L’ultima volta che abbiamo parlato di questioni relative alla Brexit era a causa della decisione di Boris Johnson di prolungare la tradizionale chiusura del Parlamento.
Da allora alcune situazioni si sono sciolte ma solo per riannodarsi nuovamente: innanzitutto la decisione del primo ministro rispetto al Parlamento è stata dichiarata incostituzionale dalla corte suprema britannica. Dopodiché Johnson ha deciso di provare a indire nuove elezioni, tentando di capitalizzare il vantaggio nei sondaggi, ma anche questa proposta è stata bocciata dalla Camera dei Comuni, segnando per l’ex sindaco di Londra una nuova sconfitta. Il Parlamento è stato quindi chiuso per due settimane al termine delle quali la Regina ha rilasciato uno strano discorso, in cui non ha pronunciato una singola volta la parola Brexit.
Nella giornata di ieri, giovedì 17 ottobre, durante un’imbarazzante conferenza stampa a Bruxelles, Boris Johnson e Jean-Claude Juncker hanno sorpreso tutti annunciando di aver trovato un nuovo accordo per la Brexit.
L’annuncio è stato accolto con molto stupore, nonostante fosse da una settimana che se ne parlasse, a causa delle diverse dichiarazioni a cui abbiamo assistito nei giorni scorsi. A cominciare da quelle di Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, che in un tweet abbastanza aggressivo, datato 8 ottobre, accusava Johnson di non avere a cuore il futuro di Inghilterra e Unione Europea. A cui vanno ad aggiungersi le indiscrezioni sulla telefonata tra Johnson e Merkel nella quale la cancelliera tedesca avrebbe affermato che il raggiungimento di un nuovo accordo sarebbe stato “altamente improbabile”.
Eppure, a esattamente due settimane dal 31 ottobre, abbiamo un nuovo accordo, l’ennesimo, se contiamo quelli a cui si era arrivati nell’era May; il primo, se consideriamo solo il governo Johnson.
Ma com’è il nuovo accordo?
Sembra che finalmente le due parti siano riuscite a trovare un’intesa più salda rispetto al confine nord irlandese. Nel nuovo deal non c’è più il backstop irlandese, che era stato proposto nei primi accordi di Theresa May, e a parte questo il resto del testo è simile agli altri.
Il Regno Unito lascerà l’unione doganale dell’Ue, rendendosi così in grado di poter avere accordi commerciali con altri paesi. Il confine doganale tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda è di fatto spostato nelle acque che dividono l’isola inglese da quella irlandese. Sulle merci che attraverseranno questo nuovo confine ci sarà una tassa, che verrà confermata in caso in cui la merce passi nella repubblica d’Irlanda, e invece rimborsata nel caso in cui rimanga nell’Irlanda del Nord. Non sono ancora state definite le merci che saranno soggette a questi dazi europei.
Cosa succede adesso?
Il documento verrà proposto al Parlamento britannico e successivamente al Parlamento europeo, il tutto entro il 31 ottobre. Il rischio maggiore rispetto al futuro è che il Parlamento britannico voti ancora una volta contro l’accordo. Nigel Farage ha già contestato il nuovo deal affermando: «Semplicemente non è una Brexit». Anche gli alleati dei Tory, i membri del partito DUP, hanno fatto sapere che non approveranno l’accordo, così come il leader dei Labour Corbyn, la prima ministra scozzese Nicola Sturgeon e i LibDem.
Nonostante tutto ciò il Presidente francese Emmanuel Macron ha affermato che Johnson gli ha confidato essere “ragionevolmente ottimista” sul passaggio dell’accordo in Parlamento.
È da considerarsi una vittoria per Johnson?
Sì e no. Se dovesse essere accettato dal Parlamento britannico l’unica vittoria sarebbe quella di aver finalmente traghettato il Regno Unito fuori dall’Europa e di averlo fatto entro il 31 ottobre con un accordo. Il deal in sé è molto simile a quelli proposti in primavera da Theresa May, il che fa un po’ storcere il naso rispetto alla linea tenuta da Johnson nei confronti della May durante il suo governo e quando quest’ultimo è caduto.
Se invece si dovesse scontrare con un rifiuto sarebbe costretto ad incassare l’ennesima grande sconfitta della sua amministrazione. Se il parlamento infatti decidesse di respingere l’accordo Johnson sarebbe costretto a posticipare per l’ennesima volta Brexit, chiedendo ancora una volta un’estensione.