Del: 2 Aprile 2019 Di: Francesco Gallo Commenti: 0

La revenge porn (tradotto come porno vendetta), in quanto fenomeno sociale e psicologico destabilizzante, si presta bene a costituire il delicato fulcro narrativo di svariati film e romanzi ed è da tempo oggetto di preoccupazione, anche solo ipotetica, da parte di molti ragazzi e ragazze nati e cresciuti nell’attuale era digitale. La porno vendetta infatti consiste nella diffusione pubblica tramite internet o altri mezzi multimediali di immagini o video a carattere intimo o sessuale senza il consenso degli interessati. È un fenomeno recente, legato alla crescita e diffusione degli apparecchi tecnologici negli ultimi anni ed è stato a lungo non disciplinato dalla legge internazionale. Di solito la porno vendetta viene messa in atto in seguito a rotture sentimentali o a scapito dei minori. Un gesto riprovevole e spinoso che non poteva essere ignorato ancora a lungo dalla comunità internazionale.

Dopo gli interventi legislativi di vari Paesi quali Stati Uniti, Canada e Giappone nei primi anni ’10, anche l’Italia finalmente ha fatto un decisivo passo avanti: oggi, 2 aprile 2019, la Camera dei Deputati ha approvato all’unanimità (461 voti a favore e nessuno contrario) un emendamento al disegno di legge Codice Rosso. Il nostro Paese introduce così il reato della revenge porn prevedendo per chi diffonde immagini e video senza il consenso delle persone riprese la reclusione da 1 a 6 anni e una multa da 5000 a 15000 euro. L’entità della condanna tiene conto di varie aggravanti: dell’intenzione e dell’identità del colpevole (se è il coniuge la pena aumenta), nonché dei soggetti colpiti (in caso di donna in stato di gravidanza o di persona in condizione di inferiorità fisico-psichica la pena è aumentata di un terzo). È condannabile ugualmente anche chi diffonde o cede le foto e i video dopo averli ricevuti, quindi anche se non si è coinvolti personalmente nella situazione ripresa.

Il testo recita chiaramente: «Chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5mila a 15mila euro»

 

Tuttavia la strada è ancora lunga: si tratta solo di un emendamento e si dovrà aspettare l’approvazione dell’intero ddl. La proposta legislativa ha conosciuto spinte e controspinte. La scorsa settimana infatti c’è stato un duro scontro tra la maggioranza e le opposizioni, con la bocciatura da parte di Lega e M5s della proposta. L’emendamento che introduceva il reato in questione, presentato da Laura Boldrini, era stato infatti bocciato per 14 voti di scarto. È subito seguita una dichiarazione di Di Maio che si è mostrato favorevole a una nuova votazione per il martedì successivo. I Cinque Stelle infatti hanno presentato l’emendamento della relatrice Stefania Ascari, accolto poi da tutte le forze politiche. Un’intesa ritrovata che ha portato dunque all’approvazione unanime. 

Il magistrato di Milano Fabio Roia, uno dei massimi esperti in tema di violenze sessuali, stalking e maltrattamenti, ha espresso un parere molto positivo sull’esito della votazione, apprezzando l’accordo raggiunto dalle forze politiche, ben conscio della (potenzialmente) illimitata pericolosità offerta dallo strumento di internet. Si va così ad eliminare un vuoto normativo molto importante e che dovrebbe tutelare in modo sempre più rigoroso le vittime della porno vendetta.

Si è portati a pensare che le problematiche e le serie implicazioni legate alla revenge porn non tocchino da vicino la maggioranza delle persone. Purtroppo anche la vittima più nota in Italia, la napoletana Tiziana Cantone morta suicida nel 2016 in seguito alla diffusione di materiale sessuale privato, ignorava che dei filmati potessero essere caricati in rete. Internet, e questa è forse la sua più grande spietatezza, non dimentica mai: ciò che finisce in rete, vi rimarrà per sempre, con un meccanismo simile legato all’impossibilità pratica di oscurare o cancellare i siti di pirateria cinematografica. Il cyberbullismo dunque ha aggiunto già da tempo alla lista delle sue minacce la vendetta porno; il nostro buon senso e questo emendamento non possono essere che delle ottime difese contro questa terribile violenza psicologica.

Francesco Gallo
Mi arriccio la barba, affondo nei pensieri, a volte parlo con ironia. E nel frattempo studio filosofia.