Del: 26 Novembre 2019 Di: Carlo Codini Commenti: 0

Quando lo scorso 18 ottobre in Cile è stata approvata una legge che aumentava il prezzo del biglietto della metropolitana nella capitale Santiago, migliaia di passeggeri hanno iniziato a manifestare. Presto però le proteste si sono allargate a temi economici molto più ampi, coinvolgendo un numero sempre maggiore di persone.

Un esempio lampante di ciò è stato l’incendio della sede di Enel Cile, colpevole di aver recentemente alzato i prezzi delle forniture del dieci per cento.

Quasi subito – con durezza inquietante anche pensando alla storia di un Paese retto fino al 1989 da una dittatura militare – i soldati sono scesi nelle strade ed è stato imposto il coprifuoco.

Poi, dopo otto giorni di proteste e una marcia di ben un milione di persone riversatesi nelle strade di Santiago, il presidente Sebastian Pinera ha sospeso il coprifuoco e annunciato un rimpasto di governo. Oltre a ciò, naturalmente, è volata a caldo la promessa del mondo della politica che si sarebbe imboccata la strada verso un Cile migliore per tutti e più libero dalla morsa del carovita.

Violenze, saccheggi e il marchio di “delinquenti” comunque impresso sui manifestanti proprio da Pinera, continuano però a dilaniare il paese, riducendo le possibilità di dialogo. Le proteste proseguono, e non ci sono segnali di vero cambiamento in un contesto dove povertà e disuguaglianza crescono, tra gli avanzi della dittatura di Pinochet e il malgoverno odierno.

A inasprire il malcontento sociale poi pensa la polizia, che non si fa scrupoli nell’usare la violenza contro oppositori inermi durante le manifestazioni e anche al di fuori di esse.

Stando alle cifre ufficiali del Governo, in un mese di scontri ci sono stati 23 morti e 2.391 feriti, senza dimenticare i 17mila arresti, che in ben 759 casi hanno riguardato i minori. E in questi casi, purtroppo, le cifre ufficiali non dicono tutta la verità: molti abusi restano in qualche modo celati.

Una figura, in particolare, è emersa in questi giorni: quella dell’artista e attivista Daniela Carrasco, di trentasei anni, detta «El Mimo», trovata morta il 20 ottobre.

La donna è stata uno dei volti della protesta sociale e rimane nella mente di molti come un simbolo. Si esibiva per strada, a Santiago, truccata da clown, spesso sorridente e sempre portatrice di un’idea di protesta pacifica e originale.

E’ stata vista viva per l’ultima volta il 19 ottobre mentre le forze dell’ordine la portavano via da un corteo di manifestanti. Poi il buio, fino al ritrovamento del corpo, impiccato a una recinzione. Gli esiti dell’autopsia condotta dall’Instituto Nacional des Derechos Humanos del Cile, comunicati il 21 novembre, dicono che Daniela è morta per asfissia e che il corpo non presenta lesioni né segni di violenza sessuale; ma i sospetti di un omicidio perpetrato dai militari restano forti. Il ritrovamento di una lettera che parrebbe dell’attivista ha portato anche gli avvocati della famiglia a propendere per l’ipotesi di suicidio, ma le indagini del pubblico ministero non sono ancora concluse.

Il modo di protestare di Daniela, comunque, così originale, simbolico e non violento, potrebbe risvegliare il ricordo di un uomo che nell’800 aveva dato al riso un senso tutto particolare, sostenendo poi che dobbiamo essere titani davanti a un mondo in cui tutto è male, Giacomo Leopardi.

Il riso dipinto da Leopardi non è quello cinico di anziani disillusi, né quello beffardo, o puramente estetico, che prende forma in società al solo fine di mostrarsi forti, bensì un modus di protesta sociale e uno strumento datoci per risvegliare la nostra moralità. Esempio di ciò, come sottolinea Amedeo Vigorelli nel suo saggio La “pazienza” di Giacomo Leopardi, è l’elogio degli uccelli nelle Operette morali per quella loro letizia opposta a ogni violenza e perciò ispiratrice.

Similmente Daniela Carrasco, vestita da clown, nelle manifestazioni non intendeva far ridere ma ispirare ai suoi compagni di protesta e al mondo un senso più profondo, intriso di un ridere morale capace di sostenere l’accusa e la denuncia.

El Mimo non ha mai usato la violenza, rendendosi così all’apparenza tanto visibile quanto fragile, indifeso, innocente. La sua forza stava tutta nell’idea, nel sogno di un Cile migliore portato avanti con la protesta pacifica, paziente, inarrestabile.

La ricorderemo come una donna coraggiosa, titanica nel suo porsi senza scudi dinanzi a una polizia, un esercito e un governo che lasciano che la violenza divori l’ascoltarsi.

Articolo di Carlo Codini

Carlo Codini
Nato nel 2000, sono uno studente di lettere. Appassionato anche di storia e filosofia, non mi nego mai letture e approfondimenti in tali ambiti, convinto che la varietà sia ricchezza, sempre.

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