Il videogioco Dark Souls, primo capitolo di una trilogia, è stato pubblicato nel 2011 dall’azienda giapponese FromSoftware, oggi una delle case di produzione videoludiche più importanti.
Questo titolo di ormai otto anni fa ha conquistato meritevolmente un posto nell’olimpo della storia dei videogiochi, non solo per la difficoltà per cui è maggiormente famoso, ma anche per lo stretto intrecciarsi all’interno del suo universo narrativo di simboli sia laici sia religiosi, dottrine filosofiche e riferimenti alla letteratura mondiale: tutto questo condito in una densa salsa dark fantasy.
Le battaglie, i luoghi splendidi della letteratura fantastica, le trame intrise di magia e mistero, e la missione sacra di guidare un cavaliere o un mago in una terra immaginaria hanno rapito, infatti, l’interesse di molti appassionati e non.
Tuttavia, chi volesse comprendere fino in fondo la trama di Dark Souls andrebbe incontro a molte difficoltà. Infatti, il videogioco non ha una storia chiara, con un inizio e una fine. Molto viene lasciato all’immaginazione dello spettatore.
In breve, il gioco parla di un lungo e difficile viaggio in una terra desolata, popolata da svariati nemici pronti a ucciderci, e personaggi misteriosi, alcuni benevoli e altri decisamente ostili. I punti di svolta tra un capitolo e l’altro di questa oscura narrazione interattiva sono rappresentati dai boss da sconfiggere, ossia nemici unici e più potenti degli avversari standard affrontati durante le nostre esplorazioni.
Il giocatore può comprendere, o perlomeno intuire, cosa sia successo prima della comparsa del suo personaggio attraverso i dialoghi con gli altri cavalieri e le descrizioni degli oggetti trovati lungo il cammino. Il finale è ancor più oscuro e lascia molti buchi nella trama.
L’elemento caratteristico di Dark Souls è un senso di angosciosa nostalgia di un passato glorioso ormai perduto per sempre. Si ha l’impressione, infatti, – e questa è davvero novità nel mondo videoludico – che tutto sia già successo, la vera storia è già finita molto tempo prima che arrivassimo noi: un tempo gli dei regnavano con lungimiranza sul mondo degli uomini, i quali erano in ottimi rapporti con le divinità. Ora, invece, la memoria storica è andata quasi completamente perduta.
Tutto è miseria, desolazione, edifici diroccati, senso di vuoto, pochi individui hanno conservato il senno: il mondo si è ridotto a una bestialità primitiva, fatta di soldati non-morti che pattugliano luoghi in rovina senza ricordarne più il perché.
Non a caso Dark Souls è stato spesso analizzato come una metafora della vita e dell’esistenza umana, e a volte paragonato addirittura alla depressione.
L’avventura del cavaliere comandato dal giocatore presenta, infatti, delle somiglianze incredibili con ciò che può provare un individuo in una fase esistenziale difficile e complessa. Il protagonista che conduciamo non ha un chiaro obiettivo da perseguire a differenza della maggior parte degli altri videogiochi. È senza aiuti veri e vicini, con una certa confusione su dove si trova e perché. Non sa nulla né di se stesso né del mondo esterno. Esplora, combatte, muore e ricomincia, legge descrizioni e osserva le strutture e le ambientazioni, sforzandosi di capire cosa sia successo in passato. Il suo fine ultimo è quello di non perdere la razionalità. Le continue lotte e pericoli mettono alla prova la sua lucidità e se gettasse la spugna perderebbe subito il senno, terminando la sua avventura e diventando proprio come i nemici che con tanta fatica vuol combattere, ormai ridotti a mostruosi umanoidi senza linguaggio.
Il prodotto videogioco, purtroppo, è ancora oggi oggetto di continui e difficilmente estirpabili pregiudizi, ignorando il fatto che un titolo come Dark Souls non è soltanto un videogioco, bensì un’opera d’arte frutto di tanto talento e di una vasta cultura.
Chi lo ha giocato sa bene che incarna una metafora della vita, con la ferrea legge psicologica del morire e riprovare, ma non solo: Dark Souls è anche la storia dell’entropia stessa e dell’ecpirosi di cui parlava il filosofo greco Eraclito. L’entropia è la quantità di disordine presente in un sistema fisico, l’universo intero in extremis. Non c’è praticamente modo di fermare l’entropia: tutto morirà, le stelle si spegneranno, il sole deflagrerà, i pianeti smetteranno di vagare nello spazio e ci sarà un eterno buio. O almeno questo è ciò che le teorie scientifiche ci dicono.
La trilogia di Dark Souls è proprio questo: un continuo affannarsi, morire e combattere e frustrarsi per alimentare il Sacro Fuoco dell’universo, assicurando qualche tempo di luce e prosperità ai nostri pochi simili ancora dotati di intelletto.
Ma a che scopo?
Negli innumerevoli secoli di là da venire, infatti, sia nel mondo del videogioco sia nel nostro tutto morirà comunque e l’entropia aumenterà senza poterla arrestare. Tutto questo può apparire deprimente, ma in fondo non lo è: ognuno di noi percepisce una peculiare sensazione di esistere, e a questa assegna un valore infinito slegato da ciò che le leggi fisiche ci impongono.
Ma, ancora, Eraclito parlava di ecpirosi, ossia la conflagrazione universale (o anche grande incendio e fine del mondo) per cui ogni cosa deriva dal fuoco e nel fuoco ritorna alla fine del proprio ciclo evolutivo, per poi rigenerarsi in una palingenesi. Per Eraclito il fuoco è inteso come una forza produttiva, la ragione ordinatrice del mondo e da questo fuoco artigiano si genera il mondo il quale, in certi periodi determinati di tempo, si distrugge e torna a rinascere dal fuoco, in maniera quasi identica. Si tratta dell’eterno ritorno dell’uguale, della ciclicità dell’universo stesso, proprio come i cicli di luce e oscurità di Dark Souls.
L’universo darksoulsiano appare come una splendida rappresentazione interattiva della filosofia eraclitea. Luce e oscurità: all’interno del mondo narrativo del videogioco queste sono le due forze cosmiche opposte e in lotta dall’eternità e per l’eternità, e sul piano microcosmico tutti noi attraversiamo periodi in cui siamo alla luce o abbandonati nel buio.
Ma non solo filosofia: infatti, una delle ambientazioni più apprezzate del gioco, la città di Anor Londo, la casa degli dei, è ispirata all’architettura del Duomo di Milano, che ha conosciuto così tra i videogiocatori una certa pubblicità.