Del: 15 Dicembre 2019 Di: Carlo Codini Commenti: 0

A Bari e dinanzi al mondo intero è scoppiata la ‘guerra delle orecchiette’, una complicata disputa che riguarda le tradizionali orecchiette baresi. A gettarla sulla scena internazionale è stato un articolo di Jason Horowitz, pubblicato l’8 dicembre sul New York Times, dal titolo “A Crime of Pasta”.

Il noto giornalista, sulla base di un’ampia raccolta d’informazioni, nel suo reportage ha denunciato una severa applicazione di norme amministrative che rischia di cancellare o, per lo meno, sconvolgere una tradizione centenaria, quella delle pastaie di Bari Vecchia. Queste signore sono da tempo famose per la loro attività; al punto che sono diventate anche un’attrazione per i turisti, così rilevante da essere stata una delle ragioni che ha indotto la guida Lonely Planet a includere addirittura Bari nell’esclusivo elenco Best in Europe 2019 parlando con entusiasmo di “nonne[che] cucinano orecchiette in piazze suggestive” contribuendo così al fascino della città.

Le signore sono di per sé una sorta di spettacolo, dal momento che lavorano letteralmente sulla strada, non solo nelle piazze ma lungo le viuzze del Borgovantico in zona dell’Arco Basso, dove espongono telai e tavolieri con la pasta fresca. Ma si tratta anche di un commercio. E la vendita delle orecchiette avviene da sempre senza scontrino e, prima ancora, senza un sistema di tracciabilità della merce e senza indicazioni chiare sugli ingredienti utilizzati.

Questo, in una realtà sempre più controllata e regolamentata come la nostra, soprattutto in fatto di cibo, ha portato allo scoppio della guerra.

A scatenarla è stato un controllo della polizia locale in un ristorante sempre di Bari Vecchia, a metà ottobre. Che cosa ha scoperto la polizia? Orecchiette, pronte per essere cucinate e servite a clienti, acquistate direttamente dalle pastaie del quartiere, e dunque senza quei requisiti di tracciabilità e di indicazione degli ingredienti che sono obbligatori per i ristoranti. Di conseguenza, il ristoratore è stato multato e le orecchiette sono state prima sequestrate e poi distrutte.

In effetti, se la legge consente la vendita senza tali requisiti di piccole buste a chi consuma il prodotto personalmente, le vendite ai ristoranti sono soggette a regole rigorose a tutela della salute; per non parlare poi dei profili fiscali. Paradossalmente, le pastaie di Bari sono state vittime del loro stesso successo, del non limitarsi più a vendere qualche pacchetto a famiglie locali e a turisti ma anche ai ristoratori perché a Bari tutti vogliono le loro orecchiette.

Dopo il primo blitz, si è parlato di altri controlli, già effettuati o comunque possibili, anche del fisco.

Le massaie sono sul piede di guerra, con i loro familiari; anche perché siamo in un contesto comunque povero dove non di rado i guadagni derivanti dalla pasta fatta in casa sono un’essenziale fonte di sostentamento per intere famiglie. E poi con loro c’è il quartiere, non solo i ristoratori ma tanti altri che in qualche modo hanno guadagni legati alle orecchiette. Mettersi in regola? Non è facilissimo: si tratta di ottenere permessi, adeguare i locali e persino gli strumenti, predisporre etichette, rilasciare ricevute, e ovviamente pagare tasse. Il tutto per un’attività che comunque sarà sempre abbastanza povera.

Un’idea ci sarebbe per cercare di mettersi in regolacontenendo gli oneri: unirsi in una cooperativa. Ma non è certo facile crearla così dal nulla. Responsabilità, tasse, normative stringenti da rispettare, sanzioni. L’atmosfera di timore e incertezza che ormai si respira a Bari Vecchia sembra non essere priva di fondamento davanti alla prospettiva di una vera e propria ondata di controlli che potrebbe far affogare la centenaria tradizione. E d’altra parte, non va nemmeno dimenticato che il contesto è particolarmente problematico; non si tratta solo di povertà, fino a vent’anni fa Bari Vecchia era nota come la “città delle rapine”, governata da clan criminali e considerata quasi una zona off limits.

E anche in questa guerra delle orecchiette già si parla di minacce; perché la città si è risollevata faticosamente in questi anni ma il vecchio quando c’è una crisi può sempre riemergere.

Probabilmente una soluzione civile va trovata, con l’apporto di tutti, andando al di là della solita alternativa italiana tra il controllare severamente e il lasciar perdere spesso alternando confusamente l’una e l’altra cosa con un ambiguo contorno di minacce e favori. Le autorità non devono tanto colpire ma nemmeno tollerare bensì aiutare le signore della pasta a trovare e realizzare un modello complessivo di business che concili la tradizione (e le legittime esigenze di guadagno delle persone) con la legalità.

Carlo Codini
Nato nel 2000, sono uno studente di lettere. Appassionato anche di storia e filosofia, non mi nego mai letture e approfondimenti in tali ambiti, convinto che la varietà sia ricchezza, sempre.

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