Sarà capitato a tutti di sentire o pronunciare la tipica frase “mi piacerebbe leggere, ma non ho tempo”, oppure, “al giorno d’oggi, si legge sempre di meno”;
Ma è davvero così?
Di certo la vita quotidiana, agli occhi di un pendolare che si sposta con i mezzi pubblici, riesce a dipingere una realtà che va di comune accordo proprio con questo modo di pensare. Eppure, curiosando e analizzando le statistiche Istat (Istituto nazionale di ricerca) si possono fare delle scoperte avvincenti e del tutto sorprendenti.
Ad essere sinceri i numeri danno ragione alle voci comuni. La gente legge meno, anche se in realtà i dati e le differenze non sono così catastrofiche.
Analizzando e osservando tutte le fasce d’età, ci siamo soffermati su quella che comprende la maggior parte degli universitari; 20-24.
Facendo una comparazione tra il 2001 e il 2018, si può notare che nel 2001 il 51.4% dei ragazzi (compresi nella suddetta fascia) leggeva almeno un libro; nel 2018 solo il 47.8%.
Nel 2001, di quel 51.4%, chi leggeva dagli 1 ai 3 libri erano il 50.1%, mentre nel 2018 le statistiche sentenziano un 45.6% (rispetto al 47.8% totale).
Ma la cosa che indubbiamente colpisce sono i numeri relativi allo “zoccolo duro” dei lettori, ovvero quelli che leggono dai dodici libri in su ogni anno (almeno un libro al mese, per intenderci). Queste cifre sono paradossalmente aumentate passando da un 11.2% a un 12.5%.
Commentando i precedenti dati, non si può fare a meno di soffermarsi sulle cifre che sentenziano che tra i ragazzi di quest’età (20-24 anni), poco più di uno su due, non legge neanche un libro all’anno. Eppure, a detta dei maggiori studiosi, leggere è fondamentale; per la crescita e l’apprendimento, per una maggiore comprensione di dinamiche e contesti esterni e per un incremento della propria cultura personale.
“Leggere” non solo è interessante ma, secondo vari studi scientifici, aumenta la capacità di scrivere frasi più articolate, complesse e di senso compiuto.
Ma allora perché non leggiamo di più, visto e considerato tutti i benefici che apporterebbe alla nostra persona? Poiché il problema fondamentale forse, risiede nella condizione essenziale per poterlo fare; ossia l’attenzione.
Leggere richiede attenzione. Richiede a suo modo concentrazione, per evitare di rileggere la stessa pagina innumerevoli volte senza capire nulla.
Di conseguenza, leggere implica “fatica”. Bisogna infatti essere attivi per comprendere, differentemente dal guardare un video che, il più delle volte, ci lascia passivi di fronte allo schermo.
Sempre per rimanere in tema di statistiche, l’Istat stila una classifica (per ogni fenomeno analizzato) anche sulla base delle regioni e dei comuni. La regione con i più avidi lettori è la provincia autonoma di Trento, con un 19.1% per quanto riguarda le persone che leggono 12 libri all’anno o più.
Mentre la Campania ottiene “il cucchiaio di legno”, posizionandosi ultima con 6.5% (sempre della suddetta fascia).
Anche se, a ben vedere, è proprio la Calabria la regione che “legge di meno”, avendo solo un 26% di persone che sostengono di leggere almeno un libro all’anno, a discapito del 54.7% della Provincia autonoma di Trento (prima in classifica).
Concludendo si potrebbe sostenere che leggere è una pratica che, a differenza di quanto si sostiene sommariamente, non è caduta in disuso e, attestandosi sui dati Istat, non abbiamo cambiato di molto le nostre abitudini. Chi leggeva prima, legge tutt’ora e anzi, per certi versi, gli accaniti lettori per certe fasce d’età, sono anche aumentati.
E allora perché si parla di crisi dell’editoria?
Si può supporre che vi siano una moltitudine di cause, due delle più importanti sono forse l’aumento di utenti delle biblioteche (a causa dell’aumento dei prezzi dei libri) e l’introduzione degli E-book con la nuova formula sempre più semplificata ed economica dell’ “All you can read”. Tutto questo però stimolerebbe molte altre riflessioni.