti del mero valore economico dell’opera e di come questo si sia trasformato, sono le speculazioni sul messaggio che Banksy ha voluto mandare con questo suo gesto, amplificate ancora di più dal fatto che la premeditazione non è di giorni né di mesi, bensì di anni.
L’artista, infatti, con le sue opere si è sempre schierato in modo netto contro la società contemporanea, le sue contraddizioni e i suoi errori. Parlando della precarietà della condizione umana attraverso i suoi graffiti, Banksy non si è mai fatto problemi a lasciarsi identificare quale detrattore della mercificazione dell’arte e del collezionismo fine a se stesso. Nella sua ottica, l’arte che noi vediamo è elitaria: scelta da pochi, apprezzata da quei pochi stessi e poi resa disponibile al resto del mondo. Per questo, dice, “quando vai in una galleria d’arte sei semplicemente un turista che guarda la bacheca dei trofei di un ristretto numero di milionari”. Da qui, probabilmente, la scelta di disegnare prevalentemente sui muri: sia perché, in questo modo, il disegno è visibile a tutti, chiunque cammini per le strade ne può apprezzare il messaggio; sia perché il disegno su un muro non può essere ritagliato e portato a casa.
La citazione di Picasso riportata su Instagram indurrebbe a pensare, però, che Banksy sapeva perfettamente che l’élite che si occupa dell’arte avrebbe apprezzato ancora di più questo suo gesto, leggendoci uno scavalcamento dell’arte contemporanea e i suoi mezzi. In realtà, letto sotto la luce dell’aspra critica alla società consumista, l’operato di Banksy e il suo quadro per metà integro e per metà distrutto non si interessano del valore commerciale che gli è attribuito.
A chi gli facesse notare che il quadro potrebbe aver perso ogni valore, l’artista farebbe spallucce.
Certo che l’atto di distruggere è un atto creativo, ma l’atto creativo non è mercificabile, il valore dell’opera d’arte non è in alcun modo legato alla moneta. Un quadro valutato più di 1 milione di euro non è in realtà migliore del disegno di un bambino dal tratto incerto solo perché quest’ultimo non ha valore monetario o fama. L’anonimato stesso spiega la posizione ideologica di Banksy: niente fama, niente successo personale. Ciò che conta nella sua arte è il messaggio, la critica al mondo che siamo costretti a vivere. Il valore, poi, sarà assegnato dal singolo che guarda e che prova emozioni davanti all’opera, che coglie quello o altri messaggi sottesi che possono anche sfuggire all’artista stesso.
Un quadro di Banksy si è autodistrutto e tutti i principali giornali si chiedono quanto valga in denaro un quadro distrutto.