
Rione Sanità, Napoli. Sono otto quindicenni i protagonisti delle vicende raccontate nel film “La paranza dei bambini”, tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Saviano, premiato allo scorso festival di Berlino con l’orso d’argento per la migliore sceneggiatura.
La storia racconta dell’ascesa di un gruppo di giovanissimi sulla scena della criminalità organizzata napoletana, una paranza composta da ragazzi che, per ottenere la supremazia sul loro quartiere, si muovono in un mondo fatto di violenza e lotte di potere. Si tratta un film molto particolare, che ha richiesto un lungo lavoro direttamente sul campo per trasmettere al pubblico il giusto messaggio celato dietro a realtà complesse e spinose. Non a caso il regista, Claudio Giovannesi, è stato affiancato per tutto il periodo di stesura del copione e delle riprese dallo stesso Roberto Saviano.
Tutto si gioca sulla contraddizione. Contraddizione tra male e bene, tra finzione e realtà, tra gioco e vita. Tutto ruota attorno a questa sottile linea invisibile che separa gli opposti, molto difficile da identificare in un’età che è quella dell’adolescenza, un periodo della vita fondamentale per la formazione, in cui si iniziano a fare delle scelte e si progetta il proprio futuro.
Di primaria importanza per il registra è stata la scelta degli attori: nessuno dei protagonisti era infatti un professionista. Sono stati quattromila i ragazzi provinati per il cast, tutti presi direttamente dai quartieri napoletani in cui si sarebbero poi svolte le riprese. Era necessario che gli attori rappresentassero sulla scena una realtà che appartenesse loro, riducendo al minimo il velo della finzione per portare sulla scena i fatti e le vicissitudini nel modo più diretto e sincero possibile.
L’effetto sortito è stato sicuramente efficace, reso ancora più realistico dalla scelta dell’uso del napoletano come lingua del film. I volti de “la paranza dei bambini” portano scritta addosso parte della storia. E il protagonista, Francesco di Napoli, che nel film interpreta Nicola, al primo provino non si era si è neanche presentato pensando si trattasse di uno scherzo. Ma i direttori di scena sono andati a cercarlo direttamente a casa, perché sul suo viso avevano visto ciò che volevano rappresentare in scena: la perdita dell’innocenza. Perché di questo si tratta. “La paranza dei bambini” racconta la storia di un ragazzo, carismatico e sicuro di sé, che a 15 anni si impone nel teatro della criminalità, mettendosi a capo non solo di un’organizzazione di ragazzi ma di un intero quartiere. Ma è poco più di un bambino. Tutta la realtà circostante è infatti vista attraverso un filtro di fragilità, che contrasta duramente con la ferocia che i ragazzi sono costretti a far propria in questa lotta con un finale già scritto.
Giovannesi dichiara che fin dall’inizio, in accordo con Saviano e con lo sceneggiatore Maurizio Braucci, ha optato per mettere in rilievo l’emotività dei personaggi per concentrarsi sul loro aspetto più sentimentale. Nel film tutto inizia per gioco: le rapine, le armi, gli appartamenti per riunirsi in segreto, altro non sono che un modo per crearsi un’identità, per sentirsi forti, uniti, alla caccia del denaro facile, un modo per provare un brivido di potenza e invincibilità che fa sentire tremendamente vivi. Il film si distacca molto dal libro, nel quale emergono maggiormente la violenza e i drammi della realtà della camorra napoletana.
Ma è Saviano stesso che afferma che “il tradimento del testo è l’unico modo per rispettarlo, altrimenti sarebbe solo un calco”. Il rischio era inoltre quello di non riuscire attraverso le immagini a rappresentare in modo corretto una violenza che sulle pagine è mediata dalla parola, distaccandosi di conseguenza dall’intento primario di questo film. Ma nonostante questa scelta, o proprio grazia ad essa, tutta la drammaticità del racconto investe il pubblico in un’ondata di febbricitante apprensione, ampliata dal contesto e dalla tipologia delle riprese: si “partecipa” direttamente al film, le inquadrature sono strette e vicine, con il gruppo di ragazzi al centro e sullo sfondo il controverso palcoscenico di Napoli. Giovannesi non gira il film a Scampia: tutto si svolge nel centro storico della città partenopea, con la sua capacità di mantenere una forte identità popolaresca, della quale il film racconta. Si tratta quasi di una storia sociologica di una parte di questa città. I ragazzi protagonisti raccontano di una generazione che, come dice Saviano, cerca di raggiungere soldi e visibilità, a Napoli come in tantissime altre città: la sconvolgente differenza è che questi ragazzi raggiungono i loro obiettivi usando le armi. Davanti alla paranza dei bambini non si può certamente rimanere indifferenti, proprio perché i protagonisti sono ragazzi che hanno l’età dei nostri fratelli minori. È un racconto che si fonda sul paradosso, tanto da sembrare quasi surreale. Ma, come dice Saviano “ho scelto di raccontare dei bambini proprio per questo sovvertimento delle regole della natura: capi di sedici anni e gregari di cinquanta. Questo è successo negli ultimi anni e ho deciso così di raccontarlo. Il film parla del prezzo che paga un ragazzino quando decide di impugnare una pistola.”
Sicuramente il progetto è riuscito e dietro c’è la sempre l’abile mano dello scrittore napoletano che, nonostante critiche e processi che rasentano anch’essi il surrealismo, non smette di raccontare storie scomode e spinose. Film e libri come “La paranza dei bambini” che raccontano di persone che non riescono ad essere salvate neanche dai sentimenti più forti perché vivono in realtà che non lo consentono, sono fondamentali, perché permettono di capire come queste realtà vadano combattute quotidianamente. Perché, come dice sempre l’autore: “A fare paura non è l’uomo che scrive, sono le tante persone che ascoltano, gli occhi che leggono una storia, le tante lingue che la racconteranno.”