Del: 31 Marzo 2019 Di: Luca Pagani Commenti: 0

A distanza di quasi tre anni, ciò che si conosce meglio della Brexit è senz’altro l’esorbitante quantità di problemi che sta affrontando l’Inghilterra. Il problema dei confini, delle esportazioni, dei cittadini europei nel Regno Unito, tutti temi di grande interesse nazionale e internazionale, che riguardano sia i cittadini britannici che europei. Proprio per questo non si spiega la confusione che aleggia all’interno delle aule del potere inglesi, e soprattutto non si spiega come, a distanza di tre anni, non si sia ancora trovata una soluzione.

Per ricapitolare: 23 giugno 2016, la vox populi britannica stupisce tutti e nel referendum che chiede alla cittadinanza se vuole uscire dall’Unione Europea vince il “leave” con il 53% dei voti.

Salto in avanti, si arriva al 13 novembre 2018, ci siamo lasciati alle spalle la testa mozzata di David Cameron e numerosissime trattative intavolate dal nuovo primo ministro Theresa May. La nuova inquilina di Downing Street parte subito con il piede giusto, si definisce Euroscettica, ha votato contro l’uscita dall’Europa, e nel primo discorso da primo ministro parla di come si debba optare per una hard Brexit.

Col passare del tempo ha però cambiato idea, decidendo di portare avanti i negoziati con l’Unione Europea per garantire al suo paese un’uscita con un accordo. In ogni caso, il 13 novembre 2018 il Primo Ministro annuncia che c’è l’accordo tecnico. Il giorno dopo, un consiglio dei ministri lo approva, ma quattro membri del governo si dimettono.

Il parlamento è spaccato, una parte dei Tory apprezza l’accordo trovato dal primo ministro, una parte invece vorrebbe solo un’uscita senza deal e poi ci sono i Laburisti che non hanno ancora idea di cosa fare, visto che la posizione del loro leader Jeremy Corbyn è tutt’ora incerta. Nessuno può prevalere, perché nessuno ha abbastanza voti.

Dal 13 novembre ci son stati tre voti, l’ultimo, quello del 29 marzo, ha sancito la bocciatura definitiva dell’accordo intavolato da Theresa May. Il primo ministro aveva dichiarato poco prima del voto che se fosse passato l’accordo avrebbe rassegnato le sue dimissioni, in un ultimo tentativo di evitare l’uscita senza accordo. L’accordo, per la terza volta è stato rifiutato dal parlamento britannico tornando di fatto al 24 giugno 2016.

Manifestazione del 23 marzo

Cosa ci aspetta adesso?

[dropcap type=”square or circle”] 1 [/dropcap] La prima ipotesi è quella del “no deal”, l’uscita senza accordo, stando a fonti attendibili all’interno del Parlamento inglese, sembra esser sempre più vicina, confermando le preoccupazioni della popolazione che ha sfilato per le grigie strade londinesi il 23 marzo scorso chiedendo a gran voce un nuovo referendum. Se non ci fossero ulteriori estensioni della proroga che Bruxelles ha già concesso all’Inghilterra, e se non dovessero arrivare proposte della Camera dei Comuni, questa opzione si concretizzerebbe il 12 aprile prossimo.

[dropcap type=”square or circle”] 2 [/dropcap] La seconda opzione prevede che l’accordo presentato dalla May venga, in un futuro preferibilmente prossimo, finalmente accettato dalla Camera dei Comuni. Molto improbabile che accada dopo tutti questi tentativi andati a vuoto. Ma accadrebbe se la Camera dei Comuni non dovesse arrivare ad un’altra soluzione in tempi brevi.

[dropcap type=”square or circle”] 3 [/dropcap] La terza opzione prevede che vengano rifatti da zero gli accordi tra l’Europa e l’Inghilterra. Molto improbabile anche perché l’Europa ha già affermato più volte che la bozza presentata dalla May al parlamento è quella definitiva e che un altro “Deal” sarebbe improbabile da trovare. Alcuni addetti ai lavori però, auspicano un nuovo contratto molto simile al modello che l’Europa ha utilizzato in precedenza con i paesi scandinavi che significherebbe un rapporto molto più stretto tra le due parti rispetto a quanto propone l’attuale accordo.

Manifestazione del 23 marzo

Nel futuro di queste trattative ci potrebbe anche essere un nuovo referendum, per quanto difficile, infatti se non si dovesse arrivare ad un accordo si potrebbe dare nuovamente voce al popolo. Ci sono molte altre possibilità che il parlamento britannico ha davanti da qui a pochi giorni, tutte di difficile attuazione e improbabili, in ogni caso il futuro sembra molto incerto e a noi non rimane che sederci, fare speculazioni e stare a guardare.

Fotografie di Flavia Scagni

Luca Pagani
Tento di esprimermi su un po' di cose e spesso fallisco.
Però sono simpatico.