Del: 23 Novembre 2019 Di: Rossana Merli Commenti: 0

I riti del cucinare e del mangiare sono molto noti a noi italiani, ma forse non tutti sanno che la sapienza e la cura che noi dedichiamo al cibo sono ampiamente rispecchiate nella cucina nipponica, così lontana da noi, eppure, in questo aspetto, così vicina. 

I giapponesi definiscono la propria arte culinaria wakoshu, una parola che racchiude un mondo i cui confini si estendono ben nel oltre il sushi e i ristoranti all you can eat a cui siamo abituati.

Tale è la ricchezza e il valore di questa cucina da essergli valso nel 2013 il riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità da parte dell’Unesco, altro punto di contatto con la nostra dieta mediterranea, che lo era diventato pochi anni prima. La gastronomia del Sol Levante vanta, infatti, tradizioni millenarie che, con le indicazioni giuste, un pizzico di curiosità e spirito d’avventura, possono essere esplorate e gustate in Italia presso ristoranti autentici che del Giappone hanno saputo celebrare la storia e rispecchiarne la filosofia.

A guidarci in questa scoperta sono Giulia Laura Peracchio e Marco Brandolini, due giovani il cui amore per la cucina tradizionale ha portato a creare Japadvisor, un blog di ristorazione giapponese che a tre anni dalla sua fondazione è il più seguito in Italia e conta quasi 17mila follower su Instagram. La creazione del sito e le esperienze personali degli autori nella visita di ristoranti autentici in Italia e in paesi stranieri, compreso il Giappone in cui nel mese di dicembre si recheranno per la terza volta, li hanno portati a scrivere a quattro mani il libro “Itadakimasu”, in libreria dal primo novembre.

Giulia Laura Peracchio e Marco Brandolini foto credits: Alberto Moro

Si tratta di una guida gastronomica che vuole illustrare in modo chiaro e semplice i principali piatti del wakoshu, ma che al contempo si presenta ricca di approfondimenti culturali che alla cucina sono strettamente legati, in quanto “dietro il nome di ogni piatto si nasconde un rito, una tradizione, una trama di ispirazioni, un incantesimo millenario di felicità”.

Il titolo stesso del libro si fa portavoce di quest’idea dal momento che, sebbene la parola itadakimasu venga solitamente tradotta con il nostro “buon appetito”, in realtà ha il significato più ampio di “prendo ciò che tu mi dai”, un’espressione che esprime i principi di gratitudine e armonia che stanno alla base del wakoshu e della cultura del Sol Levante.

In particolare, il libro offre per ciascuna pietanza la trascrizione del nome in kanji, una descrizione e un approfondimento sulle tecniche di preparazione. Seguono poi notizie e curiosità legate alla storia e alla cultura nipponica e i nomi dei ristoranti italiani ed esteri dove gustare al meglio tali piatti. Condiscono il tutto gli aneddoti degli autori e alcune interviste con i maggiori esperti, ristoratori e chef che negli anni Marco e Giulia hanno avuto modo di incontrare e con alcuni dei quali sono riusciti a creare dei veri e propri rapporti di amicizia. 

In “Itadakimasu” sono quindi riportate le esperienze e le conoscenze che, nonostante le differenze linguistiche, i due autori sono riusciti a raccogliere grazie alla gentilezza e alla disponibilità di queste persone. Tali incontri gli hanno infatti permesso di immergersi appieno nello spirito del wakoshu, scoprirne i punti di contatto con la propria cultura e comprendere che “il cibo unisce, è forse il legame più stretto che tutta l’umanità sente di avere”.

Rossana Merli
Mi affascina la creatività declinata in ogni sua espressione e forse è per questo che non so sceglierne una preferita. Unici punti fermi nella mia vita sono il nuoto e la scrittura.

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