
L’intervista è stata editata per motivi di brevità e chiarezza.
Raul Gardini fu colpevole o vittima? Sognatore o avaro? Visionario o folle?
Abbiamo fatto qualche domanda a Matteo Cavezzali, autore del libro Icarus. Ascesa e caduta di Raul Gardini. Cavezzali spiega che l’idea del libro era maturata già durante gli anni dell’università quando, dopo aver sentito parlare dell’imprenditore ravennate, aveva cercato — con scarsi risultati — delle informazioni a riguardo. Ci siamo fatti raccontare non solo la storia di Gardini, ma anche gli anni di Mani Pulite e, non meno importante, la situazione dei nostri giorni.
Come descriveresti Raul Gardini?
A me il manicheismo non interessa, difatti ritengo che Gardini rappresentava due facce della stessa medaglia: da un lato ciò che sognava, le energie rinnovabili, i grandi progetti; dall’altro tutti i suoi lati oscuri, l’uomo che ha pagato la più grande tangente della storia italiana, colui che ha segnato la fine della Prima Repubblica.
Alla fine del libro, nella parte in corsivo, scrivi che Gardini si è sparato due colpi di pistola alla testa. Il dubbio, però, rimane: fu suicidio o omicidio?
Ho voluto mettere nel libro tutte e due le soluzioni: è il lettore che, mettendo insieme tutte le parti della storia, decide che taglio scegliere. Io ho studiato con Umberto Eco all’università e lui sosteneva che i libri si scrivessero in due: l’autore lo scrive, ma poi ogni lettore lo interpreta a modo suo. Il mio libro rappresenta particolarmente questo principio, il lettore ad un certo punto deve prendere una posizione e decidere com’è andata realmente la storia.
Alla fine del libro, nell’epilogo, Raul Gardini afferma di trovarsi in una «crisi della nostra democrazia […] Un paese allo sbando guidato da una classe politica corrotta, con una magistratura incompetente che non riesce a garantire giustizia ai più deboli. Gli italiani sono frustrati, arrabbiati e incompresi». Queste parole le hai scritte parlando degli anni ’90, ma quante ne possiamo ritrovare nella nostra situazione politica?
Questo aspetto è praticamente uguale e secondo me c’è sempre stato negli italiani: un’insofferenza verso chi li comanda, a tratti anche un disprezzo verso chi è al potere, e, al contempo, l’incapacità di riuscire a dare un’altra risposta. Nel nostro Paese non c’è mai realmente stata una rivoluzione come, invece, è successo in Francia, negli Stati Uniti, in Germania o in Spagna. Il nostro ‘lamento’ è ormai diventato un rumore, perché non riusciamo mai a cambiare effettivamente niente.
Con il maxi processo Mani Pulite sembrava dovesse realmente finire la corruzione, come se tutto dovesse ricominciare da capo. In realtà oggi, dopo 25 anni, la corruzione ha semplicemente trovato altre strade.
Credi che oggi servirebbe un maxi processo come quello degli anni ’90 per risollevare la situazione politica attuale? Continueremo ad illuderci, governo dopo governo, che la situazione cambierà?
Fin quando ci saranno persone disposte a pagare per passare davanti e altre disponibili a concederglielo pur di ricevere del denaro in cambio, è difficile che questa situazione cambi. Nella maxi tangente pagata da Gardini erano stati pagati tutti i partiti: la DC in primis, però anche i partiti neo-eletti come la Lega Nord che era entrata in parlamento al grido di ‘Roma ladrona’. Gli italiani sono un po’ come Gardini: riescono ad abituarsi alle situazioni più immonde ma riescono anche a partorire delle idee geniali. Gli italiani riescono, in qualche modo, ad arrangiarsi: o ti arrangi o affoghi. Non credo che la situazione cambierà nel breve termine. Ci si può abituare, imparando a nuotare.