Del: 14 Febbraio 2019 Di: Luca Pagani Commenti: 0

Il 2018 è stato l’apice, l’anno in cui più ci si è resi conto che il giornalismo sta affrontando una delle crisi peggiori della sua storia. In tutto il mondo il quarto potere, influenzato dalla sua arma più potente, internet, sta lentamente collassando, rendendo sempre più necessaria una riforma dei mezzi di informazione.

Dagli scandali di fake news — soprattutto su Facebook — alla linea dura che ogni governo populista sta mantenendo nei confronti della stampa, il mezzo che dalla sua creazione ha informato generazioni di persone è minacciata dallo stesso strumento che potrebbero farlo ulteriormente crescere, il web. Un’arma a doppio taglio che oltre a creare problemi agli stessi giornalisti ha fatto perdere la fiducia che la popolazione ha in questo mezzo. Popolazione che sempre più di frequente si chiede se sia giusto, in un’epoca di notizie fugaci e nebulose come questa, informarsi tramite fonti affidabili che tentano, anche sbagliando, di spiegare quello che sta avvenendo in una realtà sempre più in preda al caos.

La prima domanda che sorge spontanea è: come si è giunti a questo? La fiducia è un attributo che in questo momento sta venendo meno in qualsiasi campo. Dai terrapiattisti ai no vax è sintomatico che il periodo che stiamo vivendo sia caratterizzato da un cambiamento di rotta rispetto al passato.

Dopo 60 anni nei quali la televisione ha allattato moltissimi cittadini occidentali il passaggio radicale che sta avvenendo crea molta insicurezza in un pubblico che vede l’informazione spostarsi da una dimensione in cui le opinioni che venivano espresse erano poche ad una dimensione in cui le idee che vengono dichiarate sono potenzialmente infinite.

Proprio perché chiunque può esprimere il suo pensiero a migliaia di persone.

Partendo da ciò diventa più semplice osservare come la popolazione stia tentando di difendersi da questo nuovo sistema.

Alle testate giornalistiche infatti la popolazione preferisce le voci fuori dal coro, quelle che secondo loro non danno voce ai poteri forti. Finiscono quindi per informarsi tramite il blog dell’amico dello zio del cugino, infuocato no Tav, che nel suo piccolo e basandosi sui suoi pregiudizi non riuscirà mai a dare una visione chiara ed oggettiva di quanto sta avvenendo su quel fronte.

In un anno in cui Time assegna il prestigioso “Person of the year” a un gruppo di giornalisti che mettono in pericolo le loro vite pur di informare in modo chiaro e veritiero le persone, tanto da definirli in una chiave quasi epico-mitologica i “guardiani” della verità, in Italia abbiamo assistito ad un dibattito in prima serata (a DiMartedì, su La7) che ha visto scontrarsi l’ormai ex direttore di Repubblica Mario Calabresi e il vicepremier grillino Luigi Di Maio. Il vicepremier ha di fatto portato il confronto su un livello che va oltre le semplici divisioni politiche, sostenendo appunto che le testate “storiche” del panorama italiano siano oramai diventate le portavoce della fantomatica casta, spauracchio della prima ora del leader pentastellato.

Ma tutto questo è colpa in parte, in larga parte, anche del giornalismo stesso.

In un mondo che sta cambiando l’informazione non si è ancora adeguata al mutamento, o meglio, non sembra neanche in grado di adeguarsi a questo nuovo panorama dell’informazione. La stampa infatti si sta sempre di più spostando sulle piattaforme digitali. Siti, portali e blog sono saturi di notizie sensazionalizzate, portate all’eccesso, che ricercano solamente click facili portando molto spesso il confronto con le altre testate solamente a chi la spara più grossa. Tutto ciò è stato causato proprio dallo spostamento che sta affrontando la stampa da una realtà cartacea dove in pochi si potevano permettere di stampare riviste e giornali ad una situazione in cui avere uno spazio online su cui fare informazione è facilissimo e poco costoso. D’altro canto, infatti, al tempo della sola carta stampata i quotidiani erano una realtà con una base di pubblico fissa, data anche dal fatto che in quel tempo le testate che competevano erano molto differenziate dal punto di vista dei contenuti ideologici che proponevano.

Oggi invece, proprio perché la maggior parte dell’informazione online è gratuita e perché le ideologie politiche non sono più molto attuali, il giornalismo si è trasformato in una mera competizione, tanto che l’obbiettivo finale non è più quello di informare, ma quello di sopravvivere. In un mare magno di pagine che danno esattamente la stessa notizia scritta in 100 modi diversi l’unica differenza che potrebbe far tendere i lettori a scegliere il tuo giornale è il “sensazionale”, l’esagerazione.

Luca Pagani
Tento di esprimermi su un po' di cose e spesso fallisco.
Però sono simpatico.

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