Del: 2 Settembre 2019 Di: Luca Pagani Commenti: 1

A poco più di un mese dall’insediamento, Boris Johnson ha deciso di andare all in, con una mossa imprevedibile che ha catapultato l’Inghilterra nell’ennesima crisi politica. Il primo ministro britannico, in vista del 31 ottobre, giorno in cui è prevista la scadenza di Brexit, ha bloccato il parlamento, riducendo il tempo concesso ai legislatori per attuare qualsiasi intervento che possa rallentare o annullare l’uscita dall’Unione. Una mossa azzardata che l’ex Sindaco di Londra ha deciso di attuare durante una sosta già programmata del parlamento, che dopo le prime due settimane di settembre sarebbe stato chiuso per circa 3 settimane, in vista delle annuali conferenze dei partiti politici.

I parlamentari britannici pensavano che sarebbero tornati a Westminster il 9 ottobre, avendo così a disposizione abbastanza tempo per tentare di arginare le azioni del primo ministro, ma dopo la proposta di Johnson, il parlamento ritornerà in funzione solo il 14 di ottobre. Come non bastasse a questo lasso di tempo, va anche aggiunto un periodo in cui la Regina Elisabetta introdurrà, con un discorso e successivo dibattito, la legislazione proposta dal governo, di fatto andando a togliere altro prezioso tempo ai parlamentari britannici, che dovrebbero quindi tornare a pieno regime solo il 17 ottobre.

Secondo molti politici e giornalisti la mossa di Johnson è da considerare “antidemocratica” e dannosa per il Regno Unito.

Alcuni parlamentari hanno inoltre deciso di avviare una causa legale in un tribunale scozzese, che oggi ha rigettato il primo ricorso contro la sospensione. In Inghilterra infatti la sospensione del parlamento è una azione molto più frequente di quanto noi potremmo pensare.

La cosiddetta prorogation è infatti un periodo di tempo che va dalla chiusura delle camere alla loro successiva apertura e per essere attuata deve ricevere l’approvazione del monarca. In questo caso Elisabetta II ha deciso di approvare la proposta del primo ministro estendendo il tempo di questa “sospensione”. La durata di questo periodo è variabile, dalle due alle quattro settimane, ma era da 70 anni che non se ne vedeva una che ne durasse addirittura 5. Di solito si compie ogni anno, ma era dal 2017 che non veniva attuata, rendendo quest’ultima sessione parlamentare la più lunga da circa 400 anni. Ed è questa una delle ragioni presentate da Johnson in favore della proroga.

Come però tutto ciò possa influenzare Brexit non è ancora chiaro.

Per questioni burocratiche l’aver abbassato il tempo per legiferare eventuali proposte contro Brexit ha fatto sì che la possibilità di un’uscita senza deal risulti sempre più concreta e attuabile. C’è inoltre da considerare il fatto che dall’estate del referendum il parlamento britannico ha avuto difficoltà a esprimersi e a prendere decisioni su praticamente qualsiasi cosa.

Chiara invece sembra la reazione di una parte dell’elettorato che dal 28 agosto scorso, giorno in cui la regina ha autorizzato la sospensione, ha iniziato ad affollare le piazze inglesi, organizzando decine di manifestazioni in tutto il Regno Unito. Un moto di proteste che non spaventa però il primo ministro, che in una recente intervista ha affermato:

Il fatto è che più i parlamentari tentano di bloccare una Brexit senza accordo e più aumentano le possibilità che si finisca con un no deal.

Intanto sul portale UK.GOV è stato diramato un vademecum rivolto a tutti coloro che vivono attualmente in Gran Bretagna con il titolo “Get ready for Brexit”.

Luca Pagani
Tento di esprimermi su un po' di cose e spesso fallisco.
Però sono simpatico.

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