Grindadráp, la famosa caccia alle balene, è una tradizione ormai plurisecolare attuata nel territorio delle isole Fær Øer, arcipelago situato nell’Oceano Atlantico, appartenente alla Danimarca.
Il termine Grindadráp deriva dalla lingua faroese. Esso è costituito dal prefisso “grind” che accompagnato dalla locuzione “ein” indica branco di balene; il suffisso “dráp”, invece, significa uccisione o macello. Difatti la traduzione del termine, in lingua italiana, è caccia alle balene.
Il fenomeno della caccia alle balene, nei territori Nord europei è tutt’altro che sconosciuto, proprio perché la carne della balena è sempre stata una notevole fonte di nutrimento, in territori nemici di un clima caldo e di conseguenza di un territorio fertile.
La balena non era solo fonte di sostentamento nutritivo, il grasso della balena, ad esempio, veniva trasformato in olio poi utilizzato per molteplici scopi tra cui l’illuminazione; la pelle della balena, invece, per la produzione di corde e funi.
La caccia si svolge da lungo tempo ormai nelle isole Fær Øer e presenta un preciso procedimento.
In primo luogo si avvista un branco di balene nei pressi di una spiaggia autorizzata, in quanto vigono leggi che non consentono la caccia delle balene in mare aperto, una volta avvistato, vengono chiamate altre imbarcazioni che circondano il branco in una sorta di semicerchio e lo spingono a riva. Infine ogni balena viene condotta verso la riva e, una volta spiaggiata, viene uccisa con un coltello specifico che colpisce la spina dorsale, facendo morire l’animale nel giro di pochi secondi.
Ancor oggi questa tradizione è radicata nella cultura faroese, nonostante nel corso dei secoli il territorio abbia conosciuto un’evoluzione dal punto di vista economico, che non costringe più alla caccia di questo animale, poiché vi sono altre fonti di sostentamento.
Perché allora questa caccia continua?
Pare la caccia alle balene sia una tradizione culturale di cui non si può fare a meno, pur non rivelandosi essenziale per il sostentamento della popolazione. Viene vista come un momento di festa e di gioia verso una tradizione plurisecolare che non cessa di manifestarsi, dove partecipano adulti e bambini quasi come fosse uno spettacolo.
Questa tradizione però travalica i limiti dell’eticità e del rispetto nei confronti di animali che svolgono un ruolo fondamentale per l’ecosistema marino e dunque per la vita di ognuno di noi. Le balene infatti attraverso le loro feci fertilizzano i mari contribuendo allo sviluppo del Fitoplancton, il più piccolo dei nutrimenti, che è alla base della catena alimentare del mondo acquatico, proprio per questo la balena è considerata un animale protetto.
Allora la domanda che che ci si pone è: può una tradizione ostacolare la vita dell’uomo?
Articolo di Giorgia Guzzo