Sara Paganella
È datato 1434 il Ritratto dei coniugi Arnolfini, dipinto dal pittore fiammingo Jan van Eyck e conservato oggi alla National Gallery di Londra. Un’opera dotata di un’intramontabile fascino, intrisa di enigmi e punti interrogativi irrisolti che la rendono ancora oggi oggetto di numerosi studi.
Van Eyck non fu il solo a celare all’interno delle proprie opere segreti e significati nascosti: basti pensare a Leonardo, che nella sua celeberrima Gioconda nascose l’iniziale del proprio nome e la datazione dell’opera, nonché il titolo stesso “Gioconda”; oppure a Raffaello, il quale appose la propria firma sul tempio che fa da sfondo al matrimonio tra Giuseppe e Maria ne Lo sposalizio della vergine; o ancora al piacentino Felice Boselli, che era solito giocare con la traduzione latina del suo nome (Felix) inserendo nei suoi dipinti raffigurazioni di felini.
Piccole minuzie che a volte possono sfuggire all’occhio più disattento, ma che rappresentano una fonte di inestimabile valore e, talvolta, l’unico strumento per attribuire un’opera al proprio autore.
Sono stati proprio dei dettagli a suggerire allo studioso (nonché artista) trevigiano Luciano Buso che sia opera del pittore italiano Giotto di Borbone Esaù respinto da Isacco, l’affresco di 3x3m presso la Basilica superiore di Assisi.
Per molto tempo tale affresco era stato datato dagli studiosi tra il 1291 e il 1295 e attribuito all’omonimo maestro di Isacco, artista italiano del XIII secolo. Di parere differente è però Buso, affermando con decisione che l’artefice dell’opera è Giotto, il quale «lo firmò nel 1315 e vi inserì, nascondendolo, anche un suo probabile autoritratto».
I suoi studi sull’affresco della Basilica di Assisi iniziarono nel 2008-2009, quando individuò il volto scheletrico di un uomo incappucciato nascosto tra le pieghe del lenzuolo rosso sul quale è sdraiato Isacco, rappresentato nell’atto di rifiutare la scodella di cibo offertagli da Esaù. Da allora gli studi sull’opera non sono cessati un attimo, e lo scrupoloso lavoro condotto dall’artista trevigiano ha portato all’individuazione delle firme ‘Giottvs B’, ‘Giottvs IV aprilis 1315’ e ‘GB’, una delle quali posta a forma di semi lunetta nella parte inferiore dell’affresco e che pare essere la firma ufficiale dell’autore.
Non solo: durante il convegno Giotto si rivela, tenutosi il 10 Novembre presso la Domus Pacis di Santa Maria degli Angeli, ad Assisi, Buso ha spiegato che nell’affresco sono presenti figure aliene, non appartenenti alla scena rappresentata ma del tutto indipendenti, come ad esempio dei volti demoniaci e singolari figure che richiamano alla riproduzione di qualche re e regina dell’epoca. A tali illustrazioni si aggiungono i numeri 1315 e 15 che, secondo Buso, «Potrebbero indicare la reale datazione dell’opera».
Nonostante il volto demoniaco celato sotto il lenzuolo rosso non sia ancora stato riconosciuto con esattezza, Buso non ha dubbi sull’attribuzione dell’affresco della Basilica di Assisi alla mano di Giotto; ed è proprio lo studioso trevigiano a concludere il convegno, dichiarando che: «L’attribuzione dell’affresco è stata elusa per lungo tempo a causa delle incertezze accademiche, oggi superate con l’avvento della nuova scienza, del nuovo metodo d’indagine, dei nuovi studi. Auspico possa d’ora in poi rientrare a pieno diritto storico tra le opere di Giotto[…]».