Del: 29 Ottobre 2019 Di: Giulia Ghirardi Commenti: 0
Disegnare è una neccessità, non uno scopo -Vulcano Statale

“Sensibile, pigro e sincero”.

Così si presenta e si definisce Ernesto Anderle, meglio conosciuto come Roby il pettirosso.

Illustratore, artista e, grazie alle sue opere, divulgatore di cultura. Ci consente di conoscere la sua vita solo in parte, unicamente attraverso le emozioni nascoste nella profondità della sua arte, il solo aspetto che ha deciso di rendere pubblico per l’urgente esigenza di confronto e di introspezione.

[L’intervista è stata editata per brevità e chiarezza]


Quando hai iniziato a disegnare?

Ho iniziato a disegnare da molto piccolo, mio padre mi permetteva di disegnare sui muri di casa. Da sempre disegnare è stato per me una fonte di libertà. Ho frequentato il liceo artistico “Umberto Boccioni” di Milano per poi entrare a far parte dell’Accademia di Belle Arti di Brera.

 Che cosa fai nella vita? Riesci a vivere della tua arte? Altre passioni oltre al disegno?

In passato ho svolto svariati mestieri, tra cui il cuoco: cucinare è un’altra mia grande passione. Ultimamente, però, riesco a vivere grazie al disegno anche se è un mestiere che porta via molto tempo, quindi appena posso mi piace andare, camminare e perdermi per i boschi.

Ernesto, nessuno, però, ti conosce attraverso il tuo vero nome, ma attraverso il nome d’arte “Roby il pettirosso”. Come mai hai fatto questa scelta? E perché hai deciso di inserire questo piccolo animale in tutte le tue illustrazioni?

Il pettirosso è un simbolo di rinascita, ci tiene compagnia durante l’inverno fino al giungere della primavera. Lo trovo un animale simpatico e vivendo in montagna mi capita spesso di vederne uno in giardino. Mi ricordo che un giorno mentre disegnavo mi sono accorto di lui. Quello stesso giorno è nata la mia pagina “Roby il pettirosso”.

Con le tue opere hai creato un nuovo modo di diffondere la cultura: semplice, immediato, ma ricco di conoscenza, di studio. Come funziona il processo di realizzazione? Cosa non può mancare?

Quando disegno metto in sottofondo film, documentari o della musica: se qualcosa mi colpisce sento come l’esigenza di trasformarla in immagini. É un processo naturale. Il fatto che possa condividere le mie emozioni con altre persone mi fa sentire utile in qualche modo. E credo che in un disegno, per essere veramente efficace, non possa mai mancare la semplicità.

La storia è una componente essenziale, in ogni tuo disegno. Hai un repertorio di citazioni che spazia da Caparezza a De Gregori. Come avviene la scelte delle citazioni, dei personaggi, dei momenti storici che decidi di rendere noti attraverso la tua arte?

Essendo pigro non posso fare a meno di essere sincero, non mi sforzo di pensare a cosa possa piacere alla gente, ma trasformo in immagine ciò che incontro durante il mio percorso culturale e creativo. Spesso sono nozioni che appartengono alla mia adolescenza; da ragazzino ascoltavo molto i cantautori italiani, le loro canzoni mi hanno sempre lasciato qualcosa: un dubbio, una storia o un semplice consiglio che ora ho sentito l’esigenza di condividere.

Si possono cogliere delle provocazioni nelle tue opere: sono una critica a un particolare aspetto della realtà o si possono considerare più una spinta alla riflessione sulle tematiche attuali?

Ho uno spirito autocritico, e di conseguenza mi sorge spontaneo indagare anche ciò che mi circonda: è un’esigenza. Ma la mia critica non è distruttiva. Sono infatti convinto che le cose non si possano cambiare con la forza, ma solo attraverso idee migliori di quelle già esistenti.

Vieni definito come: “un’artista visivo divulgatore di cultura”. Ti ritrovi in questa definizione?

Preferisco definirmi un semplice illustratore, il mio agire non tende a un fine o a una definizione. Disegnare è una necessità, non uno scopo.

In merito alla tua passione per la storia, se potessi viaggiare indietro nel tempo, chi desidereresti avere come tuo maestro? Perché?

Sicuramente se avessi la possibilità di poter viaggiare indietro nel tempo mi piacerebbe incontrare Leonardo Da Vinci perché ritengo che non fosse solo un semplice artista, ma anche una persona poliedrica dalla quale avrei potuto imparare un’infinità di cose.

Come mai hai scelto i social media come principale mezzo per la divulgazione delle tue illustrazioni?

Ho realizzato una marea di opere tra disegni, dipinti e sculture ma potevano vederle solo i miei amici: avevo bisogno di più critiche, più pareri sinceri non condizionati da un legame di parentela o di amicizia; per questo ho scelto i social media come mezzo di comunicazione: per arrivare a più persone e per avere un confronto maggiore.

È fondamentale, infatti, avere un dialogo col pubblico. Credo che se si voglia dire qualcosa sia indispensabile avere qualcuno che ascolti, altrimenti il proprio lavoro rimane chiuso in un cassetto e col tempo rischia di diventare inutile. Nonostante questa mia profonda convinzione, però, credo anche che le critiche e i complimenti sui social vadano sempre presi con le pinze.

Oltre alla pagina instagram di “Roby il pettirosso” ne hai creata un’altra chiamata “Vincent van love”: da cosa nasce questa creazione?

La pagina di Vincent van Love è nata perché sentivo l’esigenza di andare contro l’idea comune che Van Gogh fosse un pittore pazzo e depresso. Dalle lettere che scrisse al fratello Theo emerge, infatti, una persona solare e amante della vita, della natura e delle persone; tutto questo però non venne mai ricambiato dal mondo. Ma comunque non si lasciò mai portar via l’energia e la voglia di cui era pervaso, di condividere il suo amore per il mondo che, ora, è giusto che lo sappia.

Progetti futuri?

Sto lavorando a un nuovo libro su un cantante che dovrebbe uscire a febbraio. Purtroppo non posso dire altro.

Un messaggio che vorresti trasmettere ai giovani?

Sbagliate il più possibile, è meglio fare e pentirsi che pentirsi di non aver fatto.

Ernesto chiude l’intervista invitandoci a sbagliare. Ci invita a guardare, a perderci, non nelle cose sicure, ma in un “potrebbe” sconosciuto e insospettabile.

Un luogo in cui si collocano tutte le infinite possibilità che la vita è in grado di offrirci e tutti i possibili futuri che abbiamo la fuggente possibilità di fare nostri.

Ci invita a guardare verso quel “potrebbe” finché non avremo trovato quello più giusto per noi. Diverso da quello di tutti gli altri.

E attraverso l’arte, le azioni o, come ha fatto lui, con la semplice forza di un pettirosso, potremo rendere concreto quel “potrebbe” e forse, allora, saremo in grado di stupire il mondo con il nostro folle e imprevedibile agire.

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Giulia Ghirardi
Scrivo quello che non riesco a dire a parole. Amo camminare sotto la pioggia, i tulipani ed essere sorpresa. Sono attratta da chi ha qualcosa da dire, dall'arte e dalle emozioni fuori luogo. Sogno di vedere il mondo e di fare della mia vita un capolavoro.