L’amica geniale, tetralogia dell’enigmatica scrittrice Elena Ferrante, è stata trasformata in serie televisiva da Saverio Costanzo. La serie sarà articolata su quattro stagioni (una per ogni volume, come omaggio alla struttura narrativa costruita dalla Ferrante), ciascuna costituita da otto episodi o, per meglio definirli, “capitoli”. I primi otto saranno trasmessi su Rai 1 a partire dal 30 ottobre, ma già molto si conosce su quest’attesissima serie: i primi due episodi, infatti, dopo essere stati presentati alla 75° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, sono stati proiettati in anteprima in molti cinema italiani l’1-2-3 ottobre. Da questo breve sneak-peek si è visto che le aspettative elevatissime che aleggiavano su questa produzione non sono state deluse.
La trama è nota a (quasi) tutti i lettori italiani e non: un’ormai anziana Elena (Lenù) Greco, quando viene a sapere che la sua amica di una vita, Raffaella (Lila) Cerullo, è scomparsa facendo perdere le proprie tracce, decide di scrivere del loro rapporto altalenante tra repulsione e devozione reciproca. Mentre Lenù appare intelligente di un’intelligenza diligente e studiosa, a volte timida, a volte determinata a farcela con le proprie forze e sempre umana, Lina è da subito presentata come diversa, cattiva.
Il risultato è un racconto che, non solo ci accompagna attraverso alti e bassi di un’amicizia lunga 60 anni, ma ci offre anche una panoramica sulla Napoli a partire dagli anni ’50.
Una città che freme, si evolve continuamente e continuamente ribolle, come il sangue bellicoso dei suoi abitanti, una città in cui la violenza è cosa quotidiana, e così la mafia, che abita al piano di sopra dell’abitazione delle due protagoniste.
La serie è molto vicina ai libri da cui è tratta, sia per la co-partecipazione di Elena Ferrante alla sceneggiatura, sia per la conservazione della voce fuori campo della Elena narratrice, che racconta e commenta le vicende dal suo punto di vista.
Un casting lungo otto mesi ha selezionato due attrici che portano in scena Lenù e Lila con spettacolare fedeltà. Il risultato è particolarmente sorprendente vista la giovanissima età delle due bambine e il fatto che questo sia il loro esordio nel cinema. Scegliere due bambine non-attrici è stata una precisa richiesta della stessa Elena Ferrante, che spiega: «I bambini attori raccontano i bambini come gli adulti immaginano che dovrebbero essere. Invece i bambini che non sono attori hanno più possibilità di uscire degli stereotipi.»
Il merito più grande della regia è stato saper sfruttare magistralmente i mezzi propri del cinema per rendere ancora più vivi e impressionanti la violenza e il male che dominano il rione in cui crescono le due amiche. Tutto quanto, dipinto dalla penna della Ferrante, che risultava già fortemente d’impatto nei limiti di quanto è in grado di fare la parola scritta, diventa sgradevole e disturbante nella serie, e riesce comunque (o forse proprio per questo) a tenere incollato lo spettatore allo schermo.
Anche l’aspetto del conflitto fra dialetto napoletano ed italiano è stato realizzato in modo impeccabile. Questo dualismo è tanto importante nella storia da poter simbolicamente rappresentare il rapporto fra Lila e Lenù: il dialetto, parlato da Lila, sarà sempre parte integrante di quel mondo duro che è rione e tutta Napoli, ma che è anche una realtà italiana arretrata, da cui Lenù cercherà di evadere attraverso lo studio e una lingua più pulita. I personaggi parlano in dialetto napoletano, reso comprensibile dai sottotitoli in italiano, mentre le uniche voci in italiano standard sono, non a caso, quelle Elena narratrice e la maestra di scuola.
Questi primi due episodi fanno prospettare una serie innovativa e coinvolgente, che soddisferà gli amanti della saga e avvicinerà molti altri all’universo della Ferrante, che è vastissimo e ricco di intelligenti spunti di riflessione su quello che è stato il nostro passato di italiani e, perché no, su quale potrà essere il nostro futuro.
Articolo di Michela La Grotteria