Del: 23 Aprile 2019 Di: Elisa Torello Commenti: 0

È passato poco più di un mese dallo sciopero per il clima e per l’ambiente avvenuto il 15 marzo, che ha coinvolto più di un milione di giovani in 128 paesi, eppure la strada da fare è ancora molta.

Il 16 aprile la sedicenne svedese Greta Thunberg, ormai divenuta simbolo della lotta contro il riscaldamento globale, si è recata presso il parlamento europeo a Strasburgo e ha rimproverato i leader europei di non prendere sul serio la minaccia posta dal cambiamento climatico.

Nel suo discorso agli europarlamentari della Commissione Ambiente ha richiesto ai leader di agire in maniera coerente alla portata della crisi che stiamo vivendo e si è commossa, dichiarando che “la nostra casa sta crollando”.

Lo scorso 21 febbraio alla conferenza del Comitato economico e sociale europeo la giovane attivista svedese aveva ricordato, guardando dritto negli occhi il presidente della commissione europea Juncker, che per restare negli obiettivi climatici proposti dall’accordo sul clima di Parigi, sarebbe stato necessario ridurre le emissioni di CO2 di almeno l’80% entro il 2030.

I cambiamenti necessari sono ancora tanti, e si può dire che la battaglia dei giovani di tutto il mondo per far valere il proprio diritto a un futuro migliore sia appena iniziata. Eppure, non si può fare a meno di notare come la giovane ambientalista e il suo famoso cartello “skolstrejg for klimatet” (sciopero per il clima) abbiano risvegliato le coscienze di molti.

La grande partecipazione agli scioperi e alle manifestazioni nelle città di tutto il mondo è la dimostrazione della crescente consapevolezza sull’urgenza di questo tema.

Ma cosa si può fare nel concreto, oltre a protestare? Come si fa a ridurre il proprio impatto ambientale?

8 consigli pratici per salvare il nostro pianeta -Vulcano Statale

Abbiamo raccolto qui di seguito una serie di soluzioni alternative e consigli pratici per aiutare il nostro pianeta. Molti di questi si basano sul principio di sostituire, dove possibile, la plastica con altri materiali. Forse non ci sarebbe nemmeno da ricordarlo, eppure la plastica, così usata (e abusata) nella vita quotidiana di ognuno, è uno degli agenti inquinanti più pericolosi per il nostro pianeta.


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Usare una borraccia (meglio se in acciaio) al posto delle bottiglie di plastica. Le bottiglie di plastica rappresentano un grande problema per l’inquinamento globale, considerato che spesso vengono usate una sola volta e poi buttate nel cestino. Ogni anno nel mondo vengono utilizzate più di 500 miliardi di bottiglie di plastica che per degradarsi impiegano circa 1000 anni. Per riempire la propria borraccia ci si può recare in una delle tante case dell’acqua presenti nella propria città. Nel nostro Ateneo ce ne sono ben due: una nel polo didattico di via Golgi 19, in Città Studi, e una in via Santa Sofia.


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Dire di no alle cannucce in plastica. Le usiamo per venti minuti, senza sapere che per smaltirle c’è bisogno di più di 500 anni. E il rischio non si esaurisce qui: spesso le cannucce di plastica entrano nelle narici delle tartarughe o nell’esofago degli animali marini, causandone nel peggiore dei casi la morte, o gravi lacerazioni e ulcere. Se proprio non si può rinunciare al piacere di bere una bevanda con la cannuccia, si tenga a mente che esistono alternative biodegradabili. La cannuccia in acciaio o metallo per esempio può essere portata sempre con sé, evitando il pericoloso fenomeno dell’usa e getta.


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Sostituire i sacchetti (non solo di plastica) con borse di tela. Spesso dopo un acquisto in qualsiasi negozio, viene proposto un sacchetto per contenere il prodotto acquistato. Negli ultimi anni, il sacchetto offerto è solitamente di carta o di plastica biodegradabile. Eppure, anche questi materiali hanno un impatto sull’ambiente in fase di produzione, trasporto, compostaggio e, nel caso della carta, riciclo. (Infatti, il riciclo della carta comporta un grande consumo di acqua ed energia.) Meglio dire di no al sacchetto, e portare con sé sempre una comoda borsa di tela.


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Considerare l’idea della spesa alla spina. La maggior parte dei prodotti che acquistiamo sono ricoperti da imballaggi, solitamente in plastica. Sono sempre di più i negozi e i supermercati che propongono prodotti sfusi, dove i clienti possono portare da casa i contenitori riutilizzabili in cui sistemare gli acquisti. A Milano questo tipo di negozi è in grande aumento, basta una breve ricerca sul web per scoprire tutti i luoghi aperti a questa alternativa.


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Spazzolino in bambù. La maggior parte degli spazzolini disponibili sul mercato sono in plastica e ognuno impiega più di 400 anni per decomporsi. Se pensiamo che nell’arco di una vita si utilizzano in media 300 spazzolini, si può avere una vaga idea dell’impatto che questo oggetto ha sull’ambiente. Infatti, il problema, oltre alle emissioni di gas serra in fase produttiva, consiste nello smaltimento dell’oggetto stesso, realizzato in polipropilene – ovvero una plastica non riciclata e non riciclabile –. Fortunatamente le soluzioni ecologiche esistono. Oltre alla possibilità di usare testine intercambiabili, ad oggi esistono spazzolini da denti con impugnature in materiali naturali, come il bambù, e con setole in nylon 6, completamente biodegradabile. Questo tipo di spazzolino, una volta consumato può essere buttato direttamente nel secchio dell’organico.


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Scegliere prodotti locali a km zero. L’acquisto di prodotti agricoli locali è una scelta sostenibile in quanto riduce gli spostamenti e ne risultano limitati l’uso di carburanti ed emissioni. Questo implica anche un risparmio sull’utilizzo di imballaggi e un ricorso minore ai sistemi di conservazione e confezionamento.


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Staccare le prese dei dispositivi non utilizzati. Non tutti sanno che le prese collegate alla rete elettrica, anche se non utilizzate, possono consumare energia “invisibile”. Staccare le prese non utilizzate riduce il consumo di energia e quindi le emissioni di carbonio.


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Ridurre il consumo di carne e latticini. Nel 2009 la FAO ha stimato che i processi coinvolti nell’allevamento di animali generano una produzione di gas serra equivalente al 51% delle emissioni globali prodotte dalle attività umane, una quota superiore rispetto a quella relativa all’interno del settore dei trasporti (responsabile del 13,5% di gas nocivi). Se ai più l’adozione di una dieta vegetariana o vegana risulta impraticabile, scegliere di non consumare carne almeno un giorno a settimana può avere un impatto positivo per il nostro pianeta. Si basa proprio su questo principio il movimento Meatless Monday, che negli Stati Uniti ha già fatto sì che l’iniziativa sia stata adottata in diverse città.


Queste pratiche possono sembrare degli accorgimenti minimi, eppure se adottati da ognuno di noi potrebbero cambiare sensibilmente le sorti del nostro pianeta.

Elisa Torello
Sono nata a fine agosto a Milano, ma sogno il mare ogni giorno. Mi illudo di catturare la realtà che mi circonda attraverso la fotografia e la scrittura. Mi piace parlare di libri e di idee, ma spesso mi soffermo troppo sui dettagli.