Del: 19 Ottobre 2018 Di: Gaia Lamperti Commenti: 0

Fotografie di Fredrik Lerneryd

Kibera è la più grande baraccopoli di tutta l’Africa. Circa 2,5 milioni di persone, oltre la metà della popolazione di Nairobi, vivono nei 12 villaggi che la compongono. Lo slum circonda tutto il territorio urbano della capitale keniota e lo stesso nome –  foresta” in nubiano – richiama la sua natura selvaggia e inospitale. A Kibera solo due baracche su dieci dispongono di elettricità. Non esistono strutture ospedaliere né amministrazione pubblica mentre epidemie (in particolare l’HIV) e illegalità sono all’ordine del giorno. In una simile realtà, ogni mercoledì pomeriggio, venti bambine e ragazze aspettano con impazienza che Mike Wamaya, il loro insegnante di danza classica, trasformi una polverosa aula di cemento nella sala prove della Spurgeon’s Academy.

In uno sfavillio di tutù dai toni pastello e scarpette di raso, le ballerine si dispongono diligentemente in fila, allungano la mano sulla sbarra (immaginaria) ed iniziano la loro lezione. 

L’iniziativa nasce da One Fine Day e Anno’s Africa, due organizzazioni umanitarie attive in Kenya ed impegnate in progetti educativi artistici per i bambini degli slums. Con attività che spaziano dalla musica alla scrittura creativa, dal cinema alla danza, queste associazioni diventano un vero e proprio diversivo, se non addirittura fonte di speranza, nella vita dei ragazzi che riescono a coinvolgere.

Fredrik Lerneryd, fotografo di origini svedesi con base a Nairobi, ha raccontato questa storia attraverso gli scatti di Slum Ballet, progetto che lo ha impegnato per oltre 18 mesi e che gli è valso la vittoria del primo premio ai Sony World Photography Awards nella categoria Contemporary Issues.

 

 

 

«Ho cominciato a scattare per questo progetto nel 2016, e durante ultimi due anni ho continuato a lavorarci ad intermittenza, tra un lavoro e l’altro. Stavo cercando nuove storie di cui potessi occuparmi per un lungo periodo a Kibera. Volevo mostrare una prospettiva differente dello slum rispetto a quella che viene già ampiamente diffusa. È stato con una lunga ricerca online che ho scoperto le lezioni di danza classica tenute alla Spurgeon’s» ha spiegato Fredrik.

Il ruolo della danza classica nella cultura africana è, quando non del tutto sconosciuto, pressoché inesistente. È stato proprio un contrasto del genere ad attirare il fotografo: «Il balletto, a mio parere, riflette lo stile di vita di una classe abbiente, quindi mi ha sorpreso ritrovare una realtà del genere in un posto come Kibera. Mi ha comunicato la speranza di queste bambine di trovare nella danza sogni e opportunità che le allontanino dalla vita della baraccopoli».

E, in effetti, le ragazze protagoniste delle fotografie appaiono incuranti del suo sguardo, intente ad ascoltare le indicazioni del loro insegnante o concentrate sui passi da eseguire.

«Penso che all’inizio fossero un po’ sorprese da questo ragazzo con la macchina fotografica che continuava a tornare ad assistere alle loro lezioni, ma dopo qualche tempo si sono come dimenticate della mia esistenza».

Alcune delle ballerine ritratte, come spiega Lerneryd, grazie al loro talento sono persino riuscite ad ottenere finanziamenti per trasferirsi da Kibera, frequentare una scuola e ballare in accademie di danza professionale come il Dance Centre Kenya. «Alcune di loro hanno preso parte a Lo schiaccianoci al Teatro Nazionale lo scorso dicembre ed altre sono persino arrivate a studiare negli Stati Uniti. Direi che sono andate abbastanza lontano!» commenta con sincero entusiasmo.

Fra le sue modelle preferite ci sono Elise e Pamela. «Pamela è una delle studentesse che ho seguito per più tempo e anche una delle ragazze che è uscita da Kibera ed ora si allena diversi giorni alla settimana al Dance centre Kenya. È una ragazza solare e molto determinata, sono sicuro che farà strada in qualsiasi percorso scelga di intraprendere nella sua vita. Elsie invece è una delle ballerine più grandi. Anche lei studia fuori dallo slum ora ma quando ha un po’ di tempo torna sempre alla Spurgeon’s per danzare».

 

 

 

Dopo aver assistito ad una trentina di lezioni di ballo in tutto, il suo lavoro non sembra comunque essersi concluso. Sul sito web del fotografo, infatti, è ancora “on going” e alla richiesta di chiarimenti Fredrik risponde «È una storia che mi sta molto a cuore e non sono sicuro di esserne del tutto soddisfatto, in questo momento non ho molto tempo per continuare a lavorare al progetto, ma voglio vedere come si evolverà. Non me la sento ancora di dire che è terminato».

Fino al 28 ottobre, alcuni degli scatti di Slum Ballet saranno in esposizione alla Villa Reale di Monza nella mostra Sony World Photography Awards.

 

 

 

Gaia Lamperti
Studentessa di lettere moderne. Ho il vizio di comprare voli low-cost quando mi annoio. Sono per il buon rock, i locali chiassosi, i pomeriggi al mare, le menti fresche e gli animi caldi.