Del: 18 Febbraio 2019 Di: Redazione Commenti: 0

Si parla tanto di cervelli in fuga da questo Paese verso l’estero. Un Paese, l’Italia, che offre sempre meno opportunità e possibilità di sviluppo e di carriera. Ma, restando in tema, c’è un’altra tipologia di migrazione di cervelli spesso poco considerata.

Si tratta di quei circa 400mila ragazzi meridionali che ogni anno decidono di intraprendere la propria carriera universitaria lontano da casa e si spostano verso gli atenei del Nord Italia.

Puglia, Sicilia, Calabria e Campania. Sono queste le regioni che si svuotano di più. In particolare nell’anno 2017/2018 sono stati oltre 52mila i pugliesi (su una popolazione studentesca di poco inferiore alle 130mila unità) che sono andati a studiare altrove. Numeri simili per i siciliani. In Calabria circa 31mila sono i ragazzi fuori sede che rappresentano la metà della popolazione universitaria calabrese. In Campania invece abbiamo 35mila fuori sede su una popolazione di 210 mila studenti. Ma dove sono diretti questi studenti?

La regione d’Italia più ambita è il Lazio che tra l’altro è anche quella che maggiormente trattiene i propri studenti. A seguire Lombardia, Emilia Romagna, Toscana. Ed ora chiediamoci il perché.

Perché le città del Sud Italia non investono nei giovani e nella loro formazione. Perché gli atenei del sud sono spesso mera teoria, non preparano al mondo del lavoro, non creano trampolini di lancio, non offrono opportunità.

Opportunità. Questa la principale ragione per cui i ragazzi migrano verso le regioni settentrionali. La convinzione di avere delle opportunità migliori di formazione e preparazione universitaria ma soprattutto d’inserimento nel mondo del lavoro e carriera professionale. Ma tutto questo è realmente accettabile?

No. E’ inverosimile pensare che ci siano opportunità lavorative per tutti i giovani italiani, in sede e non, all’interno di un ‘area geografica che è la metà, e anche meno, del nostro Paese. Ecco perché è importante stoppare questa fuga di cervelli tutta italiana coltivando iniziative efficaci di ripresa del Mezzogiorno e di sviluppo di attività imprenditoriali e di nuove aziende.

E’ necessario creare opportunità, permettere ai giovani di restare al Sud o quanto meno tornare.

E’ cio che sta provando a fare il progetto “Resto al Sud”, un incentivo del governo, gestito da Invitalia, che sostiene la nascita di nuove attività imprenditoriali nelle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia). Con “Resto al Sud” è possibile dare vita ad attività di:
produzione di beni nei settori industria, artigianato, trasformazione dei prodotti agricoli, pesca e acquacoltura, fornitura di servizi alle imprese e alle persone e turismo. Sono invece escluse dal finanziamento le attività agricole e il commercio.

L’importo massimo del finanziamento erogabile è di 50mila euro per ciascun socio, fino ad un ammontare massimo complessivo di 200mila euro. Il finanziamento “Resto al Sud” copre il 100% delle spese ammissibili e consiste in un contributo a fondo perduto pari al 35% dell’investimento complessivo
finanziamento bancario pari al 65% dell’investimento complessivo, garantito dal Fondo di Garanzia per le PMI. Gli interessi del finanziamento sono interamente coperti da un contributo in conto interessi.

Per partecipare all’iniziativa basta caricare il proprio progetto imprenditoriale e la relativa documentazione sull’apposita piattaforma dedicata. Dopodiché l’agenzia esaminerà i progetti in base all’ordine cronologico di arrivo e ne valuterà la sostenibilità tecnico-economica, dando una prima risposta formale entro 60 giorni dalla presentazione dell’istanza. A premiare tale iniziativa vi sono importanti novità in legge di bilancio 2019. Infatti a partire dal 1 gennaio 2019 potranno fare domanda ed accedere agli incentivi “Resto al Sud anche i liberi professionisti” e gli under 46.

Abbiamo dunque un’estensione della platea dei beneficiari in primis da un punto di vista anagrafico, considerando che le iniziative erano state fin ad ora rivolte a giovani di età compresa tra i 18 e i 35 anni. Questo andrà sicuramente ad incidere a rialzo sul livello di competenze ed esperienze dei partecipanti al progetto e darà anche un’opportunità di ricollocamento a persone espulse dal mercato del lavoro a causa di crisi aziendali e di settore. In secondo luogo vediamo coinvolti nell’iniziativa i giovani professionisti al fine di agevolare la loro entrata nel mondo del lavoro, sempre più ardua in particolare nel settore dell’edilizia.

Ad oggi sono circa 5800 le domanda presentate di cui 2190 approvate. Nel 2018 con “Resto al Sud” sono nate oltre 2.200 imprese nel Mezzogiorno e sono stati creati più di 8.200 posti di lavoro. Un titolo de Il Sole 24 Ore afferma: “L’Italia non può crescere davvero se il Sud non accelera”. E’ necessario investire sui giovani e creare opportunità. E’ necessario restare.

Fabiana Guida

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