Pensavamo che sarebbero stati gli ebook a soppiantare per sempre le pagine cartacee dei libri, ma ora la minaccia più concreta arriva da una nuova tecnologia, più immediata, più digitale, più degna figlia del ventunesimo secolo: gli audiolibri.
Entrati ormai da anni nell’orbita dell’editoria statunitense, dove hanno permesso un incremento del 22,7% delle vendite di libri, gli audiolibri sono arrivati in Italia recentemente, attraverso due grandi piattaforme: Audible, di Amazon, che è in funzione già da due anni, e Storytel, la piattaforma svedese attiva in Italia dallo scorso giugno. Queste due piattaforme, sebbene contengano differenze per lo più relative alla modalità di vendita dei libri (Storytel punta sull’ “All you can read”, offrendo 40.000 titoli disponibili con un abbonamento mensile, mentre Audible vende i singoli titoli), offrono una stessa modalità di lettura fruibile attraverso un paio di cuffiette: basta infatti selezionare un titolo, premere play e rilassarsi mentre una voce legge per noi il libro in questione.
Sul loro successo non c’è dubbio, i numeri parlano chiaro: un incremento del 5% nelle vendite editoriali mondiali si sarebbe registrato dal 2015, secondo Jonas Tellande, cofondatore di Storytel.
Inutile dire che le opinioni si sono subito scisse tra chi, entusiasta, sostiene che gli audiolibri saranno il futuro dell’editoria e chi li addita come sintomo di un generale calo dell’interesse e della concentrazione che infetta la nostra società.
Chiaramente le innovazioni apportate dall’ascolto dei libri sono molte: permettono di disporre di un’intera biblioteca sul proprio smartphone, e di immergersi nella lettura anche in situazioni in cui sarebbe davvero scomodo concentrarsi su un libro (camminando, o sui mezzi affollati, o mentre si cucina, o sotto la doccia, o in auto, o in palestra…).
In questo modo gli audiolibri garantirebbero una doppia funzione: arricchire l’esperienza di chi è già lettore, che in questo modo può “leggere” più spesso, e avvicinare alla lettura chi non è appassionato. È indubbio, infatti, che l’audiolibro sia una modalità di fruizione più rilassante e richieda meno sforzo.
I più restii all’accettazione di questa nuova forma di lettura però temono che il motivo del grande successo degli audiolibri non sia una rinnovata passione per la lettura e la conseguente volontà di portarsi un libro appresso in ogni situazione, ma piuttosto il fatto che molti cercano in un libro solamente puro intrattenimento e relax, non tanto un’analisi dei contenuti più accurata, che solo la forma cartacea è in grado di offrire.
Daniel Willingham, in un articolo sul New York Times, rispondendo alla domanda “ascoltare un libro è barare?”, sostiene che non lo sia affatto, e che un libro ascoltato rimanga impresso nella memoria esattamente come uno letto. Se ci si riflette, infatti, la nostra civiltà non è affatto nuova a questa forma di trasmissione della letteratura ma anzi, prima dell’introduzione della scrittura, la diffusione di interi poemi — tra cui “Iliade” e “Odissea” — era affidata esclusivamente all’oralità: e tramite la recitazione e l’ascolto sono sopravvissute nei secoli persino opere composte da migliaia di versi.
L’effetto dannoso degli audiolibri sulla nostra capacità di analisi e memorizzazione di un libro non è quindi dovuto al fatto di ascoltarlo in sé, ma allo scarso allenamento cui sono soggette le nostre memorie; ma se gli audiolibri sono la soluzione alla crisi di lettura che sembra infestare il mondo (o almeno sicuramente l’Italia) negli ultimi anni, siano i benvenuti. Per farne un mezzo utile basterà dunque esercitarsi un po’ con la memoria, dare la giusta attenzione al libro che stiamo ascoltando, e non dimenticarci che nelle nostra cuffiette stanno scorrendo le parole di Dostoevskij, e non l’ultima canzone di Rita Ora.