Del: 13 Ottobre 2019 Di: Luca D'Andrea Commenti: 0
Perché la Turchia sta attaccando i Curdi? -Vulcano Statale

Una settimana fa il presidente Trump ha annunciato il ritiro delle truppe americane dal nordest della Siria.

Si parla di un contingente esiguo che, però, aveva una forte valenza simbolica. Evidenziava l’interesse statunitense nella zona e garantiva la protezione degli alleati Curdi, con cui hanno combattuto fianco a fianco contro Daesh fino a sconfiggerlo.

Col venir meno di questo appoggio mercoledì è iniziata l’offensiva turca nella zona, che in pochi giorni ha già causato parecchie vittime e ha sollevato l’indignazione internazionale.

Per questo è bene chiarire l’obiettivo dell’operazione militare e capirne le ragioni, che vengono da molto lontano.

Quello che succede oggi

L’obiettivo primario dell’offensiva è creare una zona cuscinetto tra i confini della Turchia, la zona nordest della Siria occupata dai Curdi, ritenuti dal governo di Ankara un gruppo terroristico e un pericolo per l’integrità dello Stato. In questa area liberata verrebbero successivamente collocati i profughi siriani che hanno attraversato il confine durante il lungo conflitto che ha interessato la zona, dal 2011 ad oggi.

Capire una storia che parte da lontano

I Curdi sono un gruppo etnico presente in Turchia, Iran, Iraq, Siria e Armenia, occupano una grande area, ma sono minoranza ovunque. Il Kurdistan è una nazione che vuole diventare Stato.

Facciamo un passo indietro e andiamo a cercare la radice delle loro rivendicazioni: ci troviamo a pochi anni dalla fine della Prima guerra mondiale, l’Impero Ottomano ne uscì sconfitto e le forze vincitrici, con il Trattato di Sévres nel 1920, lo relegarono alla sola Anatolia.

Lo stesso trattato prevedeva la possibilità per la minoranza curda di ottenere l’indipendenza e di fondare un proprio Stato.

Le cose però, come spesso accade, cambiarono rapidamente e nel 1923, con la nascita della Repubblica di Turchia, venne ratificato il Trattato di Losanna tra Mustafa Kemal Ataturk, il “padre dei turchi”, e le potenze vincitrici; il precedente accordo del 1920 fu annullato e di conseguenza sfumarono le concessioni alla popolazione curda. Da quel momento in poi la storia curda è stata caratterizzata da rivendicazioni continue, ma soprattutto da dure repressioni.

Il ruolo del PKK

Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan nacque in Turchia negli anni ’70 come organizzazione curda d’ispirazione marxista-leninista per rivendicare la formazione di uno Stato indipendente dei curdi.

Alla fine degli anni ’90 abbandonò la vecchia ideologia e abbracciò ideali come il municipalismo libertario, che consiste in un modello socialista basato sulla democrazia diretta, l’ecologismo sociale e la difesa dei diritti delle donne che spesso venivano reclutate nelle milizie; infine, sostiene una forte contrarietà verso l’integralismo islamista.

Nel 1984 non si riscontrarono passi avanti nel riconoscimento dei diritti dei curdi e per questo si decise di iniziare una lotta armata, caratterizzata da attentati e dalla conseguente repressione da parte delle forze turche.

Il coinvolgimento negli attentati anche della popolazione civile turca è stato motivo di critiche anche da parte di gruppi curdi.

Le milizie YPG

L’Unità di Protezione Popolare è la principale organizzazione armata del nordest della Siria ed è considerata un prolungamento del Partito dei Lavoratori del Kurdistan.

Durante la guerra in Siria questa milizia si è ritagliata uno spazio sempre maggiore grazie alle battaglie vinte contro Daesh, tanto da istituire dopo qualche anno l’Amministrazione autonoma della Siria del Nord-Est. Il contratto sociale del Rojava è basato su principi quali l’ecologismo, il secolarismo, il femminismo e la promozione di una società multi-culturale.

I soldati dell’YPG insieme alla branca femminile dell’YPJ e al sostegno degli americani sono riusciti a sconfiggere l’ISIS nel nordest della Siria, ma dal 2014 il presidente turco Erdogan si è impegnato sempre più nel contrastare l’entità autonoma del Rojava, per paura di ripercussioni nel sud della Turchia dove vivono più di 15 milioni di curdi.

Quello che potrebbe succedere domani

La guerra è iniziata da pochi giorni, ma si contano già i morti tra la popolazione civile e gli sfollati scappati dai villaggi che sarebbero più di 100.000 mila. Oltre alla distruzione e alle morti questo conflitto potrebbe, a detta di molti, far risvegliare l’ISIS che approfitterebbe del caos per rialzare la testa. Non va dimenticato che, nel Rojava, ci sono molti campi di prigionia in cui alloggiano jihadisti e foreign fighters.

Quello che potrebbe succedere domani dipende anche da noi.

Paesi come la Norvegia, la Finlandia e la Germania hanno bloccato le esportazioni di armi verso la Turchia, ma ovviamente questo non basta.

Senza uno sforzo diplomatico più deciso o senza un intervento militare, la guerra che si sta consumando è decisamente impari.


Foto di copertina https://www.vanityfair.it/news/foto/2019/10/11/guerra-curdi-siriani-fuga-turchia-erdogan-foto-esodo

Luca D'Andrea
Classe 1995, studio Storia, mi piacciono le cose semplici e le storie complesse.