Del: 11 Dicembre 2019 Di: Francesca Rubini Commenti: 1
Ciro l’Immortale sbarca al cinema e sbanca il botteghino

Avevamo bisogno di un film interamente dedicato a Ciro Di Marzio?

Se la risposta al botteghino, in termini monetari, è stata di 1 milione e 100mila euro in due giorni (di cui 602.973 euro nel giorno di uscita) evidentemente sì.

L’Immortale, nelle sale dal 5 dicembre, con un Marco D’Amore davanti e dietro la camera e alla sua seconda esperienza da regista (aveva diretto il quinto e il sesto episodio dell’ultima stagione della serie televisiva Gomorra), è un film di cui forse avremmo potuto fare a meno qualora dessimo importanza solo allo sviluppo di una trama. Risulta, invece, fondamentale per comprendere la complessità di un personaggio che proprio grazie a questo spin-off si racconta.

Al termine della terza stagione della serie televisiva Gomorra, nata da un’idea di Roberto Saviano e da lui sceneggiata (tra gli altri), uno dei personaggi più amati sembrava aver abbandonato definitivamente il piccolo schermo, suscitando sgomento in tutti gli appassionati della serie dislocati ormai ben oltre i confini nazionali. 

Nessuno poteva crederci, e nessuno ci ha creduto fino in fondo, nemmeno gli autori.

E allora ecco che Ciro, l’Immortale, ritorna. Dopo due anni. E lo fa in grande stile e sul grande schermo. 

Non un capolavoro cinematografico ma un film godibile, che senza troppi fronzoli ci regala del personaggio un ritratto ben più approfondito di quello che le tre stagioni precedenti della serie avevano saputo offrirci.

Sullo sfondo di una Napoli degli anni Ottanta ci vengono raccontate le origini, quasi mitiche, dell’Immortale che riemerge immacolato dalle macerie della sua casa, sbriciolata dal terremoto dell’Irpinia, quello che il 23 novembre del 1980 colpì la Campania e la Basilicata e che causò all’incirca 3000 morti e lasciò innumerevoli persone senza un posto in cui vivere. 

Parallelamente scorre la storia di Ciro di Marzio, quello che conoscevamo già, e riprende da dove l’avevamo lasciata: un colpo di pistola fermatosi a un centimetro dal suo cuore e sparato dall’altro personaggio mitico della serie, Gennaro Savastano. 

Il corpo dell’Immortale lanciato in mare viene però ripescato.

Dopotutto non ci si libera così facilmente di uno che come soprannome ha un aggettivo che viene accostato, in genere, al divino.

La vicenda, a livello temporale, si svolge parallelamente agli avvenimenti raccontati nella quarta stagione della serie televisiva, a cui vengono fatti qua e là solo brevi accenni. Questo perché non è nella sua amata Napoli che Ciro inizierà la sua rinnovata vita. Si ritroverà invece a (soprav)vivere in Lettonia e a gestire una nuova paranza: la paranza di Bruno, il personaggio che farà da collante tra passato e presente, il contrabbandiere di sigarette prima, di cocaina poi.

Attraverso i flashback innescati anche solo da una luce, che illumina ma a intermittenza, seguiamo un giovane Ciro con indosso vestiti enormi, con le mani logore, un anellino al lobo, che si tira a lucido per offrire un gelato alla ragazza di cui è innamorato ma di un amore puro, di quelli che si riservano a una figura materna. Stella (Martina Attanasio), uno dei pochi personaggi femminili e forse il più bello, il più simbolico. Rappresenta ciò che l’Immortale ha perduto, l’amore e la bellezza di una madre, la cura.

Interpretato da uno splendido Giuseppe Aiello, undici anni, il piccolo Ciro ci porta tra i vicoli di una Napoli tragica e ci aiuta a empatizzare – per quanto possibile – un po’ di più con il Ciro del futuro, quello che ha ucciso la moglie e causato la morte della figlia, non dimentichiamocelo. 

Il finale sarà anello di congiunzione con la nuova stagione della serie, che probabilmente andrà in onda il prossimo anno. E non è uno spoiler, ma solo l’ovvio successivo passo di questo progetto ormai intermediale che, attraverso questa capatina al cinema, ha riaccolto intorno a sé gli appassionati, quelli veterani, e forse è riuscito e riuscirà a formare nuove leve.

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Francesca Rubini
Vado in crisi quando mi si chiede di scrivere una bio, in particolare la mia, perché ho una lista infinita di cose che mi piacciono e una lista infinita di cose che odio. Basti sapere che mi piace scrivere attingendo da entrambe.

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