Demenzialità fantozziana ed un vagone carico di stereotipi italiani. Questo l’ingrediente base di Romolo + Giuly: La guerra mondiale italiana.
Serie televisiva in onda su FOX (canale 112 di Sky) da settembre, Romolo + Giuly fa chiaramente il verso alla celeberrima tragedia shakespeariana, ambientata in una distopica ed irriverente Italia, dove luoghi comuni ed autoreferenzialismo locale prendono vita e contornano ogni singola vicenda della serie. La trama tratta della storia d’amore tra Romolo Montacchi (interpretato da Alessandro D’Ambrosi) e Giuly Copulati (interpretata da Beatrice Arnera), membri delle due famiglie più potenti di Roma (la prima della zona Sud della città, la seconda di quella Nord), nonché rivali sin dalla fondazione della città eterna. Accanto alle loro vicissitudini, troveranno spazio quella di Don Alfonso (Fortunato Cerlino), nobile napoletano determinato a ristabilire il Regno delle Due Sicilie, e quella di Giorgio Mastrota e relativi scagnozzi, bramosi di conquistare Roma.
Il cuore pulsante della serie, come accennato ad inizio articolo, è riscontrabile nella demenzialità e, principalmente, nella scelta degli stereotipi. Tuttavia, alcuni di essi appaiono monotoni ed estremamente ripetitivi, specie per chi frequentemente bazzica sui social. Lo scherno riguardo “l’inesistenza del Molise”, per esempio, lo si ritrova in una puntata, nonostante il suo spasmodico utilizzo sul web già da tempo.
Per questo, la serie cerca (o meglio, tenta) di inserire, seppur in secondo piano rispetto al risum movere, un accenno di critica sociale.
Il filone narrativo riguardante gli obbiettivi di Don Alfonso vuole mostrare allo spettatore una mentalità venuta ad affermarsi in modo prepotente negli ultimi anni, anche grazie ai social: il Neoborbonismo. Movimento nato nel 1992, di cui si è tornato a parlare negli ultimi anni grazie alla diffusione del web, è un fenomeno che si è collegato quasi necessariamente alla diffusione di fake news. Tra esse, infatti, si è in grado di riconoscerne alcune proprio riguardanti primati del Regno delle Due Sicilie di dubbia validità storiografica, ma che fomentano gli animi meridionali più caldi ed iracondi, i quali chiedono a gran voce un ritorno alla casa dei Borbone. Il personaggio di Don Alfonso, per concludere, è il tanto sognato vendicatore del Mezzogiorno, pronto a ristabilire la sua gerarchia sul sud Italia, anche se non esente da imprevisti e situazioni dissacranti.
Spostandosi in piena Pianura Padana, ma rimanendo sempre nel contesto della critica sociale, si fa la conoscenza di Odoacre, bifolco lombardo, scelto da Mastrota come futuro sindaco di Milano. Il nostro padano doc riuscirà nel suo intento, utilizzando un’arma già assaporata durante l’ultima campagna elettorale: la paura. Odoacre riuscirà nel suo intento politico (raffigurato nella serie con il tentativo di spostare un trattore senza l’ausilio della forza fisica) recitando i classici slogan politici puramente xenofobi.
Cosa cambia rispetto al bombardamento, subito dagli italiani, prima del 4 marzo? L’oggetto del siffatto bombardamento, ossia gli immigrati. Non africani o mediorientali, bensì romani che verranno successivamente esiliati ed esclusi dalla città meneghina.
Nonostante l’apprezzamento per il tentativo, la realizzazione di questo inserimento di critica sociale appare molto debole.
Sporadiche infatti sono queste inserzioni, sovrastate successivamente da sonore dosi di ilarità e comicità grottesca, in modo tale che gli elementi della critica vengano bollati come “di poco conto” o comunque ininfluenti ai fini della serie.
Un duello purtroppo impari, che viene riportato anche dal blog Wired in un articolo del 17 settembre:
L’intento è anche quello di fornire una satira assurda e pungente del nostro modo tutto italiano di odiare il diverso, di diffidare di chiunque, perfino il nostro vicino di casa; alcune sparate rivolte all’attualità hanno però una resa un po’ sdentata (come la banalità populiste del “politico perfetto che odia tutto ciò che non conosce, cioè tutto”, oppure del “pupazzo migliore di tanti pupazzi che ci governano”).
Troppo audace trarre conclusioni ora, dato che la serie non è ancora giunta al termine?
A giudicare dall’andazzo, si direbbe di no. Romolo + Giuly, nonostante sia divertente ed intrattenga, non sembrerebbe offrire allo spettatore qualcosa di maggiore rispetto alle grasse risate.